
Il boldrinismo fa sì che qualsiasi critica a idee progressiste diventi un «atto discriminatorio». Ma se a essere davvero insultato è un conservatore scatta il doppio standard: «Se l'è cercata».Sostiene Laura Boldrini, e ce ne informa da anni a reti unificate, con relativo codazzo di giornalisti che soffrono insieme a lei e ne raccolgono i sospiri e le lamentazioni, di essere oggetto di odio su Internet e sui social network. Come si sa, la Boldrini ha sporto molte denunce, e non ha mancato di farci sapere che ha pure telefonato ad alcuni dei presunti colpevoli per catechizzarli (chissà che quella telefonata boldriniana non sia da considerare alla stregua di una pena accessoria per quei reprobi).«C'è un confine netto e chiaro», ha sentenziato l'ex presidente della Camera, «tra la libertà di espressione e l'insulto». «La prima», bontà sua, «è sacrosanta e guai a chi la tocca. Altra cosa è usare turpiloquio, ricorrere agli insulti...». Naturalmente, resta solo il piccolo dettaglio di stabilire dove porre il confine: cioè cosa sia da considerare un'opinione legittima e cosa invece sconfini in un'offesa. Ma su questo discrimine, in genere, si resta nel vago: più facile fare sparate contro gli odiatori. Com'è noto, la Boldrini accusa in particolare due «mandanti» dell'hate speech vero o presunto contro di lei: Beppe Grillo per la famosa domanda «Cosa fareste alla Boldrini?» e Matteo Salvini per la vecchia storia della bambola gonfiabile. In entrambi i casi, ella ha sottolineato l'elemento sessista dell'offensiva a suo danno. Sul tema delle donne, ma anche degli stranieri e degli islamici, insiste pure Vox, un osservatorio che ha diffuso ieri una sua «mappa dell'intolleranza» online. In sostanza, le espressioni offensive e discriminatorie in rete e sui social network avrebbero essenzialmente i caratteri della misoginia, della xenofobia e dell'islamofobia. Ma, fermo restando che - ovviamente - l'intolleranza e la violenza non vanno mai incoraggiate o sottovalutate, è proprio vero che le cose stanno così? O forse, più o meno impercettibilmente, stiamo tutti accettando un ennesimo caso italiano di doppiopesismo e di doppio standard? In altre parole, se ad essere colpita è una figura politica di sinistra, o uno straniero, o un immigrato, o un islamico, scatta (magari giustamente) una mobilitazione, una reazione, un riflesso di indignazione. E immediatamente si attiva un apparato politico-mediatico che solleva il caso, individua «mandanti» e «complici», catechizza gli «indifferenti», coglie l'occasione per sottoporre tutti gli italiani a un processo di rieducazione. Se invece ad essere colpita è una figura sgradita all'establishment politicamente corretto, o un opinionista estraneo alle logiche dei mainstream-media, o comunque qualcuno percepito come eterodosso e «scandaloso» rispetto a un certo tipo di pensiero unico, allora le cose cambiano: a costoro non è concesso lo status di vittima. Anzi, pure se vengono aggrediti e «mostrificati», devono subire: «Se lo meritano», «Se la sono cercata», «Hanno istigato». Per anni, femministe e progressisti - per citare un esempio classico - hanno (giustamente) denunciato un meccanismo del genere verso le donne che subivano violenza, additando la tendenza di un certo maschilismo a colpevolizzare la vittima. Ora, in un paradossale rovesciamento delle parti, è proprio la «cultura democratica» a praticare lo stesso tipo di salto logico: se è il politico non di sinistra o l'intellettuale sgradito ad essere preso a bersaglio, vorrà dire che «è lui che se l'è cercata».Gli esempi non si contano più, sono ormai pane quotidiano. Basta essere a favore di una regolamentazione più rigida sull'immigrazione per essere qualificati come razzisti: l'ipotesi che uno possa essere liberale, tollerante, ma insieme severo sulle regole, non è nemmeno contemplata. Si pensi all'attuale governo: se ne possono condividere o no le scelte in questo campo, ma è impressionante la facilità con cui si è scagliata contro Salvini ed altri l'accusa di xenofobia, di disumanità, se non - peggio ancora - quella di cercare l'incidente mortale in mare «a danno di donne e bambini». Se poi si passa ai temi eticamente sensibili, lo slittamento è ancora più automatico: chi sostiene alcune posizioni, per il solo fatto di esprimerle, è meccanicamente qualificabile come omofobo, sessista, o peggio. Non è in questione - si badi - il fatto di condividere o no nel merito una posizione (chi scrive è tutto tranne che anti diritti civili): ma sta diventando veramente insopportabile l'idea che qualcuno pretenda (preventivamente!) di rilasciare, ritirare, sospendere o sequestrare una «patente» rispetto alla possibilità stessa di far circolare un'idea. Il doppio standard sta esattamente qui. Sei progressista? Allora puoi dire tutto, e se ti attaccano sono odiatori. Invece, sei per caso su posizioni diverse, ad esempio culturalmente conservatrici? Allora devi stare attento a quello che dici, e soprattutto farai bene a esser pronto a ogni tipo di reazione, che il sinedrio, la casta braminica «politically correct» giudicherà invariabilmente come «giustificata». Non ditelo alla Boldrini e ai suoi cari: potrebbero rimanerci male. Ma il famoso discrimine tra libertà di opinione e offesa non può essere stabilito in base a chi stia parlando (amico o nemico), e tanto meno in base al fatto che le sue opinioni ci piacciano oppure no.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
- La Corte d’appello di Bologna ha disposto la consegna di Sehrii Kuznietsov, l’ucraino accusato di aver danneggiato il gasdotto nel 2022. Crosetto: «Disponibili su Samp-T e aerei radar». M5s e Calenda esortano il governo al confronto in Aula su «Sentinella Est».
- Invasione nazista, Berlino secca: «Soldi alla Polonia? Storia chiusa». Merz: «Ma siamo al fianco di Varsavia». Presto possibile vertice Trump-Zelensky.
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Ansa
- Massiccia invasione via terra e raid con droni ed elicotteri. Crosetto: «Decisione sbagliata». Il Papa chiama il parroco Romanelli: «Preoccupato». Ira dei parenti degli ostaggi: «Così Netanyahu li uccide».
- Mobilitazione indetta per venerdì. Liti nella Flotilla, Greta lascia il direttivo e cambia imbarcazione. Il dem Scotto, in navigazione: «Sempre in contatto con la Farnesina».
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13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
Schierati da poco in Estonia, gli F-35 italiani hanno avuto una parte importante nell’intercettazione di velivoli russi e nel pattugliamento in seguito allo sconfinamento dei droni di Mosca in territorio polacco. Da agosto l’Aeronautica italiana è al comando della Baltic Air Policing.
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La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 17 settembre con Carlo Cambi