2023-05-16
La Procura di Roma rivede il caso Orlandi. E stavolta collabora con i pm ecclesiastici
Dopo le due già archiviate, via alla terza indagine sulla ragazza scomparsa nel 1983. Ci sarà pure la Commissione parlamentare.Misteri, intrighi, depistaggi. Lunghi quarant'anni. La scomparsa di Emanuela Orlandi è il grande giallo italiano. Tonnellate di inchiostro. Migliaia di pagine di atti giudiziari. Adesso la Procura di Roma riapre le indagini sulla quindicenne, sparita nel lontanissimo 22 giugno 1983. Era nell’aria. Lo scorso gennaio viene aperta un’inchiesta dai pm vaticani. A marzo Montecitorio vota all’unanimità la commissione parlamentare sul caso. E ora riparte pure la magistratura ordinaria. Stavolta, con una novità reputata considerevole dagli inquirenti: i magistrati laici collaboreranno con quelli ecclesiastici.Ricapitoliamo. La prima indagine durò quattordici anni, dal fattaccio al 1997: archiviata. La seconda altri sette, dal 2018 al 2015: archiviata anche questa. Ora prende il via la terza. Il procuratore Francesco Lo Voi, del resto, aveva già fatto intendere che pure Piazzale Clodio si sarebbe attivato: «Dopo 40 anni non è facile trovare nuovi elementi e nemmeno fare le pulci alle attività svolte dagli inquirenti dell’epoca, ma non è da escludere che sarà coinvolta nuovamente la Procura». Adesso arriva l’ufficialità. Il procuratore affida la nuova inchiesta a Stefano Luciani. Una scelta quasi obbligata. È lo stesso magistrato che ha già vagliato le scoppiettanti parole di Giancarlo Capaldo, l’ultimo a indagare sulla scomparsa della ragazza. Il fascicolo è stato poi archiviato su richiesta del suo successore, Giuseppe Pignatone, che curiosamente sarà nominato presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Capaldo, all’epoca, si oppose senza successo. Ha poi raccontato, in più occasioni, di aver avuto una «trattativa» con due personaggi del Vaticano sulla «restituzione» del corpo della ragazza. E anche recentemente, ha accusato «il Vaticano di non aver mai realmente collaborato con la magistratura italiana sul caso». La ragazza, sostiene Capaldo, sarebbe entrata in «un gioco più grande di lei». Ovvero: sequestrata per un ricatto e poi riconsegnata da Renatino De Pedis, il capo della banda della Magliana, a supposti emissari dal Vaticano. E proprio al riparo delle sacre mura, insiste, ci sarebbero ancora persone che conoscono la verità. Che sui quei silenzi avrebbero fatto carriera, addirittura. L’ex magistrato è stato smentito dalla Santa Sede. Così come, sentito proprio da Luciani, dalla Procura capitolina. Ma l’indagine, adesso, sembra destinata ad ampliarsi, vagliando nuovi scenari.Il caso Orlandi è un intrigo planetario. Avvenne quarant'anni fa, mentre lei rientrava dopo le lezioni di musica. A casa: ovvero in Vaticano, dove viveva con la famiglia visto il lavoro del padre, Ercole: commesso della prefettura della casa pontificia. Quella sparizione resta l’emblema del caso irrisolto. Quarant'anni di ipotesi. All’italiana. I soliti sospetti: Stato, Vaticano, terrorismo internazionale, servizi segreti, mafia. Si ipotizzò persino un complotto interno alla Santa sede, per coprire un presunto scandalo di pedofilia.Adesso, si ricomincia. E gli investigatori promettono di condividere informazioni cruciali: documenti, audizioni, piste. Il promotore di giustizia della Santa Sede, Alessandro Diddi, nelle scorse settimane ha già sentito alcuni ecclesiastici. Oltre che Pietro Orlandi, fratello di Emanuela. Lavorava allo Ior, la banca vaticana. Recentemente, ha attaccato Giovanni Paolo II, con pesanti allusioni. Tanto da costringere papa Francesco a smentire poco diplomaticamente: «Cretinate». Rinominate, durante l’Angelus, «illazioni offensive e infondate». Proprio mentre il Pontefice annunciava al mondo le indagini su Emanuela: «Il mondo ci guarda, adesso voglio la verità». Con il procuratore vaticano, Diddi, che spiegava: «Ho ricevuto l’incarico di occuparmi del caso. Il desiderio e la volontà ferrea del Papa e del segretario di Stato sono di fare chiarezza senza riserve». Aggiungendo: «In pochi mesi sono state effettuate verifiche non espletate in quarant'anni». Oltre alla Santa Sede, Orlandi ha attaccato anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che gli avrebbe negato di commemorare il quarantennale della scomparsa: un sit-in al Campidoglio, per poi andare all’Angelus con la fotografia della sorella. «Appena è esplosa questa cosa qua» giura Pietro «hanno fatto un passo indietro». Ovvero le accuse a Wojtyla, con cui la sua famiglia aveva avuto rapporti affettuosi. Dichiarazioni che rischiano ora di rendere più tormentata pure la nascita della commissione d’inchiesta su Emanuela e Mirella Gregori, un caso da sempre collegato alla sparizione della quindicenne. Il voto a Montecitorio era stato un plebiscito: 245 sì su 245 presenti. Adesso al Senato, dopo le esternazioni del fratello di Emanuela, qualcuno comincia a eccepire. Come il morituro Terzo polo.La commissione sembra comunque destinata a vedere la luce, l’indagine vaticana prosegue, quella della Procura romana rinasce. Il finale del quarantennale giallo resta da scrivere.