2022-08-06
La gioventù non è per forza incosciente
La conoscenza di uno studente di ingegneria greco mi ha aperto gli occhi: vive in una nazione in rovina e per crearsi un carriera vuole mettere a frutto il suo sapere in Germania, ovvero uno dei Paesi che ha messo in ginocchio il suo. È orbo? No, pensa al futuro.Christophoros ha 24 anni, parla un inglese approssimativo ma efficiente e preferisce farsi chiamare Christopher. Frequenta l’ultimo anno di ingegneria meccanica, a 400 chilometri dalla cittadina in cui è nato, Ioannina, in Epiro; vuole occuparsi di energie rinnovabili ma non vuole farlo nel suo Paese. È disposto a tutto pur di lavorare in Europa, ed è strano sentirglielo dire perché la Grecia, tecnicamente, fa parte dell’Europa. Come vedremo, questa non è la stranezza maggiore o più significativa. Incontriamo Christopher come angelo custode per un’escursione sul fiume Voidomatis, in gommone, 7 chilometri giù per rapide abbastanza addomesticate, con tanto di cascatella finale, in un’acqua alla temperatura costante di 6 gradi e così tersa che i locali regolarmente la bevono, circondati da un paesaggio di colline rocciose e boschi selvaggi che, se non fosse per i turisti colorati e chiassosi (non molti, in verità: una cinquantina in tutto, distribuiti su 11 imbarcazioni), potrebbe rappresentare in modo convincente il giardino dell’Eden. È il suo lavoro estivo, e lo svolge con competenza e destrezza, coinvolto in una complessa rete di pulmini, giubbotti di salvataggio, caschi e calzature impermeabili, di cui fa parte anche la sua macchina con la quale ci scarrozza da e per l’albergo. Tutti vengono vestiti, calzati, istruiti su che cosa fare e soprattutto non fare e poi guidati per due ore dalla sua e altre mani ferme tra rocce sporgenti, alberi e rami caduti; arriveremo sicuri alla meta nonostante la nostra totale impreparazione e ci sentiremo dire che siamo stati la ciurma perfetta. Ci informa che il nome del fiume è slavo e vuol dire «Madre dell’acqua»; ci spiega che prima della Seconda guerra mondiale qui slavi e greci vivevano gli uni accanto agli altri, poi gli slavi se ne sono andati. Gli chiedo perché ma non dà mostra di saperlo; non sembra interessargli il passato. Gli interessa il presente: è da lì che deve partire per costruire il suo futuro. E il presente della Grecia, come lo vede Christopher, è un disastro. C’è uno salario minimo garantito di 550 euro, ma chi è assunto non prende molto di più: 800 euro per un impiego d’ufficio; i 1.000 euro su cui potevano contare gli insegnanti prima della crisi economica sono stati ridotti a 900 (ma si può arrivare a 1.200 con 20 anni di esperienza). Alcuni suoi amici lavorano in supermercati, a 400 euro al mese. Come può essere meno del minimo garantito, gli chiedo, e mi risponde che le aziende li assumono, nominalmente, a tempo parziale e poi li fanno lavorare con orario normale: se non gli va bene, ce ne sono centinaia di altri pronti a prendere il loro posto. È per sfuggire a una situazione del genere che Christopher vuole andarsene: è sua intenzione dare un valido contributo all’umanità e nel luogo dove è nato si sente in gabbia. In una giornata del suo lavoro stagionale guadagna il doppio di una persona a stipendio fisso, ma su entrate così non si può fare affidamento: non si può, appunto, costruire nulla. Il primo paese che menziona è la Germania. E io rifletto: negli anni Cinquanta del secolo scorso, buona parte dei debiti di guerra della Germania furono condonati dai vincitori, e fra i dispensatori di tale generosità ci fu la Grecia, dove i tedeschi avevano fatto ingenti danni (anche in Epiro, dove vari villaggi furono distrutti per rappresaglia). Quando toccò alla Grecia avere dei debiti, però, tedeschi e altri europei «virtuosi» non mostrarono alcuna pietà. E ora un ragazzo greco, ansioso di fare del bene ma indifferente alla storia, vuole fare del bene proprio fra gli occhiuti, cinici aguzzini della sua gente? Con una Opel ammaccata (macchina tedesca!) Christopher avanza sempre in salita o in discesa, e sempre in curva, non mettendo mai una marcia superiore alla terza. Avendo saputo che vivo negli Stati Uniti, mi chiede delle autostrade americane, e poi commenta con fierezza che la stradina che stiamo percorrendo si adegua naturalmente al territorio, non ne viola il profilo, e che quando si fanno strade più larghe arrivano più macchine, e paradossalmente (ma neanche tanto!) si creano più ingorghi. Ricordo allora il suo interesse per le energie rinnovabili e capisco che le mie erano le riflessioni di un vecchio, intento come spesso sono i vecchi a far tornare i conti, a ripagare le offese. Un giovane così non ha bisogno di riflessioni del genere, non è una simile storia che gli può servire; ha bisogno esattamente di quel che ha - di fiducia, di intraprendenza, anche di un po’ di cecità. Se farà del bene in Germania, o dovunque andrà, avrà fatto comunque del bene, che lascerà comunque un segno. Questo non è un articolo sulla Grecia, o sull’Epiro, o sull’Europa. Non sono affatto certo che le notizie che mi sono state comunicate siano tutte corrette, e non ho intenzione di verificarle. È un articolo sulla gioventù, che non è sempre irresponsabile, distratta e incosciente. Talvolta è avveduta e saggia, e abbiamo molto da impararne.