2020-06-21
La stampa estera scoperchia il raggiro degli «euromiliardi» ridotti a due spiccioli
Ovunque i media certificano il flop dell'Ue. David Sassoli: «Bocceremo un Recovery fund annacquato». Proprio ciò che vogliono i frugali.Gli allarmi tedeschi sulla sostenibilità delle nostre finanze servono a convincerci ad accettare sovvenzioni e un successivo commissariamento. Meglio i titoli perpetui e gli investimenti al posto dei sussidi.Lo speciale contiene due articoli.La rappresentazione più plastica degli straordinari risultati del Consiglio europeo la dà la prima pagina di Repubblica di ieri: nemmeno una sillaba. Decisamente strano per il quotidiano di Largo Fochetti che, il 28 maggio, titolava con un sobrio: «All'Italia 172 euromiliardi». Il vertice che avrebbe dovuto mettere nero su bianco i primi dettagli della proposta di Ursula von der Leyen finisce nel peggiore dei modi. Nessun risultato concreto e, se va bene, se ne riparlerà a metà luglio, quando l'Ue prevede di tenere un vertice «per superare le diversità di vedute sul pacchetto proposto del valore di centinaia di miliardi» scrive il Wall Street Journal. «In una videochiamata di tre ore i 27 leader dell'Unione europea non hanno fatto alcun passo avanti nell'approvazione del pacchetto», scrive invece l'Economist, secondo cui «non ci sono stati passi in avanti» nonostante gli allarmi di Christine Lagarde, che parla di un'economia dell'Ue in «caduta drammatica a causa del coronavirus». Il Brussels Times titola di un Consiglio europeo «finito in disaccordo». Il China Daily trova il modo di commentare il fallimentare esito scrivendo che «nessun accordo è stato raggiunto». Non era affatto difficile comprendere ciò che La Verità scrive da settimane. La prima bozza di proposta sul Recovery fund era già di per sé fumo negli occhi. L'impatto sul Pil era, nella migliore delle ipotesi, pari allo 0,6% annuo nei prossimi quattro anni, secondo la stima di Wolfgang Munchau, columnist del Financial Times. Numeri trascurabili in uno scenario di caduta del reddito in misura superiore al 10%. Ma era ovvio che quella proposta non si sarebbe concretizzata. Con dilettantesca e sconcertante ingenuità Roberto Gualtieri twittava giulivo a fine maggio di una proposta «all'altezza della sfida e della necessità di sostenere il rilancio dell'economia con strumenti e risorse comuni. È un passo avanti storico, ora lavoriamo per adottarla». In pratica si dichiarava soddisfatto e ai suoi avversari non rimaneva che spennarlo. La prima regola del bravo negoziatore impone infatti di non dimostrarsi mai soddisfatto delle proposte sul tavolo lasciando la controparte nel dubbio che vi possano essere ulteriori rilanci. La realtà è che gli unici fondi europei disponibili sono quelli della Banca centrale europea, che senza bisogno di alcun negoziato intergovernativo ha varato un programma di acquisto di titoli di Stato di 1.350 miliardi fino al 30 giugno 2021, con la previsione di aumentarlo ulteriormente e dopo aver fornito alle banche altri 1.300 miliardi nella sola giornata di giovedì. Un click sul computer, soldi accreditati sui conti correnti e passa la paura. Tutte le altre elucubrazioni di fondi europei per la ricostruzione sono soltanto, per dirla alla Giulio Tremonti, «partite di giro e di raggiro». Non esistono infatti soldi europei ma semplicemente risorse che i diversi stati mettono nel bilancio dell'Unione per riavere indietro i fondi strutturali che - se di importo superiore a quanto dato - rendono il Paese un beneficiario netto; oppure, in caso contrario, un contributore netto. E a questa seconda categoria appartiene e continuerà ad appartenere l'Italia.I quattro Paesi frugali (Austria, Finlandia, Svezia e Danimarca) perché mai dovrebbero infatti accettare che l'Italia si trasformi da contributore a beneficiario? Dovrebbero semplicemente pagare di più con ciò aggravando quel conto che per loro è già peggiorato con l'uscita dall'Ue del Regno Unito. Il terzo più grande contributore dopo Germania e Francia. E perché mai Ungheria e Polonia, tradizionalmente beneficiari di contributi Ue, dovrebbero accettare di avere al loro fianco l'Italia nella percezione dei contributi? La loro fetta di torta sarebbe più piccola ed ecco quindi che la socialdemocraticissima Stoccolma si trova a pensarla esattamente come Viktor Orbán. Nulla c'entrano quindi le posizioni politiche, ma «soltanto» legittimi interessi nazionali. L'Austria ovviamente, che a differenza di Gualtieri sa come trattare ai tavoli europei, ha già chiaro quale sarà il suo punto di caduta. Der Standard riferisce infatti che Vienna potrebbe rivedere le sue riserve contro il Recovery fund purché la Commissione Ue le consenta di concordare un taglio temporaneo di alcune aliquote Iva al 5%. Vienna otterrebbe così due piccioni con una fava. Rilancerebbe la domanda interna e, poiché una parte del gettito Iva è ciò alimenta il bilancio Ue da cui dovrebbero saltar fuori i sussidi, ecco che i trasferimenti a fondo perduto si ridurranno al lumicino. E l'Italia potrà quindi scordarsi i fantasticati euromiliardi.Ma ecco che esce il genio dalla lampada. Il presidente dell'Europarlamento, David Sassoli, minaccia lo sganciamento della bomba atomica. «Non annacquate il Recovery fund o lo bocciamo. Ricordate le nomine dei commissari europei? Ne abbiamo respinti tre». Così facendo felici i Paesi frugali che il Recovery fund non vogliono vederlo nemmeno dipinto. Sì, insomma, sarebbe il marito che se lo taglia per far dispetto alla moglie.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-stampa-estera-scoperchia-il-raggiro-degli-euromiliardi-ridotti-a-due-spiccioli-2646215853.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lidea-di-berlino-aiutini-in-cambio-di-sovranita-con-la-scusa-del-debito" data-post-id="2646215853" data-published-at="1592688132" data-use-pagination="False"> L’idea di Berlino: aiutini in cambio di sovranità (con la scusa del debito) In Germania c'è un esteso dibattito sui media e tra esperti sull'insostenibilità del debito pubblico italiano. La stessa cosa dovrebbe esserci in Italia per stanare un governo che tende a oscurare questo problema, per esempio non in agenda negli Stati generali, nonché a peggiorarlo. La Bce lo risolverà perché deve? Tenterà: l'insolvenza del debito italiano, infatti, metterebbe a rischio l'Eurozona con effetti destabilizzanti globali. Inoltre, la situazione della Francia non è dissimile da quella dell'Italia e richiede soluzioni non convenzionali. Da un lato, la Bce ha preso una postura di garanzia totale illimitata che riguarda non solo l'acquisto dell'extradebito d'emergenza, ma anche, pur ora tacendolo, la sua sterilizzazione, trattenendolo a lungo nel suo bilancio. Dall'altro, Jens Weidmann, presidente della Deutsche Bundesbank, ha fatto una dichiarazione shock: la Bundesbank seguirà le indicazioni della Corte costituzionale tedesca. Se questa riterrà (ad agosto) che la Bce abbia violato la proporzionalità (capital keys) negli acquisti di debiti nazionali, emanerà una sentenza che impedirà alla Bundesbank di partecipare al programma di garanzia illimitata della Bce stessa. Tale esito scatenerebbe una tempesta nell'Eurozona dove l'Italia perderebbe la residua fiducia dei mercati perché senza più ombrello Bce. Infatti Weidmann ha cercato di attutire la sua dichiarazione dicendo che si troverà una soluzione. Ma questa non può essere altro che porre un limite alle garanzie Bce sull'Italia. Per questo la Bce ha ribadito che risponde solo alla Corte europea e non certo a quella tedesca e che la sua indipendenza è definita da un trattato. Tra le righe significa: nella Bce si vota a maggioranza e la Germania con i suoi alleati rigoristi è in minoranza. Ma nessuno può vietare alla Bundesbank di ritirarsi dal programma di acquisto dei debiti: basterebbe questo per destabilizzare l'euro e spingere il mercato finanziario a fuggire dall'Italia, devastandola. Potrebbe succedere? Angela Merkel, Emmanuel Macron, la Commissione e il Parlamento europeo stanno tentando di evitarlo, sia per mantenere il dominio diarchico sulla regione sia per tenere in vita le istituzioni europee, offrendo all'Italia - via Next generation fund - un po' di denaro a perdere eurogarantito, ma chiedendo in cambio di accettare una condizionalità sul piano delle riforme che poi apre la possibilità di usare l'enorme risparmio italiano per riduzioni del debito. Semplificando: ti regalo un po' di soldi, ma poi ti governiamo noi, intanto chiedi l'intervento del Mes per mostrare che ti arrendi. Giuseppe Conte sembra trovare conveniente questa soluzione auto annessionista perché gli garantirebbe una leadership prolungata sostenuta dai poteri europei. Tuttavia, l'elettorato tedesco non vuole né fare regali né in termini di donazioni né in forma di garanzia Bce illimitata e le elezioni in Germania ci saranno tra un anno e mezzo circa. Pertanto i partiti tedeschi o dovranno giustificare gli aiuti all'Italia mostrando che la Germania, via Ue, prende il controllo dell'Italia disordinata, riordinandola, oppure dovranno aumentare la loro eurodivergenza a causa del «rischio Italia». Merkel e Macron possono gestire l'opposizione delle piccole nazioni nordiche che si oppongono al regalo all'Italia, in realtà strumento per mercanteggiare concessioni, ma è difficile che la seconda riesca a gestire l'umore anti italiano dell'elettorato tedesco. Per questo cercherà di accelerare l'accordo di «regalo in cambio di commissariamento dell'Italia», ma riducendo il regalo stesso. Ovviamente non conviene all'economia e reputazione italiane accettarlo, ma per riuscirci, tenendo la fiducia del mercato finanziario internazionale, bisognerebbe attivare una soluzione alternativa. L'allarme tedesco e di altri sull'insolvenza italiana a causa di un debito enorme non bilanciato da crescita sufficiente, infatti, è sostenuto da argomenti realistici e non solo da stereotipi. Inoltre, non possiamo più usare la finestra di opportunità suggerita intelligentemente da Mario Draghi ai tempi del blocco totale: fate adesso tutto il debito che serve perché sarebbe motivato da un'emergenza che lo assimila al debito di guerra, cioè a una situazione speciale che poi ne facilita la (semi) cancellazione. Ora è troppo tardi e la Bce, per evitare conflitti interni, avrà - temo - limiti nella sterilizzazione dell'extradebito, considerando che senza questa misura il debito per l'Italia sarà veramente insostenibile. Pertanto le opzioni sono due: a) arrendersi al commissariamento; b) o tentare la strada (b.1) di un debito irredimibile - che non è vero indebitamento e i cui titoli possono essere usati come (meta) moneta - proposto da Paolo Savona, aggiungendo (b.2) un'operazione «patrimonio pubblico contro debito» per ridurlo e (b.3) allocando le risorse fiscali più per investimenti e meno per assistenzialismo. La seconda via è quella possibile e giusta. La prima, sbagliata, è quella in esecuzione da parte di questo governo. Spero che se anche in Italia, come in Germania, si analizzasse a fondo e diffusamente il problema del debito italiano invece di nasconderlo, forse emergerebbe una maggiore consapevolezza sulla priorità di risolverlo con innovazioni di autonomia nazionale, combinata con la responsabilità nei confronti degli altri europei. E i tedeschi? Hanno ragione sul fatto che il debito è peccato, ma mi permettano di tradurre debito in yiddish, khoyv, per ricordare che anche loro ne hanno uno, pesantissimo, e che glielo abbiamo condonato. Verstanden? www.carlopelanda.com
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)