2023-08-21
La sinistra sbrocca sul generale Vannacci perché Donzelli ha difeso la democrazia
L’esponente di Fdi attaccato da sinistra perché, senza avallare le idee di Roberto Vannacci, si è limitato a rifiutare la censura politica. È l’ultimo atto di una tragicommedia in cui anche parte della destra si è rivelata troppo timida di fronte all’arroganza dem.Ormai non è nemmeno più un problema di politicamente corretto, di buonismo in eccesso o di emarginazione delle opinioni difformi. Qui siamo decisamente oltre: siamo giunti a un livello tale per cui persino l’enunciazione di principi liberali e la difesa della libertà di pensiero divengono «manifestazioni di fascismo» da reprimere con violenza (verbale, se non altro). Iniziamo a riepilogare l’accaduto, perché basta raccontarlo per rendersi conto del totale delirio in cui siamo precipitati. Succede che un generale dell’esercito, Roberto Vannacci - plurilaureato e pluridecorato, uno che ha combattuto nelle aree più roventi del globo - si permetta di scrivere e autopubblicare un libro contenente alcuni suoi pensieri. Non commenta le missioni svolte o altre faccende riservate attinenti al suo lavoro. Semplicemente inanella alcune considerazioni che, in un altro momento storico, sarebbero state definite «di senso comune» ma oggi vengono considerate patologiche. Vannacci, ad esempio, non si sogna nemmeno - e grazie al cielo - di affermare che gli omosessuali siano malati, inferiori, devianti eccetera. Si limita a scrivere che essi non rappresentano la norma (cosa su cui molti attivisti Lgbt potrebbero concordare, dato che contrastano la «norma eteropatriarcale») e dunque le associazioni arcobaleno non dovrebbero poter imporre unilateralmente una ideologia politica. Tanto è bastato a renderlo - agli occhi di politici e giornali - un mostro omofobo. E, in aggiunta, un razzista, un fascista, un pazzo, un fanatico e un antisemita (per inciso: nel suo libro la parola ebreo non compare). Fin qui, la prima parte dello svalvolamento collettivo, che già sarebbe sufficiente a suggerire una bella terapia di gruppo. Il problema è che non è mica finita qua: adesso arrivano la seconda parte e pure la terza. La fase due è la seguente. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, non perde tempo e, via social, esprime giudizi sprezzanti sul volume di Vannacci, che con tutta evidenza non ha letto. Fidandosi delle ricostruzioni tendenziose e mistificatorie apparse sui quotidiani progressisti, il ministro si lancia all’attacco del generale affermando che egli dica fregnacce e facendo intendere che abbia offeso l’onore delle forze armate. Il curriculum di Vannacci avrebbe forse dovuto suggerire maggiore attenzione e un minimo di obiettività in più, ma appunto questi sono i tempi: basta un fiato di Repubblica per far gelare il sangue nelle vene a troppi, anche a destra. Insomma, il ministro va all’attacco, le autorità militari intervengono e a tempo di record tolgono a Vannacci l’incarico a cui era stato da poco destinato. Storiaccia chiusa? Ovvio che no. C’è la fase tre, quella della demenza acuta. Al Pd e ai giornali di sinistra non basta la reprimenda crosettiana, non basta la rimozione di Vannacci dall’incarico: vogliono la testa del generale, pretendono che sia epurato, sconfessato dal governo fra insulti e maledizioni, forse impalato. A questo punto interviene Giovanni Donzelli di Fratelli d’Italia, tramite interviste concesse al nostro giornale e al Corriere della sera. Che cosa dice Donzelli? Forse presenta Vannacci come il suo nuovo filosofo di riferimento? No, anzi afferma di non aver letto il suo libro. Ne commenta le affermazioni? Sostanzialmente no, anche se sembra che, a pelle, esse non lo entusiasmino troppo. Il responsabile organizzazione di Fdi difende l’operato di Crosetto, ma commette un peccato mortale: a sua volta, si richiama al comune buon senso. Spiega alla Verità che non sta a lui né al governo censurare un libro. Ribadisce che se qualcuno si è ritenuto offeso può rivolgersi alla magistratura, sostiene che in una democrazia i politici non dovrebbero pretendere roghi e rieducazioni. Non sono tesi eversive: è la Costituzione. Indovinate che succede: si scatena il finimondo. I giornali attacca Donzelli a testa bassa, il Pd chiede la sua testa. Lo accusano di essere un fomentatore di odio, di aver difeso una sorta di nazista, di proteggere un violento. Dai dem ai Verdi sono tutti a tuonare contro la destra di governo, che sarebbe antidemocratica e, manco a dirlo, fascista. In sintesi è accaduto questo: un generale scrive un libro ed esprime idee vagamente conservatrici su immigrazione, famiglia, proprietà eccetera. Il ministro della Difesa, di destra, lo attacca duramente. I vertici dell’esercito tolgono il posto al decoratissimo militare. La gran parte dei politici di destra tace. Molti commentatori s’affanno a mostrarsi moralmente superiori a Vannacci. Un esponente di Fdi interviene per dare ragione al suo ministro e per ricordare che non rientra fra i suoi compiti esercitare censure ed epurazioni. L’opposizione gli dà del fascista e dell’intollerante. A nessuno sembra importare che una larga fetta di italiani - non certo estremisti neri - condivida il pensiero di Vannacci. Praticamente nessuno tra i politici intervenuti si è premurato di leggere il suo libro. Questa orrenda storia ci consegna parecchie lezioni. La prima è che ai progressisti -e pure a molti cosiddetti destrorsi, a quanto pare - non risulta tollerabile non soltanto il senso comune, ma persino il banale rispetto delle leggi e della Costituzione. Il semplice rifiuto di utilizzare le formule linguistiche imposte dai regolatori del pensiero è divenuto inaccettabile, inaudito, scandaloso. La volontà dei cittadini non conta praticamente nulla, la realtà è accessoria. Niente di nuovo, sia chiaro: siamo solo alla fase terminale di un processo iniziato molto tempo fa, che ora giunge all’apice. In questo stadio, il dramma si tramuta in farsa. E se i progressisti si confermano sempre uguali a sé stessi ma appena peggiori, i conservatori e i sovranisti ottengono il più grottesco dei risultati. La destra istituzionale teme accuse di fascismo, perciò prende in massa le distanze - affettando sdegno - da chi sintetizza più o meno grossolanamente il pensiero dei suoi elettori. La destra cosiddetta estrema, temendo di apparire reazionaria e populista, in larga parte disapprova il generale o addirittura lo irride. Finisce che gli elettori restano allibiti. Che le accuse di fascismo arrivano lo stesso, e più forti di prima. Che la sinistra - minoritaria più che mai - orienta ancora una volta il dibattito. Sulle piattaforme online, intanto, il libro del generale continua a vendere. Sembra quasi che il senso comune e la libertà di espressione vengano tutelati (forse involontariamente) da un sito di e-commerce più che dalla classe politica e intellettuale: il mondo alla rovescia.