Secondo un giudice dell'Oklahoma, Johnson & Johnson ha alimentato la dipendenza dagli oppioidi che ha provocato un'epidemia di morti. E ci sono altri 2.000 casi simili ancora aperti nelle corti Usa.
Secondo un giudice dell'Oklahoma, Johnson & Johnson ha alimentato la dipendenza dagli oppioidi che ha provocato un'epidemia di morti. E ci sono altri 2.000 casi simili ancora aperti nelle corti Usa.Che il Farmagate abbia inizio. Quello pronunciato lunedì da Thad Balkman, giudice del Tribunale statale dell'Oklahoma, è un verdetto destinato a rimanere nella storia: la casa farmaceutica Johnson & Johnson è stata condannata a pagare una multa da 572 milioni di dollari (circa 515 milioni di euro) per aver contribuito ad alimentare l'epidemia di oppioidi. Secondo il giudice Balkman «l'aumento della dipendenza da oppiacei e delle morti per overdose in seguito al parallelo aumento delle vendite di oppiacei in Oklahoma non è stata una coincidenza». Come previsto, l'azienda ha già annunciato di voler ricorrere in appello contro la decisione. Ma trattandosi della prima volta che un caso del genere passa per le aule di tribunale, ora ci si aspetta che la sentenza faccia letteratura. Ragion per cui i giganti di Big Pharma (con i suoi 40,7 miliardi di dollari di fatturato annui, J&J è al terzo posto mondiale dietro Pfizer e Roche) iniziano a tremare. Sono infatti ben 2.000 i casi simili pendenti nei vari livelli di giudizio delle Corti americane. Per anni in Oklahoma i decessi causati da overdose di oppioidi hanno superato la media nazionale, toccando un picco di 15,5 ogni 100.000 abitanti nel 2009. Secondo i dati ufficiali, circa 6.100 persone sono morte per abuso di queste sostanze dal 2000 a oggi. Dal 1994 al 2006 le vendite di oppioidi hanno registrato un incremento di quattro volte, mentre durante il solo 2015 nello Stato sono state vendute 326 milioni di pasticche (circa 110 pro capite per ciascun adulto). Per questo motivo, da circa due anni le istituzioni locali hanno dichiarato guerra all'epidemia, decidendo di chiamare in giudizio i principali produttori di farmaci di questa categoria. Ma l'ondata di cause riguarda praticamente tutto il territorio nazionale: sono ben 48, infatti, gli Stati che a oggi hanno denunciato Purdue Pharma, l'azienda che per prima ha immesso sul mercato il famigerato Oxycontin. La battaglia intrapresa sta iniziando a dare i primi risultati. Negli ultimi anni il tasso di mortalità è calato sensibilmente, arrivando a 10,2 morti ogni 100.000 abitanti, uno dei più bassi tra gli Stati per i quali sono disponibili i dati. Ma gli enormi sforzi giudiziari, unitamente a quelli divulgativi per sensibilizzare la popolazione sugli effetti nocivi della dipendenza agli oppioidi, hanno un costo altissimo. L'Oklahoma, per esempio, ha valutato che l'impatto finanziario di questa crisi impatti per una cifra che oscilla tra i 12,5 e 17,5 miliardi di dollari. Per questo motivo, gli Stati stanno chiedendo risarcimenti da capogiro allo scopo di finanziare questi ingenti piani sanitari. Fino a oggi, le case farmaceutiche hanno preferito raggiungere un accordo transattivo prima ancora di andare alla sbarra. Lo scorso marzo, sempre in Oklahoma, Purdue Pharma ha accettato di versare 270 milioni per i danni causati dall'epidemia. Parte della cifra è andata a coprire le spese per un centro per il trattamento delle dipendenze gestito dall'università statale (102,5 milioni) e l'acquisto di farmaci (12,5 milioni), oltre a 12,5 milioni erogati direttamente agli enti locali. Stesso discorso per Teva, che a maggio ha staccato nei confronti dello Stato americano un assegno da 85 milioni di dollari. In entrambi i casi, i legali delle due aziende hanno preferito giungere subito a un'intesa, evitando così una lunga e sanguinosa (dal punto di vista finanziario) battaglia legale.Non è stato così per Johnson & Johnson. L'alfiere della lotta agli oppioidi in Oklahoma, il procuratore generale Mike Hunter, non solo ha accusato la casa farmaceutica di aver attutato una strategia commerciale particolarmente aggressiva al fine di massimizzare i profitti, ma anche per i finanziamenti al Pain care forum (un potentissimo ma poco conosciuto gruppo di advocacy a favore degli oppioidi) e per la decisione di «puntare» anziani e bambini quali oggetto di prescrizioni facili di antidolorifici. Lo scorso febbraio Hunter ha chiesto di rendere pubblici milioni documenti confidenziali che J&J ha depositato durante la fase iniziale del caso, ritenendo che la loro diffusione fosse nell'interesse pubblico. Da subito, la posizione dell'azienda si è rivelata molto rigida, e i portavoce si sono arroccati sulle loro posizioni, dichiarando di «aver rispettato tutte le leggi e i regolamenti». Sebbene la richiesta di risarcimento iniziale fosse di 17 miliardi, oggi Hunter non definisce senza esitazioni la sentenza «una grande vittoria per l'Oklahoma, per l'intera nazione e per chiunque abbia perso uno dei propri cari».Paradossalmente, accettando di pagare dazio, Purdue e Teva si sono rivelate più furbe. Ora infatti ci si aspetta che i procuratori generali dei vari Stati, sapendo di avere la giurisprudenza dalla propria parte, alzino la posta chiedendo rimborsi sempre più alti. La prossima partita si giocherà a Cleveland (Ohio), dove a ottobre è atteso un altro maxiprocesso. Potenzialmente il rischio è quello di un catastrofico effetto valanga in grado di cambiare per sempre il volto dell'industria farmaceutica.
Friedrich Merz (Ansa)
Rheinmetall, big dei veicoli da guerra, acquista la tedesca Nvl e si allarga sulla marina. Se però Fincantieri punta i sottomarini di ThyssenKrupp, il governo si mette di traverso.
Ansa
Leone XIV torna a invocare il cessate il fuoco nella Striscia e il rilascio dei rapiti: «Dio ha comandato di non uccidere». L’Ue annuncia sanzioni contro Israele, ma per i provvedimenti più severi servirà l’ok del Consiglio. Decisive Germania e Italia.
(IStock)
Prima di rimettere in circolazione il maliano di San Zenone, la giudice progressista «graziò» un altro straniero che abusava della moglie. Dopo 40 giorni fece retromarcia.