
Insegnanti sbertucciati dagli studenti, presidi aggrediti dai genitori, medici e arbitri presi a cazzotti. Il lassismo e la democraticità nelle relazioni hanno abbassato l'asticella dell'etica, facendo scomparire la vergogna. Morale: per ogni malefatta c'è un'attenuante.Nel 1977, studente al liceo classico Alessandro Volta di Como, fui costretto a seguire un'ora di lezione in piedi in mezzo all'aula. Perché? Ero stato sboccato. In classe? No: al bar dove io e altri debosciati ci radunavamo. Era passata la professoressa di matematica - ne ricordo solo il cognome: Colli - era rimasta scandalizzata, e il giorno dopo mi inflisse la punizione, che io incassai in silenzio.Ripeto: per una condotta non tenuta a scuola. Cosa è successo in 40 anni per cui non è una novità vedere invece un insegnante umiliato da un bulletto minorenne, che lo apostrofa: «Prof, non mi faccia incazzare, mi dia 6. Ha capito chi comanda qui?». (Il prof poteva reagire? Certo, ma siamo sicuri che poi non sarebbe finito in rete un video che lo faceva passare per aguzzino?).La vicenda mi ha fatto rimanere senza parole come quattro decenni fa, ma per motivi opposti. All'epoca per la vergogna che provavo, oggi per il senso di totale impunità che trasuda dall'atteggiamento del giovane «guappo». Che arriva buon ultimo. Due mesi fa una docente dell'istituto superiore Majorana-Bachelet di Santa Maria a Vico (Caserta), è stata sfregiata con una coltellata al volto da uno studente che rifiutava l'interrogazione perché aveva mal di testa. La degenerazione riguarda anche i genitori. Il vicepreside della scuola media Murialdo di Foggia è stato colpito alla testa e all'addome (un mese di prognosi) da pugni dati dal padre di un alunno che il giorno prima era stato rimproverato. Altri, più civili, ricorrono ai tribunali. Spesso avendo soddisfazione, com'è successo ai genitori di una studentessa di Chiavari, bocciata dagli insegnanti ma promossa dal Tar.Stessa suburra nei campi dei baby calciatori. A Monterchi (Arezzo) un padre, ritenendo che il figlio fosse stato oltraggiato da un'ammonizione, a fine gara è sceso negli spogliatoi per avventarsi sull'arbitro: una ragazzina di 17 anni, finita poi al pronto soccorso. E a proposito di ospedali: a gennaio, un papà di Pozzuoli che voleva vedere il figlio neonato al di fuori dell'orario consentito per le visite, ha ferito a un occhio il medico che gliel'ha impedito (10 punti di sutura, 20 giorni di prognosi). Gli operatori del 118 di Roma, invece, chiamati a soccorrere una donna vittima di un malore, hanno subito l'assalto del marito insoddisfatto dell'intervento: ha sfondato il vetro del portellone del mezzo, è entrato all'interno e ha «scartavetrato» l'autista.Che dire, poi, dei vigili urbani aggrediti da chi contesta a cazzotti una multa? A Catania uno è finito in coma, e il fenomeno è così macroscopico che il sito poliziamunicipale.it ha varato una sezione apposita, «vigili picchiati». Tutti questi episodi sono la palmare dimostrazione della caduta verticale del cosiddetto «principio di autorità». Non è un problema di istruzione ma di educazione, ovvero della formazione e dello sviluppo - tramite l'insegnamento e l'esempio - di qualità intellettuali ed etiche.Questo postula, però, un ripensamento del ruolo della famiglia e della scuola, partendo da un'amara constatazione: sono entrambe istituzioni che hanno abbassato, per dirla con la scrittrice Susanna Tamaro, «il livello delle pretese». Per demagogia, lassismo, malinteso senso della «democraticità» delle relazioni interpersonali, abbiamo genitori che abdicano al loro ruolo perché «amici» dei figli, insegnanti che non intervengono per non turbare gli alunni. Perché è «vietato vietare».Con un paradosso, per quanto riguarda la scuola: averla voluta sempre più «democratica» l'ha ridotta a essere sempre più classista, perché chi ha le possibilità economiche i figli li manda nelle scuole private, ancora meglio se internazionali, dove la disciplina è ferrea (a Roma sono gettonatissime quelle americane e francesi, frequentate dalla «meglio gioventù» della borghesia e del culturame di sinistra: registi, scrittori, giornalisti). Siamo sempre pronti a trovare scusanti o attenuanti a ogni malefatta, perché ce n'è sempre una precedente e più grave che non è stata perseguita, e quindi «ma che, vuoi cominciare proprio con me a ripristinare la legalità?», o la moralità.I modelli «criminogeni» li abbiamo diffusi un po' tutti: politicanti, pennivendoli, perfino «televisionari» (penso a una serie tv come Gomorra, e lo dico da fan, in cui non ci sono «buoni» - non c'è lo Stato o chi per lui, come si vedeva 20 anni fa in La Piovra - ma solo camorristi, alcuni dei quali sono un po' meno peggio di altri, e che diventano miti, esempi da rispettare, e non solo a Napoli). Abbassandosi l'asticella dell'etica, pubblica e privata, è scomparsa la censura sociale e il conseguente senso di vergogna, per cui se un tempo il tuo nome finito nel bollettino dei «protesti» rappresentava un'onta, uno stigma peggio della lettera scarlatta, oggi, se ti condannano per stupro, dopo 6 mesi di carcere ti ritengono degno di essere recuperato mandandoti a imparare il mestiere di pizzaiolo (è successo a Napoli la settimana scorsa).Siamo rassegnati all'idea di una società in cui o non ci sono regole, o non sono rispettate, o le loro violazioni non sono sanzionate, o le sanzioni non vengono applicate. Risultato? Perfino gli stranieri, appena varcano i confini italiani, si lasciano andare a condotte che nei loro Paesi si guarderebbero bene dall'assumere, perché lì chi sgarra paga.Nel 2015 i tifosi olandesi del Feyenoord, in trasferta nella Capitale, ridussero piazza di Spagna a Roma un letamaio, devastando la fontana della Barcaccia, appena restaurata. Il tutto sotto gli occhi dei poliziotti schierati sulla scalinata di Trinità dei Monti. Che li rimiravano immobili. Spiegò il questore: «Non siamo intervenuti mentre si ubriacavano e sporcavano la piazza perché avremmo acceso una miccia spaventosa nell'ora di punta in cui passano bambini, famiglie, turisti, commercianti. Io morti non ne faccio. Abbiamo impedito una strage di innocenti». Xe peso el tacon del buso, avrebbero commentato a Padova.Perché sarebbe bastato non farceli arrivare, nel cuore di Roma. Come capitò, a ruoli invertiti, ai tifosi laziali in trasferta a Varsavia nel 2013: la polizia polacca ne fermò preventivamente 200 per evitare disordini, e alcuni li tenne (in gattabuia) per quasi un mese dopo il match. A proposito: qualcuno ha pagato per gli ingenti danni al capolavoro di Pietro Bernini? Macché. Del resto, perché stupirsi? Siamo o non siamo, in tutti i campi e a tutti i livelli, il Paese del laissez faire?
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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