2021-02-06
Meno Pechino più Washington. E in Vaticano qualcuno piange
Bill e Hillary Clinton (Ansa)
Gli anni al Mit e al ministero del Tesoro (a sviluppare l'eredità di Ciampi e Carli) hanno creato una rete estera ancora più forte rispetto al club dei banchieri centraliIeri Francesco Galietti, analista e osservatore politico, ha ben sintetizzato la faretra geopolitica di Mario Draghi. «Ha più frecce lui che i Rothschild nel loro stemma». In effetti sarà interessante capire un eventuale governo guidato dall'ex presidente della Bce dove porterà l'Italia. O meglio dove la sposterà. E al di là delle agiografie che già circolano sui media nazionali vale la pena sfogliare gli strati delle carriere di Draghi. Non esiste un solo Mario. Ne esistono tanti. Quello degli anni Novanta, quello della Bce e ancor prima quello vicino a Beniamino Andreatta. Per capirsi c'è il Draghi che studia negli Usa al Mit. Lì conosce alcune figure che nei decenni successivi costituiranno la classe dirigente mondiale. Uno su tutti Stanley Fischer che poi diviene governatore della banca centrale d'Israele. Ma anche Rudiger Dornbusch il più americano degli economisti tedeschi. Il lungo paper a firma Andrea Garnero e Alessandro Aresu su Limes ricorda che quella frequentazione tornò molto utile al Draghi presidente Bce. Si legge nell'articolo: «Dovette affrontare in prima persona la cosiddetta legge Dornbusch. Cioè: la crisi ci mette molto più tempo ad arrivare di quanto pensavate, e poi si svolge molto più in fretta di quanto avreste pensato». Questo per dire che il paragone tra l'ex governatore e Mario Monti è quanto di più sbagliato. Non solo perché il primo è stato scelto per commissariare la sinistra italiana e il secondo per chiudere l'esperienza del centrodestra nel 2011. Ma soprattutto perché Monti conosce bene i libri che ha scritto, mentre l'altro ha vissuto sulla sua pelle i libri che ha studiato. Un dettaglio non da poco che lo rende un politico anomalo e difficile da inquadrare anche a livello geopolitico. Dove certamente spiccano le relazioni stabili con la classe dirigente americana. A partire dagli uomini vicini a Hillary Clinton. Robert Rubin e poi Timothy Geithner , entrambe segretari al Tesoro Usa. Ma a ben 26 anni di distanza l'uno dall'altro. Per Draghi telefonare ai rappresentanti della finanza clintoniana piuttosto che a figure come Larry Fink, l'uomo di Blackrock, è semplice come mandare un whatsapp. D'altronde stare nel club dei banchieri centrali rende amici di molti. Anche se non di tutti. La sua permanenza a Francoforte ha creato forti screzi con i tedeschi, sebbene Draghi sia riuscito a frequentare assiduamente anche la politica di Berlino. È stato più volte a visitare il Parlamento tedesco. Più complesso invece il rapporto con i francesi. I quali non videro di buon occhio il suo arrivo in Bce. Un po' per il caos lasciato da Lorenzo Bini Smaghi che non voleva dimettersi dal board. Ma soprattutto perché a lanciare il banchiere verso Francoforte fu la sua esperienza vissuta a capo del Fsb, Financial stability forum, l'ente nato in seno al G20 dopo il crac Lehman Brother. Certo a favore di Draghi ci fu poi la debolezza di Francois Holland che compensò la posizione più ostile di Nicolas Sarkozy. Ciò non significa che la filiera francese si possa definire nel complesso ostile. Tutt'altro. Per di più in Italia Enrico Letta che è per certi versi il più francese dei rappresentanti della sinistra è in ottimi rapporti con Draghi. In comune hanno Beniamino Andreatta. Più in generale, si può dire che le esperienze italiane al Tesoro prima e in Bankitalia non hanno reso necessario per Draghi stringere forti legami con i cugini d'Oltralpe. Quei due periodi sono stati però esemplificativi delle altre sfaccettature della sua figura. Il ruolo al Tesoro negli anni Novanta l'ha portato ad avvicinarsi al tema delle privatizzazioni, al mondo di Goldman Sachs, dei debiti pubblici. Draghi è rimasto in via XX Settembre fino al 2001. Ha svolto un importante ruolo geopolitico per traghettare il Paese dopo la caduta del muro di Berlino. Apprezzato da molti soprattutto per i rapporti con Guido Carli è stato uno dei fautori della linea del vincolo esterno. Anche qui peschiamo dal lavoro di Aresu su Limes perché sintetizza perfettamente quel momento. «La linea che lega Carli e Ciampi forma la transizione tra un'Italia europea per scelta a un'Italia naturalmente europea». Transizione che finisce solo con il lavoro di Draghi quando le nostre finanze diventato credibili per tutti gli investitori internazionali. Ma non è tutto oro quel che luccica: quella visione di Europa non è certo piaciuta a tutti. L'anno più drammatico della Repubblica Italiana, il 1992, ha compreso l'episodio che, a lunga distanza, ha continuato ad accompagnare la narrazione popolare su Draghi, fruttandogli perfino nel 2008 il «Tapiro d'Oro» di Striscia la notizia. Il «Tapiro» nacque dagli insulti di Francesco Cossiga, il quale, davanti all'ipotesi della nomina dell'allora governatore di Bankitalia a Palazzo Chigi, lo definì «un vile affarista (…) liquidatore, dopo la famosa crociera sul Britannia, dell'industria pubblica, autore della svendita dell'industria italiana quando era dg del Tesoro». Insomma, sono passati tanti anni. Cossiga non c'è più ma la sua opinione è finita con l'essere tramandata. In Draghi presidente del Consiglio in molti si aspettano che riparta da lì: il vincolo esterno dell'Europa e i rapporti con gli Usa. Vedremo se spazzerà via i sinofili italiani e come cambierà i rapporti con il Vaticano. Di certo i cardinali che appoggiavano fino a ieri Giuseppe Conte staranno cercando di trasformarsi in gechi.
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
Gabriele D'Annunzio (Getty Images)
Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)