2021-07-16
I cardinali miravano al Bulgari
e non volevano pagare le tasse
Le intercettazioni della riunione top secret svelano il doppio gioco con una dirigente del Banco Santander. Sospetti di possibili tangenti per la foto di una torta, condita con banconote, inviata a monsignor PerlascaGli affari immobiliari non sembrano essersi fermati al civico 60 di Sloane Avenue, già sede del magazzino Harrods, nel centro chic di Londra, il famoso acquisto al centro dell'inchiesta. Gli spregiudicati manager e alti prelati bramavano l'hotel Bulgari e, ha scoperto La Verità, volevano risparmiare pure sulle tasse. Avrebbero dovuto investire eticamente il denaro versato dai fedeli in beneficenza, tutelare il conto di papa Francesco e invece, uomini e donne dellapresunta cricca del Vaticano (il processo per l'ex prefetto per la Congregazione delle cause dei santi, Angelo Becciu e gli altri nove imputati inizierà il 27 luglio), sembravano ossessionati dalla propria ricchezza. Le chiacchierate intercettate dalla direzione dei servizi di sicurezza della Gendarmeria vaticana e inviate al promotore di giustizia del Tribunale vaticano (l'equivalente del procuratore della Repubblica in Italia) appaiono eloquenti.«Sì sì, uno dei palazzi di Louis Vuitton, perché quello è nostro no?», chiede il sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato Edgar Peña Parra. Insieme a lui, nel suo ufficio, per l'incontro riservato ci sono monsignor Mauro Carlino, che reggeva l'ufficio documentazione della segreteria del Vaticano e svolgeva le funzioni di segretario per Becciu, l'imprenditore Luciano Capaldo, l'uomo in quel momento a capo della London 60 La, la società legata al Vaticano nell'affare Harrods, e il funzionario d'Oltretevere Fabrizio Tirabassi. Quest'ultimo corregge l'arcivescovo: «Eh Bulgari…». Puntualizza pure Capaldo: «Bulgari». Peña Parra prima rettifica, poi si lancia in una previsione d'investimento: «O Bulgari scusa Bulgari, vabbè quello sarà il futuro. Si può aprire una prospettiva importante signor Capaldo. Molto importante». La terza carica del Vaticano viene spalleggiata anche da Carlino: «Assolutamente sì». «Allo stato attuale», spiega Capaldo, «non si muove l'asset di 60 Sloane Avenue all'interno del fondo, quali sono i vantaggi…». Tirabassi non riesce a mettere un freno alla propria curiosità e chiede: «Quali sono i vantaggi?». «Sia dal punto di vista fiscale che i risparmi», confida Capaldo. Prudentemente, una virtù che, però, sembra latitare nella vicenda che ha travolto i vertici delle Mura Leonine, Peña Parra domanda: «E gli svantaggi…». «Che abbiamo chiesto alla confonlettere… la confonlettere», replica Tirabassi. «E magari», riprende con un certo spirito d'iniziativa economica l'arcivescovo venezuelano, «rivedere in tutto quel momento se noi possiamo magari anche rifare logicamente da parte quelle condizioni che sono tipiche».Ma Capaldo interroga: «Una domanda eccellenza, ma se mettiamo 60 Sloane Avenue nel fondo, dal punto di vista del credito, noi non siamo più avvantaggiati con il Credit Suisse». «Yes io penso di sì», conferma Peña Parra. «Perché può utilizzare l'ecofid», valuta Capaldo. Monsignor Carlino entra nei dettagli: «Esatto, quindi avremmo noi a quel punto avremmo una grande garanzia». Riprende Peña Parra con un italiano titubante: «Poi non abbiamo, noi quello diventano quelli appartamenti anche garanzia». Il concetto di fondo però è chiaro, quell'immobile serve per tutelarsi nei confronti della banca. «Esatto garanzia per quello dico forse conviene anche presentarlo a Credit…», chiosa Carlino.Nonostante lo slancio imprenditoriale, dalle intercettazioni emerge un dettaglio che fa non poca paura agli imputati.Non si tratta del rischio, poi verificatosi, di indagini penali, né tantomeno del giudizio del Pontefice sul loro operato. Sono le tasse lo spauracchio per alcuni protagonisti di questa storia. Tra le possibili soluzioni, per cercare di rientrare delle perdite accumulate con il palazzo londinese, c'è l'affitto dell'immobile. Durante un incontro con Luca Dal Fabbro, che sembra un esperto di investimenti, monsignor Carlino afferma: «[…] Su Londra questi possibili affittuari se loro sono disposti a contribuire alla sopra elevazione in modo tale che noi gli scontiamo l'affitto». I due concordano su quanto ipotizzato, poi Dal Fabbro dice: «Sì sì e non paghiamo neanche le tasse su quello certo». «Quella potrebbe essere una buona soluzione», replica il suo interlocutore. «Anche dal punto di vista fiscale», ribadisce il professore. Alla coppia in seguito si aggiunge Peña Parra: «Possiamo tirare fuori tutto quello del… palazzo perché rimane più del 10 per cento… e noi del palazzo in una categoria diversa e poi senza tasse». «Certo questo è il vantaggio del fondo sovrano», commenta compiaciuto Carlino.Che già ipotizzava di locare l'immobile a una dirigente del Banco Santander, tale Oscar Concha. A quest'ultima aveva rivelato pure la società interessata: il colosso energetico British Petroleum. È lo stesso Carlino a raccontarlo: «No io addirittura sai che cosa ho detto alla Oscar Concha, eh ascoltami, io ho detto che c'è British Petroleum ho detto quel nome ho dato (tutti ridono, annotano gli investigatori vaticani, ndr)». E ancora: «Ho messo che British Petroleum vuole tutto il palazzo gli ho detto». «E quello è sufficiente per tenerceli buoni […]», gli risponde ridendo Capaldo. E perfino davanti al promotore di giustizia monsignor Carlino, a proposito di un affare di Capaldo sul quale è stato interrogato, ha confermato la fissa per le tasse, spiegando che «Capaldo sperava di poter detrarre l'Iva» da una fattura milionaria. Ma all'accusa in quell'interrogatorio interessa soprattutto altro. Il promotore di giustizia sembra sospettare che nel messaggino con la foto di una torta di compleanno condita con delle banconote e accompagnata da questa frase, «le briciole che non dovevano essere date a chi lei sa», inviato a Perlasca, si nascondesse «una metafora di una tangente». Ma questa è un'altra storia.