
Sbloccati i «tesoretti» degli enti locali: nei primi due mesi 2019 spesi 324 milioni in più. A fine anno saranno circa 15 miliardi.L'economia italiana prova a rialzare la testa premendo l'acceleratore sugli investimenti pubblici degli enti locali e così facendo infrange uno dei più grossi tabù ereditati dalle politiche di austerità attuate dai precedenti governi. Un focus pubblicato dall'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) certifica che grazie alle nuove regole introdotte dalla legge di Bilancio 2019, infatti, le amministrazioni locali potranno spendere ben 15 miliardi in più.Lo sblocco di questo tesoretto è stato reso possibile grazie all'allentamento da parte del governo dei vincoli sul pareggio di bilancio, che di fatto spalanca per questi enti la possibilità di utilizzare gli avanzi di amministrazione e le risorse rivenienti dal debito. Sono soldi in più che fino all'altro giorno erano fisicamente presenti in cassa ma che non potevano essere spesi per colpa delle norme restrittive sulla finanza locale. Un capestro che costringeva gli amministratori con le mani legate, rendendoli incapaci di creare sul territorio opportunità di ricchezza e occupazione. Nel documento, l'Upb quantifica gli importi spendibili regione per regione.Scorrendo lo stivale, si scopre che la liquidità è concentrata al Nord (7,75 miliardi), seguito dal Centro (2,87), dal Sud (2,64) e dalle Isole (1,85). La classifica per Regioni vede in testa la Lombardia (2,88 miliardi), e a seguire Lazio (1,88) e Sardegna (1,57). Prendendo in considerazione la tipologia di amministrazione, i Comuni la fanno da padrona (76% dell'avanzo spendibile complessivo), mentre molto più indietro risultano Province e aree metropolitane (16%) e Regioni a statuto speciale e Province autonome (8%).Tutto ha inizio quando, a marzo del 2012, l'esecutivo guidato da Mario Monti firma il famigerato fiscal compact il quale prevede, tra le altre cose, l'adozione dell'obbligo del pareggio di bilancio. Dopo aver introdotto questo principio nella nostra Costituzione, a dicembre dello stesso anno viene approvata una legge (243/2012) che costringe anche le amministrazioni pubbliche a perseguire il rigore nei conti. La nuova norma però non elimina quella già esistente (decreto legislativo 118/2011), meno stringente di quella mutuata dagli obblighi europei, e si viene così a creare quello che in gergo si chiama «doppio binario». Un quadro normativo che lo stesso Upb definisce «complesso in sede applicativa» e colpevole di «comprimere la capacità di spesa» degli enti locali. Per ben due volte la Corte costituzionale si è pronunciata contro la legge introdotta dal governo Monti e, finalmente, lo scorso ottobre una circolare della Ragioneria generale liberalizza pienamente per il 2018 l'uso degli avanzi e del debito. La ciliegina sulla torta arriva per l'appunto con la legge di Bilancio, la quale sancisce una volta per tutte che l'unico riferimento normativo per l'equilibrio dei conti è la norma del 2011. Dopo anni nei quali l'assurdità dei vincoli europei ha avuto la meglio sul buonsenso della necessità di attuare investimenti pubblici, il settore inizia a respirare e i primi risultati sono sotto gli occhi di tutti. Lo dimostrano i dati sfornati dalla piattaforma Siope (il sistema del Mef che misura gli incassi e i pagamenti degli enti statali): da ottobre 2018 a febbraio 2019, i pagamenti mostrano già un incremento del 17,8% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Ancora più marcato l'aumento se consideriamo l'inizio dell'anno. Un'elaborazione pubblicata qualche settimana fa dal Sole 24 Ore, basata sempre sui dati Siope, evidenzia come nei primi due mesi del 2019 la somma degli investimenti messi in campo da regioni e comuni abbia raggiunto la ragguardevole cifra di 1,5 miliardi di euro, registrando un incremento di ben 324 milioni (pari a +27,5%) rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Notevole il balzo in avanti in termini percentuali da parte delle Regioni, passate dai 106 milioni del 2018 ai 196 milioni del 2019 (+84,9%), mentre i Comuni hanno contribuito facendo segnare l'incremento più sensibile dal punto di vista dei volumi: 234 milioni in più pari al +21,8% sull'anno precedente. Sommando enti locali (Regioni, Province e Comuni), sanità e Stato, il totale degli investimenti nel primo bimestre ha sfiorato i 2 miliardi di euro (1.924 milioni contro i 1.661 del 2018, che si traduce con un +15,8%).Gli effetti dell'allentamento dei vincoli si dispiegheranno già nel 2019, contribuendo con tutta probabilità alla fine della recessione profetizzata l'altro giorno da Banca d'Italia. Tra i segnali confortanti dell'ultimo periodo, l'aumento della produzione industriale (+0,8% a febbraio, +0,9% su base annua) e il balzo nella produzione nelle costruzioni (+3,4% a febbraio, +7,8% rispetto all'anno scorso). La ripartenza degli investimenti pubblici, inutile dirlo, è di fondamentale importanza per la ripresa della nostra economia. E magari potrà servire per mettere la freccia e superare l'ormai arrugginita Germania.
John Grisham (Ansa)
John Grisham, come sempre, tiene incollati alle pagine. Il protagonista del suo nuovo romanzo, un avvocato di provincia, ha tra le mani il caso più grosso della sua vita. Che, però, lo trascinerà sul banco degli imputati.
Fernando Napolitano, amministratore delegato di Irg
Alla conferenza internazionale, economisti e manager da tutto il mondo hanno discusso gli equilibri tra Europa e Stati Uniti. Lo studio rivela un deficit globale di forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero, elementi chiave che costituiscono il dialogo tra imprese e decisori pubblici.
Stamani, presso l’università Bocconi di Milano, si è svolta la conferenza internazionale Influence, Relevance & Growth 2025, che ha riunito economisti, manager, analisti e rappresentanti istituzionali da tutto il mondo per discutere i nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Geopolitica, energia, mercati finanziari e sicurezza sono stati i temi al centro di un dibattito che riflette la crescente complessità degli scenari globali e la difficoltà delle imprese nel far sentire la propria voce nei processi decisionali pubblici.
Particolarmente attesa la presentazione del Global 200 Irg, la prima ricerca che misura in modo sistematico la capacità delle imprese di trasferire conoscenza tecnica e industriale ai legislatori e agli stakeholder, contribuendo così a politiche più efficaci e fondate su dati concreti. Lo studio, basato sull’analisi di oltre due milioni di documenti pubblici elaborati con algoritmi di Intelligenza artificiale tra gennaio e settembre 2025, ha restituito un quadro rilevante: solo il 2% delle aziende globali supera la soglia minima di «fitness di influenza», fissata a 20 punti su una scala da 0 a 30. La media mondiale si ferma a 13,6, segno di un deficit strutturale soprattutto in tre dimensioni chiave (forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero) che determinano la capacità reale di incidere sul contesto regolatorio e anticipare i rischi geopolitici.
Dai lavori è emerso come la crisi di influenza non riguardi soltanto le singole imprese, ma l’intero ecosistema economico e politico. Un tema tanto più urgente in una fase segnata da tensioni commerciali, transizioni energetiche accelerate e carenze di competenze nel policy making.
Tra gli interventi più significativi, quello di Ken Hersh, presidente del George W. Bush Presidential Center, che ha analizzato i limiti strutturali delle energie rinnovabili e le prospettive della transizione energetica. Sir William Browder, fondatore di Hermitage Capital, ha messo in guardia sui nuovi rischi della guerra economica tra Occidente e Russia, mentre William E. Mayer, chairman emerito dell’Aspen Institute, ha illustrato le ricadute della geopolitica sui mercati finanziari. Dal fronte italiano, Alessandro Varaldo ha sottolineato che, dati alla mano, non ci sono bolle all’orizzonte e l’Europa ha tutti gli ingredienti a patto che si cominci un processo per convincere i risparmiatori a investire nelle economia reale. Davide Serra ha analizzato la realtà Usa e come Donald Trump abbia contribuito a risvegliarla dal suo torpore. Il dollaro è molto probabilmente ancora sopravvalutato. Thomas G.J. Tugendhat, già ministro britannico per la Sicurezza, ha offerto infine una prospettiva preziosa sul futuro della cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea.
Un messaggio trasversale ha attraversato tutti gli interventi: l’influenza non si costruisce in un solo ambito, ma nasce dall’integrazione tra governance, innovazione, responsabilità sociale e capacità di comunicazione. Migliorare un singolo aspetto non basta. La ricerca mostra una correlazione forte tra innovazione e leadership di pensiero, così come tra responsabilità sociale e cittadinanza globale: competenze che, insieme, definiscono la solidità e la credibilità di un’impresa nel lungo periodo.
Per Stefano Caselli, rettore della Bocconi, la sfida formativa è proprio questa: «Creare leader capaci di tradurre la competenza tecnica in strumenti utili per chi governa».
«L’Irg non è un nuovo indice di reputazione, ma un sistema operativo che consente alle imprese di aumentare la protezione del valore dell’azionista e degli stakeholder», afferma Fernando Napolitano, ad di Irg. «Oggi le imprese operano in contesti dove i legislatori non hanno più la competenza tecnica necessaria a comprendere la complessità delle industrie e dei mercati. Serve un trasferimento strutturato di conoscenza per evitare policy inefficaci che distruggono valore».
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