2018-11-17
La «Guida Michelin» ama gli chef veri. La cucina del 2019 è legata alla terra
Nella nuova edizione della Rossa, la parte del leone la fa Mauro Uliassi, un marchigiano senza fuochi d'artificio. Tra i cuochi che spopolano in televisione, solo Antonino Cannavacciuolo fa incetta di premi. Carlo Cracco non becca nulla.Beh, forse Luigi Di Maio non ha tutti i torti. C'è stampa e stampa. Per capirlo bastava essere ieri a Parma alla presentazione della Guida Michelin edizione 2019, che ha proposto non poche sorprese. Una platea d'imbucati, di presunti gourmet, di comunicatori del cibo compresi alcuni pennivendoli che fanno consulenza a pagamento ai ristoranti che recensiscono, a fare da claque a cuochi che fino a qualche anno fa non avrebbe degnato di un apostrofo. Andavano di moda i Ferran Adrià, quelli del «todo es chimica». Se non erano cuochi d'artificio, era inutile parlarne. E poco importava che grandissimi chef come Joel Robuchon (scomparso purtroppo ad agosto) continuassero a dire: «Quando gli italiani si accorgeranno della ricchezza dei loro ingredienti faranno la migliore cucina del mondo». Oggi tutti a spellarsi le mani per il decimo ristorante che conquista le tre stelle: Uliassi di Senigallia. Per i sedicenti critici: Franza o Spagna purché si magna. Perché Mauro Uliassi è l'antitesi dello chef protagonista, della cucina d'artificio. Lui cucina per diletto, per passione e con intelletto. Fa piatti di mare regionali e raffinati, si diverte con lo street food e fa beneficenza con la fondazione sua e di sua sorella che è l'anima del locale: lei cura gli ospiti e la sala, lei dipinge ad acquerello i menù uno ad uno. Insieme raccontano le suggestioni del loro mare e un mare di suggestioni come nello «spaghetto affumicato con vongole e pendolini grigliati» o nella «ricciola alla puttanesca». Del resto l'insegna del ristorante candido, proteso come un pontile tra le onde è «Uliassi, cucina di mare». Il menù degustazione, che è un'apoteosi della cucina di sostanza e di eleganza, costa meno di 200 euro e vale l'esperienza di una vita. A Parma era tutto un darsi di gomito: io l'avevo detto, ci avrei scommesso, lo sapevo. Che queste affermazioni trasudino ipocrisia si dimostra in un amen. Per nessuna guida Uliassi è il miglior ristornate d'Italia. Così come per nessuna guida lo scorso anno Norbert Niederkofler era tra i migliori. Eppure l'anno scoro Norbert e quest'anno Mauro sono arrivati alle tre stelle. Che cosa separa allora la Michelin - che resta sciovinista perché premia in Francia ciò che in Italia neppure prende in considerazione anche se l'Italia è stabilmente il secondo Paese al mondo più premiato - dalle altre guide italiane? Due cose: l'autorevolezza e l'onesta intellettuale. La dimostrazione? Con la Michelin il divismo televisivo non attacca. Perché se Antonino Cannavacciuolo fa il pieno di riconoscimenti (una stella a ciascuno dei suoi due bistrot di Torino e Novara oltre alle due di Villa Crespi), Carlo Cracco con tutta la pubblicità e lo sfarzo profusi in Galleria a Milano non ha beccato nulla così come pesantissimo è il tonfo del ristorante di Armani che perde la stella. Ma torniamo a Mauro Uliassi; il suo ascendere nell'olimpo della ristorazione segnala un progressivo affinamento della Michelin verso la cucina che rappresenta i territori, la cucina colta, ma non stupefacente, aderente alla personalità del cuoco e della sua terra. Uliassi guadagna le tre stelle allo scoccare dei suoi sessanta anni. Si era iscritto all'alberghiero per corteggiare le ragazze. Apre una trattoria pizzeria nel 1986 con i soldi di mamma e papà e la chiude dopo tre mesi, nel 1990 si mette nella nuova avventura con Catia, la sorella, e arriva alle stelle. Mauro ama la vita e mette la vita nei piatti. Lo fece per conquistare Chantal, la moglie che gli ha dato due figli, Filippo, che ora lavora al ristorante, e Rosa, la piccola, lo fa col suo furgoncino per lo street food, lo fa come ha detto emozionatissimo dopo la proclamazione: «Per raccontare la mia terra, il mio mare, per dare sostanza all'anima delle Marche: fossi stato un pittore lo avrei fatto con i pennelli, fossi stato Leopardi con i versi, Rossini con la musica, sono Mauro Uliassi, lo faccio con i patti». E così Mauro ha vinto il derby con Moreno Cedroni (la Madonnina del Pescatore) che mantiene sempre a Senigallia le due stele. Guardando complessivamente ai riconoscimenti distribuiti dalla Rossa i tre stelle salgono a dieci - Massimiliano Alajmo, Le Calandre a Rubano (Padova); Massimo Bottura, Osteria Francescana a Modena; Chicco Cerea a Brusaporto (Bergamo); Enrico Crippa, piazza Duomo a Alba (Cuneo); Annie Feolde e Riccardo Monco, Enoteca Pinchiorri a Firenze; Norbert Niederkofler, St.Hubertus a San Cassiano (Bolzano); Niko Romito, Reale a Castel di Sangro (L'Aquila); Nadia e Giovanni Santini, Dal Pescatore, a Canneto sull'Oglio (Mantova), Heinz Beck, La Pergola, a Roma - i due stelle restano 39 senza nessun cambiamento, aumentano a 318 quelli con una stella con 29 new entry ma anche alcune clamorose bocciature. Fa rumore anche la perdita della stella di Antonello Colonna a Roma. Napoli è la provincia più stellata mentre la Lombardia è in testa tra le regioni seguita da Piemonte e Campania, a dire che il Sud è la nuova terra promessa della cucina italiana. Prendiamo scommessa? Il prossimo anno ci sarà l'undicesimo tre stelle e sarà tra Vico e Sant'Agata, a due passi da Castel dell'ovo!