
Mbda, il principale consorzio europeo di tecnologie per la difesa, ha un portafoglio record da 17,4 miliardi. Ma potrebbe pesare il veto tedesco all'esportazione in Arabia.L'azienda europea ai primi posti nel mondo per la produzione di missili e sistemi d'armi ha chiuso il 2018 confermando un trend di crescita ininterrotta che dura da oltre sei anni. Mbda, partecipata da Francia, Italia (Leonardo), Gran Bretagna e Germania, ha raggiunto 4 miliardi di ordini che hanno portato il portafoglio complessivo un totale di 17,4 miliardi. Solo nel 2014 il valore era intorno ai 12. Anche i ricavi sono risultati leggermente superiori rispetto all'anno precedente, attestandosi a quota 3,2 miliardi. Mentre la quota di export fuori dall'Europa è arrivata a valere circa 1,5 miliardi di euro.L'eccellente performance sui mercati nazionali ha visto gli ordini domestici salire a di 2,5 miliardi di euro e superare quelli provenienti dai mercati export, pari a 1,5 miliardi di euro. «Gli ottimi risultati finanziari a livello globale», ha detto l'amministratore delegato del gruppo, Antoine Bouvier, «e i successi sui nostri mercati domestici rispecchiano la continua importanza strategica che il settore missilistico ricopre nei Paesi europei. Questo risultato può essere conseguito soltanto con la giusta combinazione di programmi nazionali e programmi di cooperazione tra i diversi Paesi, senza i quali l'Europa non avrebbe la massa critica e le competenze tecnologiche e industriali per sviluppare autonomamente quanto necessario ad assicurare le performance operative delle nostre forze armate».Tra gli ordini domestici del 2018 c'è un contratto con la Dga francese per lo sviluppo del missile aria-aria Mica di nuova generazione, il rinnovo del supporto per il missile Aster in servizio in Francia, Italia e Regno Unito, l'aggiornamento e la manutenzione del Taurus in Spagna. Il parallelismo tra ordini e ritorni ha anche prodotto un effetto sulle assunzioni: 1.200 nuovi dipendenti in tutta Europa nel corso del 2018, e la previsione di ulteriori 1.000 nel corso di quest'anno. Mbda Italia anche investito acquistando dal gruppo il sito di Fusaro che si candida a essere punto di riferimento per i numerosi progetti congiunti. «La promozione di programmi nazionali e di cooperazione internazionale è fondamentale per l'efficienza economica», ha dichiarato il direttore finanziario di Mbda Italia, Claudio Palomby. «Abbiamo chiuso il 2018 con una cifra record di 17,4 miliardi di euro: si tratta di una copertura fondamentale per i nostri piani a medio termine, che ci rende confidenti nel proseguire una serie di programmi d'investimento infrastrutturali, tecnologici e di sviluppo del prodotto», ha concluso Palomby, ribadendo la determinazione del gruppo ad investire maggiormente sul capitale umano in tutte le aziende del gruppo. Per quanto riguarda l'Italia, resta in sospeso l'acquisizione da parte delle forze armate del sistema Camm R. Una scelta fondamentale come è stato ribadito in parlamento dai vertici delle stellette, senza la quale l'Italia l'anno prossimo rimarrebbe senza difesa aerea di medio raggio. Un evento mai accaduto prima e che non accadrebbe ad alcuna nazione occidentale. «Da parte nostra», ha tenuto a precisare il managing director di Mbda Italia, Pasquale Di Bartolomeo, «abbiamo portato avanti tutti gli step necessari per essere immediatamente pronti al contratto e al lavoro successivo. Così come nel frattempo dialoghiamo per comprendere le necessità future missilistiche del caccia F 35».In mezzo a numeri così positivi anche per i ritorni del nostro Paese, c'è un neo che si chiama Germania. Berlino, su input di Angela Merkel, ha messo il veto all'esportazione di prodotti verso l'Arabia Saudita. Un veto che blocca anche gli altri partner europei e che ha natura prettamente politica. Come tutti sanno Riad è tra i maggiori acquirenti di sistemi d'arma e una tale scelta non può essere imposta da una sola nazione e un solo partner del grande consorzio missilistico. I vertici dell'azienda si dicono fiduciosi che nel medio periodo il bando possa risolversi positivamente. Altrimenti sarebbe un modello di parternship europea troppo sbilanciato a Nord come succede da troppo tempo e su altre tematiche.
Il Tempio di Esculapio, all’interno del parco di Villa Borghese (IStock)
La capitale in versione insolita: in giro dal ghetto ebraico a Villa Borghese, tra tramonti, osterie e nuovi indirizzi.
John Lennon e la cover del libro di Daniel Rachel (Getty Images)
Un saggio riscrive la storia della musica: Lennon si ritraeva come il Führer e Clapton amava il superconservatore Powell.
L’ultimo è stato Fedez: dichiarando di preferire Mario Adinolfi ad Alessandro Zan e scaricando il mondo progressista che ne aveva fatto un opinion leader laburista, il rapper milanese ha dimostrato per l’ennesima volta quanto sia avventata la fiducia politica riposta in un artista. Una considerazione che vale anche retrospettivamente. Certo, la narrazione sul rock come palestra delle lotte per i diritti è consolidata. Non di meno, nasconde zone d’ombra interessanti.
Gianrico Carofiglio (Ansa)
Magistrato, politico in quota Pd per un breve periodo e romanziere. Si fa predicatore del «potere della gentilezza» a colpi di karate. Dai banchi del liceo insieme con Michele Emiliano, l’ex pm barese si è intrufolato nella cricca degli intellò scopiazzando Sciascia.
(IStock)
Pure la Francia fustiga l’ostinazione green di Bruxelles: il ministro Barbut, al Consiglio europeo sull’ambiente, ha detto che il taglio delle emissioni in Ue «non porta nulla». In Uk sono alle prese con le ambulanze «alla spina»: costate un salasso, sono inefficienti.
Con la Cop 30 in partenza domani in Brasile, pare che alcuni Paesi europei si stiano svegliando dall’illusione green, realizzando che l’ambizioso taglio delle emissioni in Europa non avrà alcun impatto rilevante sullo stato di salute del pianeta visto che il resto del mondo continua a inquinare. Ciò emerge dalle oltre 24 ore di trattative a Bruxelles per accordarsi sui target dell’Ue per il clima, con alcune dichiarazioni che parlano chiaro.






