Mentre Atene bruciava, avvolta dalle fiamme che hanno provocato 79 morti, i burocrati europei sono tornati a parlare di austerità.
Mentre Atene bruciava, avvolta dalle fiamme che hanno provocato 79 morti, i burocrati europei sono tornati a parlare di austerità. L'ennesimo monito nei confronti della Grecia, per un curioso quanto infelice caso del destino, è arrivato lunedì da Monaco, proprio alla vigilia del terribile incendio che ha messo in ginocchio la capitale ellenica, provocando 79 vittime tra cui anche bambini. A pronunciarlo è stato nientemeno che il direttore generale del Meccanismo europeo di stabilità (Esm), il tedesco Klaus Regling. Intervenuto al convegno «Europa, quo vadis?», Regling ha per prima cosa tracciato un quadro della situazione greca, riconoscendo i progressi fatti da Atene nel corso degli ultimi anni. «L'obiettivo dei programmi di assistenza e delle riforme in Grecia negli ultimi otto anni è stato quello di creare una nuova base per una crescita sana e sostenibile», ha sostenuto il capo dell'Esm. «Ciò è nell'interesse non solo del popolo greco, ma anche dell'intera area dell'euro e del Meccanismo di stabilità».Come nella migliore tradizione, però, la carota non poteva che essere accompagnata da un durissimo bastone. «Per il futuro, è importante che la Grecia prosegua sul cammino delle riforme economiche. Se dovesse fare dei passi indietro, alcune delle misure aggiuntive di riduzione del debito saranno sospese. Atene», ha quindi aggiunto Regling, «rimarrà sotto il controllo dell'Esm almeno fino a quando tutti i prestiti non saranno stati interamente rimborsati». D'altronde l'Europa, come ha ricordato il direttore dell'Esm, è il più grande creditore della Grecia, con 189 miliardi di euro prestati fino a oggi. Ma l'austerità è stata davvero la soluzione migliore? Basta scorrere i passaggi successivi del discorso per scoprire che le alte sfere sanno perfettamente la cura è stata peggiore della malattia. «Gli stipendi sono stati tagliati dal 20 al 30%. Era necessario, perché in passato erano aumentati più di quanto non fosse cresciuta la produttività, con un conseguente calo della competitività». Pazienza, dunque, se la macelleria sociale imposta dalla Troika ha provocato un pauroso incremento della povertà. «Qualcuno potrebbe chiedersi se la Grecia sarà in grado di ripagare i denari che ha preso in prestito. La mia risposta a questa domanda è: sì, lo farà». Tuttavia, ha aggiunto Regling, «i mercati finanziari e gli investitori proseguiranno nel monitoraggio e nella valutazione costante del paese. Ciò che è davvero importante per i mercati è che le politiche economiche della Grecia siano indirizzate alla crescita e al recupero della competitività dopo la fine del programma di sorveglianza», stabilita per il prossimo 20 agosto.Si stima che la liquidità nelle casse dello stato sia sufficiente per garantire ad Atene un'autonomia di appena due anni. Cosa accadrà dopo, ovviamente non è dato sapere. Molto dipenderà dall'esito delle elezioni politiche, previste per il prossimo anno. Dietro l'angolo, stando a quanto si legge dai sondaggi, si nascondono grandi sorprese. Syriza, la formazione del premier Tsipras, è dato intorno al 23%, mentre il partito di opposizione Nea Dimocratia ha toccato nelle ultime rilevazioni il 37% dei consensi.
La transizione energetica non è più un concetto astratto, ma una realtà che interroga aziende, governi e cittadini. Se ne è discusso al primo panel dell’evento de La Verità al Gallia di Milano, dedicato a «Opportunità, sviluppo e innovazione del settore energetico. Hub Italia», con il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, la direttrice Ingegneria e realizzazione di Progetti di Terna Maria Rosaria Guarniere e la responsabile ESG Stakeholders & Just Transition di Enel Maria Cristina Papetti.
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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Giuseppe Cruciani (Ansa)
Il giornalista: «In tv l’intellighenzia progressista mostrifica la vittima. Bisognerebbe scendere in piazza in difesa del libero pensiero: vedremmo chi davvero vuole il dialogo».
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
Cresce la tensione tra Etiopia ed Egitto. Il governo di Addis Abeba ha recentemente inaugurato la più grande diga idroelettrica dell’Africa: una mossa che ha notevolmente irritato Il Cairo.