2018-09-21
La lettera di Satana e la cena di Gesù, nelle chiese italiane 95.000 reliquie
Una guida di Mauro Orletti sui più curiosi oggetti religiosi. C'è chi dichiara di custodire il prepuzio di Cristo, a Roma la lancia che trafisse il costato. Su Ebay il bazar dei resti sacri: in tanti disposti a spendere cifre folli.Manna che stilla dalle ossa di San Nicola, polvere grattata dal sepolcro di nostro Signore, il sacro capello della Vergine, il prepuzio di Gesù, la lancia che lo ha trafitto, la coda dell'asino della natività, una piuma dell'Arcangelo Michele, i raggi della stella cometa. Le reliquie da secoli attraggono fedeli, pronti a venerare brandelli del corpo o delle vesti di Cristo, dei santi martiri e dei beati, di fondatori di ordini religiosi. Attirano anche l'interesse di furbetti o impostori, disposti a trasformarli in un lucroso commercio, oggi pure su Ebay. Nella sua Guida alle reliquie miracolose d'Italia (Quodlibet), Mauro Orletti, quarantunenne abruzzese di Chieti, descrive i più curiosi resti corporali e bizzarri oggetti d'uso di personaggi d'importanza religiosa, o attribuiti a essi, custoditi in luoghi sacri d'Italia. Appassionato di scrittura, già autore di un libro sulle eresie, da anni vive a Bologna dove si è laureato in giurisprudenza e dove si occupa di risorse umane per una società di assicurazioni. In 240 pagine elenca una quarantina di reliquie, assicura che in tutto il Paese saranno decine di migliaia, almeno una per ogni chiesa, quindi oltre 95.000. Tantissimi i doppioni, le braccia o il cranio di un santo rivendicati per unici e invece presenti in centinaia di cappelle dedicate. Dopo l'editto di Milano del 313, che permetteva la sepoltura di santi e martiri nelle chiese, «in breve santi e martiri trovano una collocazione e quando i corpi a disposizione finiscono, si comincia a farli a pezzi. Dita, mani, gambe, piedi, teste, lingue, cuori e capelli viaggiano da un luogo all'altro d'Europa», ricorda Orletti. Si pregava davanti ai denti di Santa Apollonia che finirono per moltiplicarsi ed essere così tanti nei luoghi di culto, da essere raccolti nel 1792 in una cassetta per ordine di Paolo VI e poi buttati nel Tevere. Quasi 3,5 chilogrammi di incisivi e molari, eppure in giro per l'Europa continuano ad essere custoditi in reliquiari e venerati, assicura lo scrittore, assieme a boccette di sangue «in attesa di liquefarsi, stillare acqua, fiorire, sprigionare profumo, richiamare migliaia di fedeli, guarirli, oppure no». Nella cappella delle reliquie di Santa Maria Ausiliatrice a Torino c'è forse la più grande raccolta d'Italia di questi oggetti devoti, più di 3.000. «Teschi, mandibole, denti, tibie, femori, capelli, indumenti, cilici, cingoli, oltre al Sacro legno di Gesù, preziosissimo frammento della croce di Cristo che moltissime chiese dichiarano di avere», racconta l'autore. A Santa Maria Ausiliatrice «per aiutare il fedele indeciso» c'era l'usanza di esporre ogni mattina un cartello con la Reliquia del giorno. Come quella di San Gengolfo, un nobile della Borgogna vissuto nell'VIII secolo. Ferito a morte dall'amante della moglie, è il protettore dei cornuti. Il presunto prepuzio di Gesù rappresenta una delle reliquie più discusse, dichiarano di avere quella strisciolina santa di pelle (ricavata dalla circoncisione), chiese di Santiago di Compostela, Chartres, Besançon, Metz, Hildesheim, Conques, Langres, Fécamp, Puy en Velay, Auvergne, Coulombs, Charroux e Anversa. «L'unico autentico, però, sembrava custodito a Calcata, nel Viterbese», spiega Orletti. «Fu rubato nel 1527 da uno dei profanatori del Sancta sanctorum di San Giovanni in Laterano, dove si conservano fra l'altro i sandali di Gesù, un pane e 13 lenticchie dell'ultima cena, la colonna della flagellazione, la lancia che trafisse il costato e le pietre del Santo sepolcro». Il prepuzio, finito dopo peripezie a Calcata, era esposto nella chiesa dei Santi Cornelio e Cipriano e portato in processione fino al 1982, quando fu rubato dalla casa del parroco don Dario Magnoni. «Lo custodiva in una vecchia scatola di scarpe. Ma la storia del furto forse fu inventata per mettere fine a un interesse morboso». Un pezzo del bastone di legno che sarebbe appartenuto a San Giuseppe fu donato da lady Margaret Hampden a don Nicola Grimaldi, celebre voce bianca napoletana, nel periodo in cui si esibiva a Londra tra il 1708 e il 1713. Portato poi dall'artista nella città partenopea e benedetto dal vescovo, ogni 19 marzo veniva esposto nella cappella privata dell'appartamento del musico soprano. Malgrado la raccomandazione «Nun sfruculià 'a mazzarella 'e San Giuseppe», non infastidire il bastone di San Giuseppe, i suoi concittadini non resistevano alla tentazione e si portarono via diverse schegge della mazza, che alla fine venne affidata alla Congregazione di San Giuseppe de' Nudi.La lettera del diavolo, altra curiosa reliquia, si trova nel monastero di clausura di Palma di Montechiaro, ad Agrigento, accanto ai resti di suor Maria Crocifissa, al secolo Isabella Tomasi (un suo pronipote fu Tomasi di Lampedusa), dichiarata venerabile da papa Pio VI. Sarebbe stato Satana a dettarle 14 righe misteriose e indecifrabili, dopo aver tentato e vessato in mille modi la povera monaca. L'avrebbe costretta a firmare la lettera e Maria Crocifissa si sarebbe opposta scrivendo un solo e chiaro «Ohimè». Ad Almaseno, paese nella bassa Ciociaria, si venera il sangue di San Lorenzo che, a differenza di quello di San Gennaro, per liquefarsi non ha bisogno di movimenti dell'ampolla in cui è custodito. Il miracolo avviene ogni anno, il 10 agosto e, come ricorda Orletti, «sembra che nella massa sanguigna ci siano tracce di cenere, frammista a piccoli pezzi di carbone. Fu il medico Clinio Silvestri ad effettuare le analisi, un secolo fa, dimostrando che Lorenzo davvero venne arso sui carboni ardenti». I seni di Santa Agata, strappati con le tenaglie alla giovane cristiana durante il martirio nella seconda metà del III secolo, sono conservati separatamente. Uno è nel Duomo di Catania, assieme alla calotta cranica, ai femori, alle mani, ai piedi. L'altro è in Puglia, a Galatina, sottratto e mai più restituito. «Il furto di reliquie era uno degli sport più praticati del Medioevo. Per citare i casi più clamorosi: il corpo di San Marco viene rubato ad Alessandria da due mercanti veneziani, il corpo di San Nicola viene sottratto a Myra, in Asia Minore, da una spedizione di mercanti baresi, le ceneri di San Giovanni Battista vengono trafugate - sempre a Myra - dai genovesi». Di San Giorgio, martire guerriero, patrono di cavalieri e sellai, si possono onorare il cranio a Roma nell'altare maggiore di San Giorgio al Velabro, il braccio mummificato a Brindisi nel Museo diocesano della Chiesa Santa Teresa e la mano destra che impugnava la lancia con cui è stato trafitto il drago nella chiesa parrocchiale di Varzi, nell'Oltrepò Pavese. «C'è anche la costola del drago ucciso, custodita nella chiesa di San Giorgio in Lemine ad Almenno San Salvatore, vicino a Bergamo», attesta Mauro Orletti. I profanatori delle reliquie di San Giovanni Battista furono diversi e piuttosto distratti, tant'è che il suo braccio destro viene conservato nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Siena, il mento nella cattedrale di San Lorenzo a Viterbo, un dito nel Museo dell'Opera del Duomo a Firenze, una mano a Rapagnano, l'altra nel monastero di Cetinje in Montenegro, un dente a Ragusa, un altro dente a Monza. Nella cattedrale di Genova c'è una sala dove si può vedere il vassoio sul quale sarebbe stata servita a Salomè la testa decapitata del Battista. San Sebastiano, ritratto come un giovane ignudo, sensuale e muscoloso nel Martirio di Guido Reni, è diventato il patrono (non riconosciuto dalla Chiesa) degli Lgbt. «Mentre i santi Sergio e Bacco sono i protettori degli omossessuali casti», precisa l'autore della guida. L'urna contenente i resti di San Sebastiano si trova presso l'altare dell'omonima basilica sull'Appia Antica. A pochi metri, nella cappella delle reliquie, i fedeli trovano la colonna alla quale fu legato il santo e una delle frecce che lo trafisse, ma anche la pietra con le impronte dei piedi del Cristo, le spine della corona, un dito, un dente e una costola di San Pietro, un dente di San Paolo, un osso e un braccio di Sant'Andrea, la testa e un braccio di San Fabiano, le teste di San Callisto e Stefano Papi, le ceneri e le ossa di San Fabiano e un braccio di San Rocco. Il liquido o manna che si forma nella tomba di San Nicola a Bari, circa mezzo litro, viene diluito in acqua benedetta e distribuito in boccette ai fedeli. Per chi non sa resistere alla tentazione di un frammento di santo tra le mura domestiche, piattaforme online come Ebay offrono reliquiari per tutti i gusti e le tasche. «Mi sorprende vedere quanto si è disposti a spendere, anche diverse migliaia di euro, per venerare in privato qualche cosa che può essere vera o finta. Forse l'importante davvero è crederci», commenta Orletti.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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