
Il Carroccio invia una richiesta di informativa urgente al Senato per inchiodare il premier sull'affare Retelit. Ma l'avvocato del popolo deve ancora chiarire il suo ruolo nella vicenda Spygate. E nel salvataggio di Carige in qualità di primo ministro.Da una parte del ring, il premier Giuseppe Conte. Dall'altra la Lega, decisa a non concedere più alcuno spazio di manovra al vecchio alleato. Aumenta di ora in ora il pressing del Carroccio su «Giuseppi», e c'è da scommettere che sarà proprio questo il leitmotiv da qui a fine legislatura. D'altronde si sa, Matteo Salvini e i suoi fedelissimi prediligono il gioco in attacco. Sono diversi i dossier sui quali via Bellerio sta provando a mettere nell'angolo il premier. Quello più attuale riguarda il 5G e in particolare l'affaire Retelit. La difesa del premier a seguito delle ultime rivelazioni del Financial Times non ha convinto la pattuglia leghista. Una nota diffusa da Palazzo Chigi poche ora dopo l'esplosione del caso ha precisato infatti che quando Conte ha «ricevuto dalla società Fiber 4.0 l'incarico di scrivere un parere pro veritate circa il possibile esercizio, da parte del governo, dei poteri di golden power nei confronti della società Retelit» - parliamo dei primi giorni di maggio - «nessuno poteva immaginare che, poche settimane dopo, un governo presieduto dallo stesso Conte sarebbe stato chiamato a pronunciarsi proprio sulla specifica questione oggetto del parere». A sua difesa, il premier argomenta anche che «per evitare ogni conflitto di interessi» al momento del voto «si è astenuto anche formalmente da ogni decisione». Motivazioni che, come dicevamo, dalle parti della Lega non sembrano aver fatto molta presa. Tutt'altro, a giudicare dal tono della richiesta di informativa urgente indirizzata da Massimiliano Romeo, capogruppo del Carroccio a Palazzo Madama, alla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. «Alla luce delle indiscrezioni pubblicate su importanti quotidiani nazionali e internazionali quali il Financial Times», si legge nella richiesta inviata martedì, «emerge un possibile conflitto di interessi tra l'attività professionale e l'incarico istituzionale ricoperto dall'attuale presidente del Consiglio, Giuseppe Conte». Non convince dell'impianto difensivo del premier né la sostanza, né la forma. Come prima cosa, la Lega fa notare che il 14 maggio 2018 (data della trasmissione a Fiber 4.0 del parere sull'opportunità di richiedere l'esercizio del golden power), Conte era stato «già indicato da tempo dal Movimento 5 stelle quale membro della squadra di governo del futuro esecutivo in caso di vittoria alle elezioni politiche». E in effetti basta una semplice ricerca in Rete per verificare che, ben prima di rientrare nella rosa dei papabili per Palazzo Chigi, Giuseppi era stato indicato da Luigi Di Maio come futuro ministro per la Pubblica amministrazione. Un annuncio risalente ai primi di marzo del 2018, dunque in tempi assolutamente non sospetti. Quando venne contattato da Fiber 4.0 per il parere legale, in virtù della vittoria del M5s alle elezioni politiche svoltesi due mesi prima, Conte era perciò quasi del tutto sicuro di occupare uno scranno nel governo. Ma a suscitare forti dubbi tra i membri del Carroccio c'è anche la modalità scelta dal premier per astenersi dalla decisione di applicare il golden power nei confronti di Retelit: «La mera assenza fisica del presidente Conte al suddetto Consiglio dei ministri non è sufficiente a escludere, infatti, al di fuori di ogni ragionevole dubbio, la sua completa estraneità e assoluta imparzialità nella decisione in oggetto assunta dall'esecutivo».E veniamo al secondo tema caldo, quello relativo alla vicenda Carige. Nella richiesta di informativa urgente, la Lega mette in evidenza il ruolo di Raffaele Mincione, «indicato come uno degli attori dell'affaire Carige e perché avrebbe avuto contatti diretti con il presidente Conte alcuni giorni prima del Consiglio dei ministri del 7 gennaio 2019». Data nella quale, cioè, il governo varò le misure urgenti per il salvataggio dell'istituto genovese.Un'interrogazione a parte, depositata a Palazzo Madama l'8 ottobre scorso e recante come prima firma quella dell'ex sottosegretario Lucia Borgonzoni, è dedicata invece ai rapporti di Conte con il suo mentore Guido Alpa. Nel documento si chiede al governo di riferire se si «possa escludere che esistano progetti di parcella firmati da entrambi e su carta cointestata riferiti ai patrocini prestati al Garante per la protezione dei dati personali», e in caso contrario «come ciò possa conciliarsi con la più volte ribadita autonomia e se reputi opportuno che un presidente del Consiglio dei ministri, nell'escludere un conflitto, ricostruisca i fatti omettendo di esplicitare elementi decisivi».Raggiunto dalla Verità, il capogruppo leghista al Senato, Massimiliano Romeo, ironizza: «Conte ha sempre detto che ama parlamentarizzare tutto, e noi siamo ben felici di accontentarlo». Dopo un primo assenso ieri da parte di Luigi Di Maio («Il presidente sarà ben lieto di rispondere in aula e avrete modo di confrontarvi con lui»), si attende il via libera definitivo del governo per calendarizzare l'informativa. Ma in futuro, promette Romeo, ci sarà spazio anche per un'iniziativa parlamentare volta a incalzare il premier sulla vicenda Spygate. Con l'obiettivo dichiarato, alla fine, di mettere al tappeto Giuseppi.
Giulio Tremonti (Ansa)
L’ex ministro Giulio Tremonti: «Trump ha trovato la tregua coinvolgendo i Paesi arabi. Altro che esportare la democrazia come fosse un panino...».