2020-07-15
La «moréta» liberata dai bianchi ora è santa
Rapita da bambina in Sudan dai mercanti arabi, Bakhita fu riscattata dai missionari e portata nel nostro Paese, dove si convertì e prese i voti. Canonizzata nel 2000, la sua vicenda ribalta tutti i cliché propagandati dai Black lives matter dopo il caso Floyd.L'antirazzismo estremista di oggi, che ha ripreso vigore grazie al caso Floyd e al movimento Blm, si nutre di stereotipi, di leggende nere e di una ricostruzione storica tendenziosa e manichea. Per nostra fortuna esistono storici seri (di qualunque razza e religione) che cercano di mostrare come davvero historia magistra vitae. Anche perché non esistono popoli del tutto innocenti e popoli solo colpevoli. In Francia, lo storico africano e africanista Ernest Tigori, premio Mandela nel 2017, da anni cerca di ribadire un concetto. La schiavitù e la vendita (infame) di essere umani è sempre esistita in Africa, anche prima della colonizzazione europea. Ma più ancora di libri e trattati sono le vite umane pienamente vissute a rimuovere i pregiudizi degli uni e degli altri. Specie quelli indotti ad arte da alcuni, in ragione di interessi politici.Esattamente 20 anni fa, durante il Giubileo del 2000, il grande Giovanni Paolo II canonizzò suor Giuseppina Bakhita, una figura davvero fuori dal comune, che ancora ci parla. E che può aiutarci a vincere i pregiudizi, oggi più diffusi e propagandati di ieri. Si trattava di una piccola religiosa di origine africana, che conobbe sulla sua pelle la schiavitù, la tratta, la compravendita sui mercati d'Africa e d'Arabia, proprio come si fa con gli oggetti o con gli animali. Ma che infine fu liberata da uomini bianchi cristiani ed europei: il massimo della negatività secondo gli stereotipi dei Blm.Nata nel 1869 a Olgossa nella regione del Darfur (Sudan), fu rapita ancora bambina nel 1876 da mercanti arabi, trafficanti di schiavi. Per ironia della sorte furono loro a imporle il nome di Bakhita, cioè «fortunata»! Ma come dirà Giovanni Paolo II, diverrà fortunata, «grazie al Dio di ogni consolazione, che sempre la teneva per mano e le camminava accanto». Dopo traversie varie, umiliazioni e torture - dolorosi tatuaggi sul petto e una quotidiana fustigazione - fu letteralmente acquistata a Khartoum dall'agente consolare italiano Callisto Legnani nel 1882. Il quale, da tempo in contatto con il missionario veneto san Daniele Comboni, aveva già comprato e liberato giovani schiavi africani. Bakhita quindi fu trasferita in Italia e accolta a Venezia da Augusto Michieli, amico del Legnani. Il Michieli e la moglie presero Bakhita presso di loro, come baby sitter permanente della figlia. Ma lei stessa fu trattata in Veneto come una figlia. Si innamorò così dell'Italia e della religione della sua patria di adozione: il cristianesimo. Nel 1890 ricevette il battesimo, la comunione e la cresima. E non da un prete qualunque, ma dall'allora patriarca di Venezia, il cardinale Domenico Agostini. Per la Chiesa infatti siamo per natura tutti uguali e il battesimo di un re non vale più del battesimo di uno schiavo. Nel 1893 Bakhita decise di entrare tra le suore canossiane e nel 1896 prese i voti religiosi. Le Figlie della Carità, dette canossiane, furono fondate dall'aristocratica veronese Maddalena di Canossa (1774-1835). A partire dal 1902 e fino alla morte, nel 1947, suor Bakhita visse nel convento di Schio, presso Vicenza, occupandosi della sagrestia e della portineria. Trascorse quei lunghi anni come un'umilissima e perfetta religiosa, aiutando le consorelle e spendendosi per i poveri che bussavano al convento, specie nei periodi non facili della prima (1914-18) e della seconda guerra mondiale (1939-45). Dai molti frequentatori del luogo fu ribattezzata «madre moréta» e fu amatissima dai veneti di cui apprese alla perfezione il dialetto, che parlava meglio dell'italiano. Diceva per celia: «Tuti i vołe védarme: son propio na bestia rara!» (Tutti vogliono vedermi: sono proprio una bestia rara!).Tanta era la sua popolarità, che fu intervistata da alcune consorelle per avere informazioni accurate sulla sua vita d'eccezione. Prima da suor Teresa Fabris nel 1910 e poi da suor Mariannina Turco nel 1929. Nel 1931, dopo il Concordato tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano, la scrittrice Ida Zanolini, dopo intensi colloqui con lei, pubblicò un libretto con la sua biografia intitolato Storia Meravigliosa. Il libro fu un piccolo best seller al tempo. Tradotto in varie lingue, venne ripubblicato molte volte, ancora nel 2000 dalla Libreria Editrice Vaticana, in occasione della canonizzazione della Moréta. Ma la piccola sudanese come passò i lunghi anni del fascismo e della «difesa della razza», fu discriminata o considerata alla stregua della bella abissina della celeberrima canzone? Le biografie ricordano un solo significativo episodio: «L'11 dicembre 1936, Bakhita, con un gruppo di missionarie in partenza per Addis Abeba, venne ricevuta da Benito Mussolini in Palazzo Venezia a Roma» (Wikipedia).Gli ultimi anni fu afflitta da numerose infermità e rese la sua bella anima a Dio il giorno 8 di febbraio del 1947. La causa di canonizzazione fu aperta nel 1959, con il placet di Giovanni XXIII. Giovanni Paolo II la beatificò nel 1992 (assieme al fondatore dell'Opus dei). Nel 1993, durante un viaggio pastorale a Kartoum, la propose come patrona dei cittadini del Sudan e nel 2000 la iscrisse definitivamente nell'albo dei santi, indicandola come modello di tutti i cristiani. Ricchi e poveri, nobili e schiavi, europei e africani: tutti senza eccezione.Santa Bakhita, disse il pontefice nell'omelia della canonizzazione, comprese «che Dio, e non l'uomo, è il vero padrone di ogni essere umano, di ogni vita umana. Questa esperienza divenne fonte di grande saggezza per questa umile figlia d'Africa». Proprio in lei, che conobbe la schiavitù dei negrieri e che fu liberata da uomini giusti d'Occidente, «troviamo un'avvocata luminosa di emancipazione autentica». Un'emancipazione di segno diverso rispetto a coloro che vorrebbero riscrivere la storia, acuire le tensioni tra nazioni ed etnie, e impedire così qualunque sviluppo della fratellanza e della pace tra i popoli.
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