
Berlusconi si convince al passo indietro, via libera a Salvini e Di Maio. Esecutivo difficile, tra due visioni molto diverse. Si tratta su garanzie, premier e ministri: anche il Quirinale vuol metterci il becco. E la durata è un rebus.Alla fine, se - come appare altamente probabile - questo governò vedrà la luce, molto si dovrà a Silvio Berlusconi il quale, ancora una volta, con una piroetta ha spiazzato tutti. Era partito diramando proclami di guerra termonucleare, l'ultimo proprio martedì sera, quando per evitare le elezioni anticipate i suoi gli tiravano la giacchetta affinché facesse un passo indietro. Alle suppliche il Cavaliere aveva replicato con un secco no, lasciando intravedere perfino la rottura dell'alleanza con la Lega. Ma poi, quando qualche consigliere gli ha spiegato che in caso di nuove votazioni Forza Italia sarebbe andata sotto il 10 per cento, ipotizzando addirittura il 7, la determinazione dell'ex presidente del Consiglio è venuta meno. I suoi parlamentari si sarebbero ridotti di almeno un terzo e la formazione delle liste, con i nuovi rapporti di forza a favore del Carroccio, si sarebbe rivelata una via crucis.A questo punto Berlusconi ha meditato il passo di lato. In fondo già la Lega, nel 2011, era rimasta fuori dalla maggioranza decidendo di votare contro il governo Monti e l'alleanza non si era rotta. Perfino con Enrico Letta era stata adottata la strategia a due punte e l'alleanza non era mai stata messa in discussione. Dunque, in questo caso si può fare il contrario: dentro la Lega, fuori Forza Italia. Il problema, semmai, è se votare contro o astenersi e su questo punto il Cavaliere si è riservato di decidere all'ultimo, perché in fondo a lui colpi di teatro piacciono. Quando, dopo essere stato espulso dal Senato, fece annunciare la sfiducia a Letta, al momento del voto si rimangiò tutto. E allo stesso modo, ai tempi della Bicamerale, dopo essere arrivato all'ultimo passo di un accordo con Massimo D'Alema per la riforma della Costituzione, rovesciò il tavolo.Insomma, come dice un amico suo, a seconda delle necessità Berlusconi si fa concavo o convesso e in questo caso ha scelto di essere concavo. Naturalmente vedremo come, se rimanendo con un piede dentro la maggioranza, cioè sostenendo l'esecutivo gialloverde di Luigi Di Maio e Matteo Salvini, o direttamente con tutti e due i piedi fuori. Conoscendolo, immaginiamo però che anche restando all'esterno si sarà assicurato di avere qualche figura di riferimento. C'è chi parla di garanzie da parte dello stesso Salvini e chi invece ipotizza qualche ministro d'area guardato con favore dalle parti di Arcore.Resta il fatto che, allo scadere del gong, il Cavaliere ha cambiato le carte in tavola. Che l'ennesima pausa di riflessione di Sergio Mattarella, prima di incaricare il «suo» presidente del Consiglio, fosse uno strumento di pressione su Berlusconi e su Matteo Renzi lo avevamo scritto a caldo, dopo il discorso di fine consultazioni del capo dello Stato. Anche agitare le elezioni a luglio era un modo per costringere chi aveva più timore delle urne a darsi una mossa. E il voto nel giro di un paio di mesi pare che abbia suscitato una fifa blu in tutti quelli che avevano qualche cosa da perdere, dentro il Pd e Forza Italia. Renzi avrebbe chiamato direttamente Salvini, spaventato all'idea di un'altra batosta. Altri si sarebbero attaccati al telefono chiamando direttamente Arcore. E così la mossa a lungo rifiutata, alla fine c'è stata. Sbaglierebbe però chi pensasse che il passo indietro del Cavaliere rappresenti un'uscita di scena. Anche quando sembra alle corde e costretto alla resa, il fondatore di Forza Italia riesce sempre a rimettersi in piedi e non è da escludere che lo faccia ancora.Ma a parte Berlusconi, questo governo come sarà? È presto per dirlo. Certo, l'accoppiata fra Di Maio e Salvini è sorprendente, ma sorprendente è stato anche il voto degli italiani, che invece dei vecchi partiti hanno premiato quelli di rottura, ovvero i soli che mostrassero di avere intenzione di smontare il sistema, al Nord come al Sud. Ci riusciranno, nonostante rappresentino istanze molto diverse? La politica economica (reddito di cittadinanza per i disoccupati, tasse ridotte per gli imprenditori) dei due partiti appare inconciliabile. E se la strategia di Lega e 5 stelle non fosse quella di conciliare i programmi, ma di smantellare un pezzo del sistema di potere, poi vorrebbe dire che dovrebbero giocarsela alle elezioni in un secondo tempo. Per capire se sarà così, basterà guardare le facce che dovranno rappresentare il nuovo governo. Più tecnici ci saranno, meno vivrà l'esecutivo, perché i politici se ne potranno lavare le mani, lasciandone la responsabilità a Mattarella. Perché questo potrebbe essere un esecutivo a tre punte: il capo dello Stato, il leader della Lega e quello dei 5 stelle. Il vecchio e il nuovo. Vedremo. A cominciare da chi sarà premier.
Ranieri Guerra (Imagoeconomica). Nel riquadro, Cristiana Salvi
Nelle carte di Zambon alla Procura gli scambi di opinioni tra i funzionari Cristiana Salvi e Ranieri Guerra: «Mitighiamo le critiche, Roma deve rifinanziare il nostro centro a Venezia e non vogliamo contrattacchi».
Un rapporto tecnico, destinato a spiegare al mondo come l’Italia aveva reagito alla pandemia da Covid 19, si è trasformato in un dossier da riscrivere per «mitigare le parti più problematiche». Le correzioni da apportare misurano la distanza tra ciò che l’Organizzazione mondiale della sanità dovrebbe essere e ciò che era diventata: un organismo che, di fronte a una crisi globale, ha scelto la prudenza diplomatica invece della verità. A leggere i documenti depositati alla Procura di Bergamo da Francesco Zambon, funzionario senior per le emergenze sanitarie dell’Ufficio regionale per l’Europa dell’Oms, il confine tra verità scientifica e volontà politica è stato superato.
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L’annuncio per un’abitazione a Roma. La padrona di casa: «Non dovete polemizzare».
La teoria di origine statunitense della «discriminazione positiva» ha almeno questo di buono: è chiara e limpida nei suoi intenti non egualitari, un po’ come le quote rosa o il bagno (solo) per trans. Ma se non si fa attenzione, ci vuole un attimo affinché la presunta e buonista «inclusione» si trasformi in una clava che esclude e mortifica qualcuno di «meno gradito».
Su Facebook, la piattaforma di Mark Zuckerberg che ha fatto dell’inclusività uno dei principali «valori della community», è appena apparso un post che rappresenta al meglio l’ipocrisia in salsa arcobaleno.
In Svizzera vengono tolti i «pissoir». L’obiettivo dei progressisti è quello di creare dei bagni gender free nelle scuole pubbliche. Nella provincia autonoma di Bolzano, pubblicato un vademecum inclusivo: non si potrà più dire cuoco, ma solamente chef.
La mozione non poteva che arrivare dai Verdi, sempre meno occupati a difendere l’ambiente (e quest’ultimo ringrazia) e sempre più impegnati in battaglie superflue. Sono stati loro a proporre al comune svizzero di Burgdorf, nel Canton Berna, di eliminare gli orinatoi dalle scuole. Per questioni igieniche, ovviamente, anche se i bidelli hanno spiegato che questo tipo di servizi richiede minor manutenzione e lavoro di pulizia. Ma anche perché giudicati troppo «maschilisti». Quella porcellana appesa al muro, con quei ragazzi a gambe aperte per i propri bisogni, faceva davvero rabbrividire la sinistra svizzera. Secondo la rappresentante dei Verdi, Vicky Müller, i bagni senza orinatoi sarebbero più puliti, anche se un’indagine (sì il Comune svizzero ha fatto anche questo) diceva il contrario.
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L’episodio è avvenuto a Lucca: la donna alla guida del bus è stata malmenata da baby ubriachi: «Temo la vendetta di quelle belve».
Città sempre più in balia delle bande di stranieri. È la cronaca delle ultime ore a confermare quello che ormai è sotto gli occhi di tutti: non sono solamente le grandi metropoli a dover fare i conti con l’ondata di insicurezza provocata da maranza e soci. Il terrore causato dalle bande di giovanissimi delinquenti di origine straniera ormai è di casa anche nei centri medio-piccoli.
Quanto accaduto a Lucca ne è un esempio: due minorenni di origine straniera hanno aggredito la conducente di un autobus di linea di Autolinee toscane. I due malviventi sono sì naturalizzati italiani ma in passato erano già diventati tristemente noti per essere stati fermati come autori di un accoltellamento sempre nella città toscana. Mica male come spottone per la politica di accoglienza sfrenata propagandata a destra e a manca da certa sinistra.






