2020-06-10
La serie Netflix sul paese sommerso mostra che c’è vita oltre «Gomorra»
Arriva Curon, ambientata in Trentino-Alto Adige e ricca di suggestioni soprannaturali. Finalmente la nostra televisione è in grado di produrre storie che non trattino soltanto di mafia o scandali politici.Fu nel 1946 che il consorzio Montecatini annunciò la ripresa dei lavori per la costruzione della diga presso il Mittersee, il lago di mezzo, in Val Venosta. Gli abitanti del luogo, soprattutto quelli dei paesi di Resia e Curon, si opposero con forza, si rivolsero persino al Papa, ma nulla bastò a scongiurare l'arrivo di migliaia di operai che, nel giro di pochi anni, ultimarono l'opera, foraggiata pure da investimenti Svizzeri. Nel 1950 furono serrate le chiuse e avvenne quello che si temeva: 677 ettari di terreno vennero sovrastati dalle acque. L'intero paese di Curon Venosta fu sommerso, e circa 150 famiglie persero tutto quello che avevano. Oggi quel dramma si è trasformato in un'attrazione turistica. Il campanile della chiesa del XIV secolo di Curon emerge dalle acque, come un monumento sospeso tra i flutti. Il colpo d'occhio, in effetti, è da togliere il fiato. Ma non si può dimenticare l'offesa alla popolazione e alla natura. Una manifestazione di arroganza della tecnica e dell'uomo che - come tutti gli atti di hybris - non può rimanere impunita. Non dovrebbe sorprendere, dunque, che sotto le acque del lago - dove giacciono le abitazioni morte, dove i sentimenti e i ricordi di generazioni annaspano tra i flutti - si possano celare presenze oscure, segreti inquietanti. In fondo, non è poi così inverosimile la nuova serie italiana di Netflix, disponibile da oggi, intitolata proprio Curon e girata da Fabio Mollo e Lydia Patitucci fra le bellezze altoatesine, «soprattutto in Val Venosta tra Curon e Malles, ma anche sul Lago di Caldaro e a San Felice». Non staremo ad anticipare la trama, perché tutto il bello della serie sta proprio lì, nei misteri che minuto dopo minuto affiorano dalle acque lacustri. Protagonista è Anna (Valeria Bilello). Divenuta madre a 17 anni, molte ferite nell'anima, sceglie di tornare al paesello natale, in cerca di serenità per sé stessa e i suoi due figli. Che la scelta sia sbagliata glielo chiarisce subito il selvatico Thomas (Luca Lionello), che le dice a brutto muso: «Qui non ci potete stare». Il punto è che la presenza dei nuovi venuti smuove qualcosa che forse non avrebbe dovuto essere smosso. Qualcosa che va oltre l'umana comprensione. Ed è così che si sviluppa quello che in gergo tecnico viene definito «supernatural drama». Un genere che, da qualche tempo, incontra grande successo, basti pensare a produzioni europee come Dark, all'americana e più ludica Stranger Things, a film spagnoli come Durante la tormenta. In Italia, un primo passo è stato compiuto dalla serie Il Miracolo, andata in onda su Sky e ideata da Niccolò Ammaniti, dal cui romanzo Anna è stata tratta un'altra produzione dai toni «soprannaturali». Ma Curon rappresenta un importante salto in avanti. Certo, a voler essere puntigliosi si potrebbe notare che ancora una volta gli autori italici seguono mode provenienti dall'estero; che bisogna aspettare i successi degli americani, dei tedeschi e degli spagnoli prima di farsi avanti anche qui. Ma quel che conta davvero è che finalmente ci sia un bel racconto italiano lontano dai soliti stereotipi: la mafia, le bande criminali, gli scandali politici e sessuali, le «grandi bellezze» che sono in realtà torbidi specchietti per il pubblico straniero abituato a vederci come gangster. Curon fa per il piccolo schermo quello alcuni romanzi di recente uscita hanno fatto per la narrativa. Da un paio d'anni a questa parte, infatti, con forza sempre maggiore, ha preso piede dalle nostre parti una tendenza letteraria che i critici più esterofili amano chiamare New Weird. È stata una boccata d'aria fresca: finalmente si riescono a leggere romanzi che non siano ambientati nell'ombelico degli autori. Romanzi strani, «bizzarri» (weird, appunto), dove il soprannaturale è sempre presente, a ricordarci che esiste una dimensione ultraterrena pure se noi tutti ci ostiniamo a negarla. L'aspetto modaiolo, per altro, è superficiale. A ben vedere, esiste una tradizione ben consolidata - sia nel cinema sia nella letteratura - a cui queste nuove opere attingono. Pensiamo al gotico rurale di Pupi Avati (sullo schermo) e di Eraldo Baldini (nei libri). All'inquietudine esoterica dei romanzi di Giorgio De Maria ambientati nella Torino magica di cui parla il bel libro di Vittorio Del Tufo appena pubblicato da Neri Pozza. Volendo, possiamo risalire la corrente fino a giungere a Dino Buzzati, Ben vengano allora le suggestioni hollywoodiane e i nuovi canoni «da serie Netflix», se ci permettono di recuperare una sensibilità che ha sempre fatto parte del nostro patrimonio. Ben venga Curon, che inquieta e diverte, mostrando che sotto il lago stagnante della tv e del cinema italiano si possono nascondere sorprese da brividi.
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