Le stelle cadenti corrono da Matteo Salvini e indeboliscono la maggioranza. Che passa da quota 343 a quota 333 alla Camera, e da 169 a 162 al Senato. Riaprendo la partita per il capo di Stato. Nel mirino i delusi Marinella Pacifico, Mattia Crucioli e Fabio Di Micco, ma anche qualche forzista.
Le stelle cadenti corrono da Matteo Salvini e indeboliscono la maggioranza. Che passa da quota 343 a quota 333 alla Camera, e da 169 a 162 al Senato. Riaprendo la partita per il capo di Stato. Nel mirino i delusi Marinella Pacifico, Mattia Crucioli e Fabio Di Micco, ma anche qualche forzista.«Nelle prossime settimane ci saranno altri ingressi dal M5s e non solo. Per me è un'enorme gioia essere punto di riferimento». Matteo Salvini si gode il ritorno all'adorata piazza e pronostica nuovi arrivi sul carroccio del (futuro) vincitore: «Pd e M5s», sottolinea il leader leghista, «non sono capaci di gestire la ripartenza di questo Paese. Il calo di consensi? Quando vivi tre mesi su Zoom è chiaro che se togli incontri, passione e fiducia togli tanto».Incontri: parolina magica che rende l'idea di quale sia la strategia della Lega a breve, medio e lungo termine. Gli incontri che contano, infatti, non sono solo quelli nelle piazze con i propri sostenitori: sono molti i senatori e i deputati del M5s e di Forza Italia che, stando a quanto trapela dai corridoi dei palazzi romani, in questi giorni stanno parlando con Salvini per capire se esistono le condizioni per un passaggio alla Lega. La richiesta di tutti gli aspiranti leghisti? Una ricandidatura alle prossime elezioni. Il ragionamento è semplice: M5s e Forza Italia sono in questo momento sovrarappresentati in Parlamento rispetto alla loro quotazione nei sondaggi. Il 4 marzo 2018, il M5s prese il 32,7%, conquistando la bellezza di 225 deputati e 111 senatori. Oggi i sondaggi, tutti, segnalano i grillini intorno al 16%, quindi la metà dei voti del 2018. Se si votasse oggi, con questi numeri, considerando anche il fattore dei collegi uninominali, la pattuglia M5s si ridurrebbe a un terzo. Ciò vuol dire che almeno 200 parlamentari grillini sanno già di non avere alcuna speranza di essere rieletti.Stesso discorso per Forza Italia: nel 2018 prese il 14%, eleggendo 103 deputati e 55 senatori. I sondaggi collocano il partito di Silvio Berlusconi al 7%: come il M5s, gli azzurri hanno dimezzato i voti, e dunque la pattuglia che ha speranza di rielezione è meno della metà della rappresentanza parlamentare attuale. Il polo di attrazione per i parlamentari precari è quello sovranista: la Lega nel 2018 prese il 17,3%, Fratelli d'Italia il 4,3%. Il Carroccio elesse 123 deputati e 58 senatori, Giorgia Meloni portò in Parlamento 32 deputati e 18 senatori. I sondaggi quotano la Lega al doppio e Fdi al triplo: alle prossime elezioni, si apriranno praterie per l'approdo in Parlamento nei due partiti. Se il taglio dei parlamentari verrà approvato dagli italiani con il referendum, lo spazio si ridurrà di un terzo, ma le proporzioni resteranno invariate.Il Pd, che nel marzo 2018 prese il 18,7%, pur avendo subito la scissione da parte di Matteo Renzi, viene segnalato dai sondaggi più o meno alla stessa percentuale, e quindi non può promettere posti. Dunque, Salvini si prepara ad accogliere altri senatori provenienti da Fi e dal M5s, ma se nel primo caso gli eventuali passaggi non incideranno sugli equilibri tra maggioranza e opposizione, nel secondo ogni senatore che lascerà il gruppo grillino per passare al Carroccio rappresenterà un colpo pesantissimo per i giallorossi, che a Palazzo Madama ormai ballano pericolosamente sul filo di quota 161, la maggioranza assoluta. Rispetto ai 169 senatori che il 10 settembre 2019 votarono la fiducia al Conte bis, oggi i giallorossi al completo sono 162. Alla Camera la fiducia passò, il 9 settembre, con 343 voti, oggi ridotti a 333. La senatrice Tiziana Drago, interpellata su un suo imminente addio al M5s, ha risposto sibillina: «Forse è il Movimento che mi vorrebbe fuori. Occorrerebbe chiedere a qualcuno dei vertici». Segnalati in navigazione verso il Carroccio altri tre senatori pentastellati: Marinella Pacifico, Mattia Crucioli, Fabio Di Micco. Pochi giorni fa ha aderito alla Lega lasciando il M5s la senatrice Alessandra Riccardi. Nei mesi scorsi hanno lasciato il M5s saltando sul Carroccio i senatori Stefano Lucidi, Ugo Grassi e Francesco Urraro. È evidente che se tutti questi passaggi si concretizzassero a breve, il centrodestra potrebbe già tentare la spallata al governo in Senato, ma è difficile prevedere scossoni nel breve termine. Molto più concreta la prospettiva di una caduta di Giuseppi il prossimo autunno, ma anche in questo caso, con il «semestre bianco» legato alla necessaria riformulazione della legge elettorale in base all'eventuale taglio dei parlamentari, è più probabile la sostituzione del premier che il voto anticipato. Salvini, fiutata l'aria, ha un progetto: se si arriverà con questo Parlamento all'elezione del prossimo capo dello Stato, prevista per i primi mesi del 2022, vuole un ruolo da protagonista. Del resto, il governo giallorosso è nato proprio per impedire al centrodestra di eleggere un capo dello Stato non di centrosinistra. Lo stesso Salvini, pochi giorni fa, a Repubblica, ha detto: «Nel Pd almeno in cinque si contendono il Colle, ma possono mettersi l'anima in pace. Il presidente sarà eletto con molta probabilità coi voti di tutti, tranne che del Pd». Un accordo con il M5s? Non si sa. Quello che si sa è che a eleggere l'inquilino del Colle sono i senatori, e i deputati, ma anche 58 «grandi elettori regionali», tre per ogni regione (uno per la Valle d'Aosta). Di consueto ogni regione invia a Roma per l'occasione il presidente, un esponente di maggioranza e uno di opposizione. Dunque, visto che anche il numero di presidenti di Regione di centrodestra cresce a ogni elezione, Salvini può puntare a essere determinante nella scelta del futuro inquilino del Colle.
Il Tempio di Esculapio, all’interno del parco di Villa Borghese (IStock)
La capitale in versione insolita: in giro dal ghetto ebraico a Villa Borghese, tra tramonti, osterie e nuovi indirizzi.
John Lennon e la cover del libro di Daniel Rachel (Getty Images)
Un saggio riscrive la storia della musica: Lennon si ritraeva come il Führer e Clapton amava il superconservatore Powell.
L’ultimo è stato Fedez: dichiarando di preferire Mario Adinolfi ad Alessandro Zan e scaricando il mondo progressista che ne aveva fatto un opinion leader laburista, il rapper milanese ha dimostrato per l’ennesima volta quanto sia avventata la fiducia politica riposta in un artista. Una considerazione che vale anche retrospettivamente. Certo, la narrazione sul rock come palestra delle lotte per i diritti è consolidata. Non di meno, nasconde zone d’ombra interessanti.
Gianrico Carofiglio (Ansa)
Magistrato, politico in quota Pd per un breve periodo e romanziere. Si fa predicatore del «potere della gentilezza» a colpi di karate. Dai banchi del liceo insieme con Michele Emiliano, l’ex pm barese si è intrufolato nella cricca degli intellò scopiazzando Sciascia.
(IStock)
Pure la Francia fustiga l’ostinazione green di Bruxelles: il ministro Barbut, al Consiglio europeo sull’ambiente, ha detto che il taglio delle emissioni in Ue «non porta nulla». In Uk sono alle prese con le ambulanze «alla spina»: costate un salasso, sono inefficienti.
Con la Cop 30 in partenza domani in Brasile, pare che alcuni Paesi europei si stiano svegliando dall’illusione green, realizzando che l’ambizioso taglio delle emissioni in Europa non avrà alcun impatto rilevante sullo stato di salute del pianeta visto che il resto del mondo continua a inquinare. Ciò emerge dalle oltre 24 ore di trattative a Bruxelles per accordarsi sui target dell’Ue per il clima, con alcune dichiarazioni che parlano chiaro.






