
Cercano i barconi ma parlano di naufragi, poi spacciano per «insicuri» i porti turistici.Perché accettiamo l'equivocità sui salvataggi nel Mediterraneo? Giova solo a quelli che ci lucrano. La materia, anche per l'Italia, è regolata dal Trattato di Amburgo. Risale al 1979 e raccoglie in unico testo antiche regole marinare messe a punto nell'Ottocento. Sono le più naturali e intuibili in un consesso civile. I natanti in difficoltà debbono essere aiutati dalle altre navi nei paraggi che non siano a loro volta in stato di pericolo. La Convenzione si riferisce agli eventi, imprevedibili e ineluttabili, cui chi naviga può, in circostanze sfortunate ed eccezionali, andare incontro: naufragi, collisioni, incendi a bordo, eccetera. Compiuto il salvataggio, la soccorritrice deve dirigersi nel porto più vicino e mettere fine alla brutta avventura dei naufraghi, permettendogli il ritorno a casa. Questo il contesto del Trattato. Quando progressivamente dagli anni Novanta, si è presentata l'emigrazione clandestina dall'Africa verso l'Europa, il Mediterraneo ne è stato sconvolto. I viavai si sono centuplicati e i concetti confusi. L'Onu, l'Occidente, l'Ue, presi alla sprovvista, poi adagiandosi, non hanno fatto ciò che avrebbero dovuto: fronteggiare la situazione con leggi ad hoc. Hanno imboccato invece la scorciatoia di adattare il vecchio Trattato di Amburgo alla situazione totalmente nuova. L'interpretazione forzata delle norme, le ha stravolte. La fattispecie del naufragio, evento casuale, involontario, fatale e imprevedibile, è stato esteso alla messa in scena che abbiamo da anni sotto gli occhi. Passano per naufraghi nuclei umani scesi consapevolmente in mare su barchini insicuri, canotti sgonfi, scafi avariati. Si fingono salvataggi di emergenza e necessità, imbarchi in mare concordati per telefono e fissati come appuntamenti per una scarrozzata tra le onde, sperando che vada bene. Si considerano i navigli dei trafficanti o delle Ong alla stregua di, poniamo, un cargo che sul Baltico soccorra l'equipaggio di una petroliera avvolta da un incendio, quando sono invece spole marittime. In questo generale sconquasso dello spirito del soccorso in mare, è stata falsata anche l'idea del «porto sicuro» su cui tanto ci si azzuffa. In origine, è la prima darsena cui la nave salvatrice attracca per ripararsi dalla tempesta. Tuttora, se invece di una barca di clandestini, ad avere l'avaria o l'incidente nel Mediterraneo, fosse un transatlantico, qualsiasi porto tunisino, da Gabès a Sfax, andrebbe più che bene per sbarcare i naufraghi. Non ci sono pregiudizi o fisime sulla sicurezza che impedirebbero ai croceristi scampati di scendere felici a terra e tornarsene a casa. Poiché invece si tratta di migranti decisi a venire in Europa, appoggiati nel continente da un'opinione pubblica, ristretta ma influente, il solo «porto sicuro» per loro è appunto il nostro. Voluto fraintendimento di un trattato previsto per le vere emergenze ma tartufescamente applicato in vicenda tutta diversa. La nostra, tuttavia, è un'epoca di regole. Meglio così, perché allontana le guerre. Quindi, a norme sbagliate, o male applicate, si contrappongano quelle giuste. Se mancano, vanno introdotte. La politica sarà sempre più un districarsi tra ragnatele legali. L'Italia mettendo un giurista a capo del governo ha, senza volerlo, segnato la strada. Matteo Salvini, cui va il merito di dare centralità all'esodo africano, si rassegni. Inutile fare la faccia feroce all'Ue che si gira dall'altra parte. L'Italia, la più interessata e bersagliata, prenda l'iniziativa e convochi un'assise. Proponga agli Stati mediterranei dell'Ue, dalla Spagna alla Grecia, passando per Francia, Malta e slavi dell'Adriatico, un'alleanza in due punti: rigettare l'indebita estensione della convenzione del 1979 all'andirivieni dei migranti; fissare regole nuove adatte alle circostanze, rifiutando la commedia dei naufragi e rendez-vous via cellulare. L'Ue a 28 non farà mai nulla. L'Europa mediterranea si protegga da sé. Gli esclusi le saranno grati e faranno poi da soli per ciò che li interessa. Unica via per salvare l'Unione dal suo corpaccione gigante e immobile. Un minuto per aggiungere che, respingendo vivamente il caos odierno, c'è una traccia che le sette nazioni dell'assise mediterranea potrebbero seguire, conciliando ordine e simpatia verso popoli in difficoltà. È quella della Comunità di Sant'Egidio che sceglie sul posto coloro che hanno i titoli, i meriti, il carico di sofferenze per rifarsi una vita ai nostri meridiani. Li raggruppa, li istruisce, li trasporta in aereo, li integra. Un modo anche per affacciarsi e vedere che succede in quegli Stati e governi così indifferenti alla fuga delle loro genti. Ci si può girare intorno ma la chiave, alla fine, è proprio lì.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






