2025-05-16
La Nato si trumpizza. Zelensky non invitato al prossimo vertice dell’Alleanza atlantica
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Summit ad Antalya, Marco Rubio: «Serve più spesa dai nostri partner». Antonio Tajani: «Roma fa la sua parte, sicurezza sono pure gli ospedali».Inizia a farsi sentire l’impronta di Donald Trump sulla Nato. Ieri, si è tenuto ad Antalya, in Turchia, il summit dei ministri degli Esteri dell’Alleanza atlantica. Al centro delle discussioni, ci sono stati vari dossier: dall’aumento delle spese a favore dell’Alleanza stessa all’elaborazione di una più efficace strategia di deterrenza, passando per la crisi ucraina. Tutto questo, senza dimenticare l’organizzazione del vertice Nato di giugno, che si terrà all’Aia: un vertice a cui, secondo fonti ascoltate dall’Ansa e da Euractiv, gli Stati Uniti non avrebbero intenzione di invitare il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Al momento, sarebbero stati infatti invitati soltanto i partner asiatici: Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda.Ricordiamo che Zelensky ha partecipato a tutti e tre gli ultimi vertici annuali della Nato. Evidentemente Trump teme ulteriori attriti con la Russia. Più in generale, non è un mistero che la sua amministrazione sia contraria a un’adesione dell’Ucraina all’Alleanza atlantica. Va comunque anche rammentato che Zelensky, a dicembre 2024, aveva chiesto all’amministrazione Biden di adoperarsi per convincere gli alleati a inoltrare un invito formale d’ingresso a Kiev: un invito che, alla fine, non si è però concretizzato. Anzi, sul finire di ottobre dell’anno scorso, Politico riferì che sia Washington che Berlino stavano «rallentando la richiesta di Zelensky per un invito immediato ad aderire alla Nato».Ma l’impronta di Trump non è emersa solo sulla questione dell’invito al leader ucraino. Si è notata, durante il vertice di ieri, anche sul tema dell’aumento delle spese a favore dell’Alleanza. Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha infatti sottolineato che l’attuale obiettivo del 2% del Pil «non è affatto sufficiente». «Avremo bisogno di maggiori investimenti nei nostri requisiti militari fondamentali, nonché di ulteriori investimenti più ampi in ambito di difesa, tra cui infrastrutture e resilienza», ha proseguito, per poi aggiungere: «Dobbiamo assicurarci di investire abbastanza denaro in tutta la Nato per garantire la nostra sicurezza». Su una linea similare si è collocato il segretario di Stato americano, Marco Rubio. «Lo scopo della Nato», ha detto, «è prevenire le guerre ed è per questo che vogliamo vedere una crescita più forte, livelli di spesa tra tutti i partner».«L’Italia ha raggiunto il 2% del Pil per la spesa in difesa e sicurezza», ha dichiarato, dal canto suo, il titolare della Farnesina, Antonio Tajani. «L’Italia vorrà fare la sua parte perché siamo convinti che sia nostro dovere garantire la sicurezza. Ma anche le infrastrutture cibernetiche, portuali, aeroportuali, ferroviarie e autostradali servono per garantire la sicurezza», ha poi affermato. «Ma sicurezza significa anche la presenza territoriale delle forze dell’ordine, perché se c’è un attacco terroristico chi se ne occupa?», ha proseguito. «Poi siamo parte di un’alleanza politica, che è la Nato. E abbiamo il dovere anche di rinforzare il secondo pilastro che è quello europeo», ha continuato. «Quindi quando si parla di sicurezza e di difesa bisogna avere una visione completa, serena e non un pregiudizio. Come se chi parla di sicurezza e difesa fosse un guerrafondaio: io sono figlio di militare e se c’è qualcuno che non vuol fare la guerra sono i militari». Ora, è senz’altro vero che Trump auspica oggi una spesa superiore al 2% del Pil. Ma è altrettanto vero che l’attuale governo italiano ha intanto raggiunto un traguardo che, dal punto di vista politico, rappresenta un fattore essenziale per mantenere un rapporto solido con la Casa Bianca.Reuters ha inoltre riferito che Germania e Regno Unito intendono sviluppare congiuntamente una nuova arma di «attacco di precisione profonda» con una gittata di oltre 2.000 chilometri.A riecheggiare al vertice di ieri sono infine stati gli auspici, più volte espressi da Trump, per una soluzione diplomatica alla crisi ucraina. Rubio ha dichiarato che la guerra «finirà non con una soluzione militare, ma diplomatica». «Continuo a nutrire un cauto ottimismo sul fatto che, se anche i russi saranno disposti a collaborare, e non solo gli ucraini a farlo... potremmo arrivare a qualche svolta nelle prossime due settimane» ha aggiunto Rutte. Il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, ha chiesto, dal canto suo, che Ucraina e Russia «scendano a compromessi». «Oggi, il presidente ucraino Zelensky è ad Ankara per colloqui con il nostro presidente Recep Tayyip Erdogan. Una delegazione tecnica russa è a Istanbul. Anche il segretario di Stato americano Rubio è con noi qui ad Antalya. Queste visite da sole dimostrano che finalmente sta emergendo la volontà necessaria per la pace», ha proseguito.Grazie anche a una distensione con l’Arabia Saudita, la Turchia sta acquisendo un ruolo centrale nel difficoltoso processo diplomatico ucraino. Ricordiamo d’altronde che fu Ankara, nel 2022, a mediare l’accordo sul grano tra Kiev e Mosca. Trump ha inoltre recentemente teso una mano a Erdogan, annunciando la revoca delle sanzioni all’attuale governo di Damasco, che è notoriamente spalleggiato da Ankara. Una mossa con cui il presidente americano punta (anche) a mettere sotto pressione il Cremlino, visto che, a seguito della caduta di Bashar al Assad, Mosca ha perso significativamente influenza in Siria. L’approccio di Trump è, quindi, articolato. Da una parte, va incontro a Putin, escludendo l’ingresso di Kiev nella Nato; dall’altra, irritato per il suo tergiversare sulla questione ucraina, ha inferto allo zar un duro colpo in Siria. Checché se ne dica, per il leader Usa la diplomazia non coincide con l’appeasement.