2021-01-14
La gang e i guanti dal terzo mondo. «Vendono la scatula... carte false»
Il nuovo business del gruppo di broker. Gli articoli sanitari prodotti in Pakistan, Afghanistan e Bangladesh.Uno dei soci: «Funziona come in Borsa, i prezzi possono salire oppure scendere» Ti ricordi quando gli mandasti la mail che dovevano tirare fuori 100 milioni, si sbrigarono e dopo un quarto d'ora ne tirarono fuori 50... un quarto d'ora ci misero». Il giornalista Rai Mario Benotti il 3 novembre 2020 ha già portato a casa il grande affare delle mascherine per la struttura del commissario per l'emergenza Domenico Arcuri triangolate per 1,2 miliardi di euro con i cinesi de Roma. Una segnalazione antiriciclaggio aveva già acceso i riflettori sull'affarone e permesso ai magistrati di aprire un'inchiesta. E quel giorno Benotti, indagato per traffico di influenze illecite, è a telefono con un altro protagonista della vicenda, Andrea Tommasi, pure lui indagato per aver intermediato l'operazione che alla fine ha fruttato ai due e all'ecuadoriano Jorge Solis da Ardea (Roma) 71 milioni di euro di provvigioni pagate dai cinesi per la mediazione. Alla struttura del commissario, a quanto pare, serviva altro materiale. Ma i piccioli da guadagnare a colpi di 50 milioni a quarto d'ora sono sulle mascherine. Tommasi lo sa bene. E infatti risponde così: «Ma lui mi ha detto che comunque non hanno bisogno di mascherine. Ho detto, guarda, son contento che non avete bisogno di mascherine, soltanto mi raccomando che poi non la rischiate. Da lì ho fatto capire bene che il mercato delle mascherine è un… come la borsa, ok?». E in un passaggio successivo della conversazione, spiega bene al coindagato questo principio: «Oggi i prezzi sono bassi, ma domani i prezzi son troppo alti e lui rischia di attaccarsi a...». Da quanto Tommasi riporta a Benotti sembra aver messo la pulce nell'orecchio di qualcuno dello staff del commissario su una potenziale nuova fornitura di mascherine. E Benotti replica: «No, ma l'essenziale è che tu gli dici... poi ci penso io... E per i guanti come gli hai scritto?». I due appaiono porsi con l'interlocutore della struttura commissariale come dei problem solvers. Forniscono prima via mail le certificazioni da inviare al Comitato tecnico scientifico, le schede tecniche dei prodotti e le quotazioni. Benotti già si fregale mani: «E facciamo venire interi aeroplani di guanti». Ma Tommasi lo frena: «Di guanti, esattamente che però ripeto c'è poco gusto, perché... poco guadagno, un cazzo e c'è tanto casino, però va bene». Ma chi è l'interlocutore della struttura commissariale? Il 3 novembre Tommasi, a telefono con Nicolas Veneziani, parla delle ulteriori certificazioni da fornire. E alla fine della conversazione dice: «Vediamo Irene cosa ci risponde... tanto noi abbiamo preso tempo col buon... appunto Fabbrocini... poi domani appena la Irene ci risponde facciamo un altro step avanti... ok?». Fabbrocini è Antonio Fabbrocini, funzionario dell'ufficio acquisti del Commissario. Ma non è l'unico contatto che i due intermediari sembrano avere. L'1 ottobre 2020 alle 16.38 gli investigatori per la prima volta sentono Tommasi fare un riferimento a un incontro con Arcuri. Nella conversazione Tommasi dice al figlio che andrà all'appuntamento con Arcuri e si sente chiedere: «Quindi lo conosci per la prima volta?». Tommasi conferma. Intanto anche Solis si è buttato sui guanti. E con Michele Casciani nel suo italiano sgrammaticato commenta: «Allora come guanti c'è tanta truffa, ci sono guanti 2 o 3 euro che fanno in Pakistan, Afghanistan e Bangladesh... ti vendono la scatula, certificazione falsa. Noi abbiamo er volume tutto il volume... che io vendo guanti a livello mundiale...». E aggiunge: «Io c'ho tutti i certificazion che la Italia è il Paese che più rompono, perché fanno perfezionare con documentazione». E anche qui spunta Arcuri (le intercettazioni depositate sono diverse rispetto a quelle pubblicate da un quotidiano): «Se infatti me chiede una cosa, se inventa no? Io la faccio, dopo... quando vado alla Francia, a Londra... el garante mio sono con garanzia totale... imparato quello. Allora tu per andare a... a Arcuri puoi presentare quello nome... società». E infine ribadisce: «Allora ascoltami, che tu sei bravo, per arrivare a Arcuri... Arcuri conosce al gruppo nostro... Fabbrocini conosce. Si tu sei bravo... con tuo amico, Arcuri a occhi chiusi te compra. Perché noi abbiamo dato credito per 400 milioni all'Italia, che nessuno lo ha. E hanno pagato, tutto hanno pagato». Intanto anche Fabbrocini è finito sotto intercettazione. Ed è così che gli investigatori scoprono che ci sono problemi con le certificazioni delle mascherine. È a telefono con Massimo Paolucci (capo della segreteria del ministro Roberto Speranza, per Arcuri si occupa degli approvvigionamenti di Dpi) quando tira fuori la storia di alcune K95 «che abbiamo», dice, «che è stata validata dal Cts, è la stessa che loro hanno mandato». Ma le grane per l'ufficio del commissario sembrano essere le dogane (forse per l'assenza di certificazione di alcuni Dpi). Antonino Ilacqua, avvocato e consigliere del ministro degli Affari regionali Francesco Boccia, in qualità di legal advisor è entrato nello staff di Arcuri e spiega a Fabbrocini che stanno mettendo in difficoltà le dogane. Sostiene di aver chiesto di accelerare il percorso. Fabbrocini, però, gli ricorda che il materiale è sotto sequestro e non è nella disponibilità del Commissario. I due, nonostante il sequestro, cercano un modo per ottenere il via libera. E Ilacqua chiude la conversazione dicendo: «C'ho 60anni, voglio di', un minimo di pelo sullo stomaco ce l'ho, eh!». Ma a quanto pare non serve, visto che, come sostiene Benotti, avverrebbero alla velocità della luce. Pasquale Ambrogio, direttore affari legali di Invitalia ne parla con Fabbrocini: «Tudini mi chiede di rivedere la delega che Arcuri ha fatto nei movimenti del conto... perché mi dice che originariamente era stata fatta da te con l'aiuto di Ilacqua ed era stata stabilita una procedura abbastanza complessa di specifica autorizzazione da parte di Arcuri a ogni tipo di pagamento prima di ogni bonifico». Fabbrocini spiega: «No praticamente noi facciamo... ma non c'è una vera e propria procedura... praticamente avviene così... Nicoletta mi prepara la email e io... la fattura da pagare... mando una mail con Arcuri in copia conoscenza con la frase "come concordato con Arcuri chiedo di pagare"...». Cifre a sei zeri. Che partono così: «Già diamo per scontato». Parola di Fabbrocini