2018-12-16
La lobby arcobaleno vuole prendersi persino Santa Claus
A Milano, le associazioni Lgbt sfruttano anche le festività per fare la solita propaganda alle loro battaglie ideologiche. La comunità omosessuale sta «brandizzando» tutto: è dallo scorso Natale che circolano presepi con i due San Giuseppe vestiti di rosa e ora, addirittura, Babbo Natale diventa «speciale». A pochi mesi dal gay pride di Milano, la comunità omosessuale ha cercato di proiettare sulle festività natalizie i colori dell'arcobaleno. Il sito Gay.it aveva annunciato il Natale Lgbt meneghino con grande enfasi. Addirittura, erano tre i punti d'incontro previsti per lo svolgimento della manifestazione, tutti nel quartiere Lgbt milanese, la zona di Porta Venezia: largo Bellintani, piazzale Lavater e il bar Pop di via Tadino. Alla fine, forse complici i lavori in corso, in Piazzale Lavater, a pomeriggio inoltrato, l'occhio indiscreto della Verità non aveva notato ancora nemmeno uno stand; al bar Pop si era vista un po' di clientela di ordinaria amministrazione, mentre le celebrazioni si erano concentrate in largo Bellintani: qualche stand di oggettistica e volantini, la postazione radio per la diretta degli speaker e la musica, il tendone per i test Hiv gratuiti. E, soprattutto, un assembramento di ragazzi africani.Già, perché il Natale Lgbt meneghino è nato mescolando la battaglia per il «riconoscimento anagrafico delle famiglie arcobaleno» da parte del Comune e il tema dell'«inclusione sociale di immigrati e richiedenti asilo». Il tutto pensato per resistere alle «sirene del populismo», in un potpourri di minoranze che gridano un giorno sì e l'altro pure alla discriminazione. E che chiedono sempre più diritti, sempre più franchigie.L'obiettivo di tali iniziative, come lo stesso Gay.it rimarcava, è di «costruire consenso intorno a un modello inclusivo, solidale e partecipato di comunità». In altre parole, di fare propaganda, confermando il ruolo del capoluogo lombardo quale città capofila dell'agenda Lgbt in Italia. E quando si tratta di lobbismo, sappiamo bene che dalle parti delle associazioni Lgbt non ci si fa scrupolo di coinvolgere i bambini. Anzi, visto che tra gli ordini del giorno della manifestazione c'era la questione delle famiglie arcobaleno, con tanto di patrocinio dell'associazione Genitori rainbow, era plausibile aspettarsi la presenza dei più piccoli. I quali, nelle ore precedenti l'arrivo dell'annunciato «Babbo Natale speciale», saltellavano tra i banchetti e i giochini di legno esposti nella piazzetta. Chiariamo: per rispetto loro e dei loro familiari, nessuno si è messo a verificare se fossero effettivamente figli di coppie omosessuali. E nessuno vuole insinuare che si dovesse proibire a quei bimbi di scendere a giocare in piazza. Di certo agli organizzatori non sarebbe venuto mai in mente di martellarli con gli slogan della sottocultura Lgbt o del globalismo immigrazionista. I problemi veri, quando si parla di comunità gay e minori, sono altri. Il primo è che Milano, come Torino e Roma, è fin troppo all'avanguardia nel riconoscimento dei nuclei familiari arcobaleno, in ciò supportato dalla magistratura. Il sindaco Giuseppe Sala, a giugno, con tanto di cerimonia pubblica aveva registrato gli atti di nascita di quattro famiglie Lgbt: ben nove bambini. A novembre, il Tribunale aveva ordinato a Palazzo Marino di indicare i «due padri» di una bambina nel suo atto di nascita (decisione che peraltro aveva creato tensioni nella maggioranza di centrosinistra). Quale sia l'obiettivo di chi chiede ancora più lassismo è evidente: creare una legittimazione di fatto (in attesa di quella di diritto) dell'utero in affitto, la pratica che consente a molte di queste coppie di realizzare il tanto agognato sogno della «genitorialità». Il secondo problema sorge quando si cerca di usare la scuola come veicolo dell'ideologia gender. La Verità lo ha documentato spesso: uno degli ultimi casi è stato il test sull'orientamento sessuale somministrato agli studenti umbri e finanziato dalla Regione. Ma anche in occasione dell'ultima edizione del Meeting dei diritti umani di Firenze, sponsorizzata dal Comune e dalla Regione Toscana, gli organizzatori sono riusciti a sottoporre ai circa 8.000 studenti e insegnanti di scuole medie e superiori, tra un don Massimo Biancalani e un Mimmo Riace (a proposito, ma agli studenti non bisognava insegnare la legalità?), pure l'immancabile testimonianza di un ragazzo gay perseguitato in Camerun. Al che viene da domandarsi: per quale motivo le associazioni Lgbt sponsorizzano tanto l'invasione di immigrati che vengono proprio da quei Paesi la cui cultura è impregnata di omofobia? La singolare fraternità tra migranti e attivisti arcobaleno, ribadita anche al Natale arcobaleno di Milano, è piuttosto curiosa. A meno che i richiedenti asilo non siano tutti omosessuali sottoposti in patria a rastrellamenti, come facciamo a essere sicuri che le orde di musulmani che sbarcano in Europa siano così ben disposte verso i gay e che, invece, non si limitino ad accettarne il sostegno fintantoché quelli sono utili a promuovere la causa delle frontiere aperte?La lobby Lgbt sta «brandizzando» tutto. Ha snaturato il concetto di famiglia, negato la legge naturale e il buon senso in tema di generazione dei figli, pian piano si sta prendendo la scuola. E non ha intenzione di lasciar stare neppure il Natale (che, non a caso, è la festa ideale per fare breccia sui più piccoli): è già dall'anno scorso, in effetti, che circolano presepi con i due San Giuseppe vestiti di rosa, o che il Vaticano fa parlare di sé perché affida la realizzazione della natività di Piazza San Pietro a un'abbazia nota per essere luogo di devozione dei gay. No, vi preghiamo: almeno Nostro Signore lasciatelo stare.