2023-06-02
Ma quale analfabetismo funzionale. La propaganda colpisce gli istruiti
Jacques Ellul (Getty Images)
In un saggio del 1962 appena tradotto, il sociologo Jacques Ellul spiega perché, contrariamente a quanto si crede, siano gli intellettuali a essere le prime vittime del lavaggio del cervello. Una lezione quanto mai attuale.Di fronte alla propaganda di agitazione troviamo la propaganda di integrazione, che è la propaganda delle nazioni evolute, caratteristica della nostra civilizzazione. In effetti, non la si incontra prima del Ventesimo secolo. È una propaganda che cerca la conformità. Corrisponde al fatto seguente, che abbiamo già analizzato: nella società occidentale non basta più ottenere un comportamento politico passeggero (il voto): è necessaria una totale adesione dell’essere alle verità e ai comportamenti della società. Si tende a giungere a una società perfettamente uniforme, per avere maggiore potenza, maggiore efficacia. Ogni membro del gruppo dev’essere solamente un frammento organico e funzionale di questo gruppo, dev’essere perfettamente adattato, perfettamente integrato. Deve avere gli stereotipi, le convinzioni, le reazioni del gruppo, si deve manifestare come partecipante attivo alla creazione etica, estetica e politica del gruppo. Ogni sua attività, come ogni sentimento, saranno funzioni della collettività. E, come lo si fa sempre notare, potrà realizzarsi soltanto grazie a questa collettività, in quanto membro del gruppo. La propaganda di integrazione ha come scopo quello di far partecipare l’individuo alla sua società, in ogni caso. Si tratta di una propaganda di lunga durata, che mira a ottenere comportamenti stabili che si riproducano indefinitamente, che fa adattare l’individuo alla sua vita quotidiana, che cerca di ricreare i pensieri e i comportamenti in funzione dell’ambiente sociale permanente. [...]La propaganda di integrazione ha lo scopo di stabilizzare il corpo sociale, di unificarlo, di rafforzarlo. Essa sarà dunque uno strumento di scelta nelle mani del governo (anche se, in effetti, non si tratta di una propaganda esclusivamente politica). Quindi la propaganda sovietica a partire dal 1930 è una propaganda di integrazione, come quelle di tutte le Repubbliche popolari. Ma questa propaganda può essere anche opera di un gruppo di organismi che si muovono nella stessa direzione, in modo più o meno spontaneo, più o meno concertato dallo Stato. L’esempio più importante è quello degli Usa. Evidentemente questa propaganda è molto più sottile, complessa e sfumata dell’altra. Cerca non un’esaltazione, ma una manipolazione totale, profonda. È qui che verranno utilizzate tutte le analisi psicologiche e di opinione, ed è qui che si renderà necessario l’utilizzo concorde dei mass media. [....]Notiamo subito un ultimo aspetto di questa azione di integrazione: funziona tanto meglio quanto più l’ambiente in cui si trova è agiato, colto e meglio informato. L’intellettuale è più sensibile alla propaganda di integrazione di quanto non lo sia il contadino. Condivide maggiormente, in effetti, gli stereotipi della società, anche quando è politicamente all’opposizione. [...] Affinché possa ricevere la propaganda, l’individuo deve aver raggiunto un minimo di cultura. In coloro totalmente privi della cultura occidentale non può esserci propaganda. Non diciamo intelligenza. Un aïno, un bororo, sono senza dubbio intelligenti, ma di un’intelligenza estranea ai nostri concetti, ai nostri mezzi. Serve una base - di istruzione, per esempio. Chi non sa leggere sfugge quasi totalmente alla propaganda, e lo stesso vale per chi non si interessa alla lettura. Abbiamo pensato che imparare a leggere sarebbe stato un passo avanti per l’umanità, il declino dell’analfabetismo è ancora celebrato come una vittoria, i Paesi con un’alta percentuale di analfabeti sono giudicati severamente, pensiamo che la lettura sia un mezzo per la libertà. Questo, però, è contestabile: l’importante non è saper leggere, ma sapere cosa si legge, ragionare su ciò che si legge, esercitare un pensiero critico sulle nostre letture - altrimenti la lettura non ha senso (se non per distruggere alcune qualità spontanee di memoria e di osservazione). Ma parlare di spirito critico, di discernimento, significa andare ben oltre il livello di istruzione primaria, e si riferisce a una minoranza molto piccola. Se consideriamo la grande maggioranza (90%), abbiamo a che fare con individui che sanno soltanto leggere, senza alcun altro esercizio dell’intelligenza, e che attribuiscono a ciò che è scritto un’autorità, un valore eminente oppure, al contrario, lo negano totalmente. Siccome questo tipo di persona non ha conoscenza sufficiente per discernere e ragionare, essa crede o non crede, in blocco, a quello che legge. E poiché d’altra parte sceglierà di leggere ciò che è più facile e non ciò che è più difficile, si troverà esattamente al livello in cui la parola scritta può afferrarlo e convincerlo senza discussione. È perfettamente adatta alla propaganda.Non si risponda: «Se le si desse qualcosa di buono da leggere… se ricevesse un’istruzione più approfondita…»: ciò non ha valore, in quanto non esiste. Non si dica neppure: «Questa è solo una prima tappa, la sua istruzione sarà presto più evoluta; bisogna pur iniziare». In primo luogo, notiamo che serve molto tempo per poter passare da una tappa all’altra: in Francia, la prima tappa è raggiunta da oltre mezzo secolo, e siamo ancora ben lontani dalla seconda. Peggio ancora, questa prima tappa ha messo l’uomo a disposizione della propaganda, ma per superare la seconda si troverà in un universo di propaganda. Sarà già formato, adattato, integrato. [...] Si può raggiungere la cultura superiore senza smettere di essere succubi della propaganda quando lo si è stati prima di acquisire un pensiero critico, e solo se questa cultura è integrata essa stessa nella propaganda. In realtà, il risultato più evidente dell’istruzione primaria del Diciannovesimo e del Ventesimo secolo è stato quello di aprire l’essere umano alla grande propaganda. Non c’è alcuna possibilità di innalzare a sufficienza il livello intellettuale delle popolazioni occidentali abbastanza rapidamente per compensare il progresso della propaganda. Oggi le tecniche di propaganda hanno assunto una tale distanza rispetto alla capacità di ragionare da parte dell’uomo medio che questo ritardo è praticamente impossibile da recuperare, come non lo è formare intellettualmente la persona fuori dal quadro della propaganda. Nei fatti, quello che accade, che vediamo accadere tutto attorno a noi, è che si dichiara che la propaganda stessa è la cultura, l’istruzione delle masse. È all’interno e grazie alla propaganda che queste hanno accesso all’economia politica, alla politica, all’arte, alla letteratura. Gli elementi di istruzione primaria permettono esattamente di entrare nell’universo della propaganda, e lì gli esseri umani riceveranno un alimento intellettuale e culturale, peraltro reale. [...] Davanti a questi fatti, siamo obbligati a constatare che lo sviluppo dell’istruzione elementare è condizione fondamentale per l’organizzazione della propaganda. Una simile affermazione si scontra con molti pregiudizi, espressi per esempio da Paul Rivet in questa frase lapidaria dal totale irrealismo: «Un essere che non può leggere un giornale non è libero!». Il fatto che sia necessaria una certa cultura per essere sensibili alla propaganda si spiega con il fatto che uno dei più importanti mezzi di propaganda è la manipolazione dei simboli. Quanto più l’individuo partecipa alla cultura della società in cui vive, tanto più dispone di simboli stereotipati che esprimono le rappresentazioni collettive del passato e del futuro del gruppo. Più stereotipi ci sono in una cultura, più è facile formare opinioni pubbliche. Più un individuo partecipa a questa cultura, più è sensibile alla manipolazione di questi simboli. È curioso constatare quante siano state in Occidente le campagne che hanno «attecchito» in primo luogo sui gruppi colti. Non si tratta solo di propaganda dottrinale, che, basandosi su fatti accurati, agisce a livello delle personalità più evolute, sensibili ai valori e con una conoscenza abbastanza completa delle realtà politiche: per esempio la propaganda sull’ingiustizia del capitalismo, o sulle crisi economiche, o sul colonialismo. È normale, in questo caso, che le persone più colte siano raggiunte dalla propaganda per prime.
Beatrice Venezi (Imagoeconomica)