2018-08-13
La forestaterapia. I giapponesi ci insegnano il «bagno» tra gli alberi per combattere lo stress
Nel 1982 Tomohide Akiyama, direttore della Japanese forestry agency, coniò il termine shinrin-yoku, con il quale si indica l'immersione nell'ambiente della foresta usando tutti e cinque i sensi, per vivere la natura da vicino.I parchi? Salviamoli da spacciatori e maniaci. Il verde cittadino è oramai preda di stranieri che delinquono. Riappropriarsene è segno di intelligenza.«Dodici ore in tre giorni per ottenere benefici». È questo il tempo necessario da trascorrere tra gli alberi per migliorare la propria salute. Parola di Marco Mencagli, agronomo, e Marco Nieri autori del bestseller La terapia segreta degli alberi.Lo speciale contiene tre articoli.Non esistono, in generale e per le vacanze estive, soltanto i bagni di sole e i bagni in mare. C'è anche il bagno nella foresta. L'espressione precisa è stata coniata in Giappone nel 1982 da Tomohide Akiyama, direttore della Japanese forestry agency: con shinrin-yoku si indica «l'immersione nell'ambiente della foresta usando tutti i vostri sensi per vivere la natura da vicino», spiega Yoshifumi Miyazaki in Shinrin-yoku. La teoria giapponese del bagno nella foresta per ritrovare il proprio equilibrio. Yoshifumi è professore universitario, ricercatore e direttore del Center for environment, health and field sciences della Chiba University, ha dato alle stampe diversi tomi sugli effetti benefici della forestaterapia, vincendo premi come quello del ministero di Agricoltura, silvicoltura e pesca nel 2000 per aver chiarito e diffuso i benefici sulla salute dei bagni nella foresta o, nel 2007, quello della Società giapponese di fisiologia antropologica. La foresta è un'area non antropizzata con vegetazione naturale e spontanea costituita soprattutto da alberi ad alto fusto. Un bosco è una foresta piccola. E, in città, possiamo considerare mini-foreste i parchi pubblici: se ci pensate, sono vere e proprie oasi verdi. Perché il bagno nella foresta, cioè camminare in una foresta o anche semplicemente stare al suo interno in relax, fa bene? Sentiamo Miyazaki: «In parole povere, lo shinrin-yoku è la pratica di camminare senza fretta in una foresta, per una mattina, un pomeriggio o un'intera giornata. Quando il termine fu coniato, l'idea era più quella di una campagna pubblicitaria per attirare gente nelle bellissime foreste giapponesi, ma fin dal principio io e altri scienziati, in Giappone come in altri Paesi del mondo, abbiamo iniziato a studiare gli effetti psicologici e fisiologici dell'ambiente naturale, e in special modo delle foreste, sulla salute e sul benessere dell'uomo». Miyazaki iniziò nel lontano 1990 i primi esperimenti di misurazione del cortisolo, considerato l'ormone dello stress, nella saliva di soggetti che passeggiavano nelle foreste dell'isola di Yakushima, convinto che stiamo conducendo una vita troppo e sempre più innaturale, che questo ci danneggi e che il rimedio sia ripristinare la natura nella nostra quotidianità e non bandirla definitivamente: «Il numero delle persone che vive in città e metropoli aumenta ogni anno. Negli ultimi anni le malattie legate allo stress sono diventate un problema sociale a livello globale. Senza che ce ne rendiamo conto, siamo stimolati e stressati in modo eccessivo da un mondo modificato dall'uomo e ciò rende il nostro corpo più vulnerabile alle patologie. Il nostro corpo è adatto alla natura». Darle spazio con regolarità, se proprio non ci si può tornare a vivere, è importante. Miyazaki parla di vera e propria nature therapy: «La nature therapy è naturale, non invasiva e sfrutta una qualità che il nostro corpo già possiede: l'adattamento alla natura. Oltre alle foreste, altri stimoli naturali hanno effetto sul nostro benessere: i parchi, i fiori, i bonsai e perfino dei piccoli pezzi di legno, rendendo i loro benefici disponibili anche per chi vive in città». Pensiamo sempre all'evoluzione in termini di presente e futuro, mai ci volgiamo al passato analizzando ciò che, evolvendo, abbiamo perduto. Se guardiamo al nostro passato, non troviamo robot, telefoni cellulari, microchip e ologrammi: troviamo noi stessi. Il nostro corpo è diventato quello che è ora tramite milioni di anni di vita nella natura. Anche se non ci pensiamo, impregnati come ormai siamo nelle peculiarissime modalità della vita contemporanea, la società moderna ci fa vivere in un continuo stato di stress. Riavvicinarci alla natura, anche solo per poco tempo ogni giorno, ci riporta più vicino al nostro «stato naturale di esseri umani», al nostro vero sé. La natura è il nostro habitat reale: il percorso dell'uomo è cominciato circa 7 milioni di anni fa. Si tratta di milioni di anni che abbiamo vissuto immersi nella natura, perché soltanto da tre secoli è cominciata la rivoluzione industriale che ci ha condotto a spostarci nelle città che, nel frattempo, diventano sempre più futuristiche e allontanano via via più velocemente ogni residuale traccia di vera natura. Nell'Ottocento solo il 3% della popolazione viveva in aree urbane, nel Novecento il 14%, nel 2016 la percentuale è salita al 54% e la United Nations Population Division stima che nel 2050 arriverà al 66%. Abbiamo passato, dunque, più del 99,99% della nostra età di esseri umani in un ambiente naturale: la vita nell'ambiente urbano ci stressa perché non è naturalmente nostra. Non parliamo, poi, della rivoluzione tecnologica: il termine technostress è stato coniato nel 1984 e da allora, che già si dava l'allarme, siamo diventati abnormemente più tecnologizzati. Non abbiamo alcuna memoria genetica dell'esistenza com'è diventata, ma ce l'abbiamo di quando vivevamo completamente immersi nella natura. Perché tutte le nostre funzioni fisiologiche si sono formate in quei milioni di anni in ambiente naturale e quella memoria genetica funziona in noi anche inconsciamente: «Quando veniamo in contatto con foreste, parchi e fiori ci sentiamo rilassati perché il nostro corpo e i nostri geni sono fatti per adattarsi alla natura», spiega Miyazaki. La città, invece, ci fa vivere il contrario: il nostro sistema nervoso simpatico è costantemente sovrastimolato da un habitat innaturale. Il sistema nervoso simpatico, ci ricorda sempre Miyazaki, è mobilizzato dalla reazione «combatti e fuggi», una reazione adrenalinica che disattiva il cervello cosciente e permette all'istinto di prendere il controllo. In condizioni normali, questa reazione che prelude al combattimento o alla fuga si attiva se davvero siamo in pericolo, come quando i nostri antenati lo erano davanti a un branco di lupi che poteva sbranarli, per esempio, 400 anni fa. Nella vita contemporanea dove tutto è artificiale, dal cibo alla luce, la reazione combatti e fuggi si può attivare anche in occasione di situazioni solo emozionalmente o simbolicamente pericolose, come l'affollamento su un vagone metropolitano o il traffico in cui siamo imbottigliati. Anche se ci percepiamo rilassati, gli effetti sul sistema nervoso simpatico ci sono. Immergersi nella natura, quindi, aiuta a regolare il sistema nervoso: da una parte rallentando la reattività combatti e fuggi del sistema nervoso simpatico, dall'altra stimolando il sistema nervoso parasimpatico (quello che fa digerire e riposare il corpo). Sono numerose le patologie legate allo stress cronico: raffreddore, mal di collo e schiena, lentezza di guarigione, aumento o perdita di peso, disfunzioni del sonno, depressione, disautonomia, sindrome dell'intestino irritabile, ulcere, gastriti, problemi cardiaci. La natura riduce lo stress perché i ritmi umani e quelli naturali sono naturalmente sincronizzati e ritrovare quella sincronizzazione agisce sulle funzioni fisiologiche alterate dallo stress. I benefici dello shinrin-yoku direttamente rilevati dagli studi di Miyazaki sono, infatti, vari e sorprendenti: aumento delle cellule natural killer, antagoniste di tumori e infezioni, aumento del rilassamento per stimolazione dell'attività del sistema parasimpatico, diminuzione dello stress tramite riduzione della stimolazione del sistema simpatico, riduzione della pressione sanguigna in chi l'ha alta e aumento in chi l'ha bassa, diminuzione dell'ansia, riduzione della concentrazione dell'adrenalina nelle urine e del cortisolo (il cosiddetto ormone dello stress) nel sangue. L'attività dei nervi parasimpatici è quella che regala maggiori sorprese: aumenta del 56% contemplando la foresta e addirittura del 102% durante il forest walking, cioè camminando attivamente all'interno di una foresta. Ottengono risultati più lievi, ma sempre relativi a questa tipologia di reazioni (il ritorno ad uno stato di calma naturale) anche gli altri esperimenti condotti da Miyazaki sulle attività tramite le quali si può «portare la foresta più vicino a casa». Tra queste, passeggiare in parchi di città, se proprio non si può nei boschi, anziché in ambienti artificiali come centri commerciali (la cosiddetta park therapy); introdurre legno non trattato e seccato naturalmente nel proprio arredamento, anche in forma di piccole sculture; dedicarsi al gardening, o coltivando direttamente piante in un proprio giardino o tenendo e osservando piante in appartamento o, addirittura, godendosi un semplice mazzo di fiori in vaso, tuffandosi nel profumo che emettono.Istintivamente, è qualcosa che già sapevamo. Miyazaki ci ha fornito le prove. Ma eravamo già stati “avvisati". Henry David Thoureau, che nacque nel 1812 e visse fino al 1862, scrisse: «Camminando, ci dirigiamo naturalmente verso i prati e i boschi: cosa sarebbe di noi se ci fosse dato camminare unicamente lungo un giardino o un viale?». Fondamentale anticipatore del pensiero ecologista che, appena due secoli dopo la sua nascita, diventa ancora più necessario per non essere completamente alienati nel definitivo abbandono della natura, Thoureau anticipò Miyazaki e i suoi studi: l'uomo che perde un sano contatto con la natura, lo perde anche con il proprio equilibrio.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-forestaterapia-i-giapponesi-ci-insegnano-il-bagno-tra-gli-alberi-per-combattere-lo-stress-2594879218.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="i-parchi-salviamoli-da-spacciatori-e-maniaci" data-post-id="2594879218" data-published-at="1757640524" data-use-pagination="False"> I parchi? Salviamoli da spacciatori e maniaci «La foresta è in tutte le mitologie un luogo sacro, come le querce tra i druidi e il boschetto di Egeria; e anche nella vita più quotidiana e familiare si parla con rispetto di foreste celebri, come quella di Sherwood. Se Robin Hood non avesse avuto Sherwood come rifugio, sarebbe difficile investire la sua storia di tutto il fascino che possiede», scrive il 23 dicembre 1841 Henry David Thoreau nel Diario. Nella fabbrica dei miti e del pensiero unico contemporaneo, tutto ciò che ha a che fare con il sacro e con il naturale e in passato aveva, per questo, considerazione positiva, adesso ce l'ha negativa. Per la mentalità progressista, infatti, positivi sono l'artificiale e l'ateo: il naturale e il sacro possono essere esibiti nella forma di feticcio esotico, come il bosco verticale che inserisce qualche arbusto nell'architettura del grattacielo, struttura che, in realtà, li rade al suolo insieme agli alberi (grattacieli naturali) per esistere al loro posto. La stessa cosa accade con il rispetto per la sola religione altrui: tutto questo titillare la religione musulmana in una nazione come la nostra, tradizionalmente cattolica, ha lo scopo di fingersi non ostili alla religione, mentre invece si umilia e annichilisce la propria. Thoreau, oggi, resterebbe sconvolto: la foresta, il bosco, il parco non godono di alcun rispetto né, tanto meno, di ammirazione. Entrano nell'immaginario collettivo e nella cronaca, invece, solo come luoghi di sciagura. Molti film horror sono ambientati in foreste e boschi, dove nessun cittadino va più e se ci va - questo sembra essere il messaggio - fa una brutta fine. Il parco cittadino è diventato quello spazio pericoloso in cui perfino la donna anziana può subire uno stupro da parte di un carnefice straniero: si pensi alla violenza sessuale al Parco Nord di Milano denunciata da un'ottantunenne l'estate scorsa. Oppure è il luogo dove svolgere in tutta tranquillità traffici illeciti: se cercate su Google le parole chiave «spaccio droga parco» vi verranno fuori infiniti esempi di parchi ostaggi di spacciatori (spesso stranieri), dal bosco della droga di Rogoredo a Milano al parco delle Groane di Ceriano Laghetto, passando per i parchetti di praticamente tutte le città italiane. Occorre, dunque, riappropriarsi dello spazio della foresta, del bosco e del parco. Dalla passeggiata allo sport, dal leggere un libro al fare un picnic al concedersi un riposino stesi sull'erba, foreste, boschi e parchi non aspettano altro che di essere ripopolati da esseri che li amino. Una città che abbandona i propri spazi naturali nelle grinfie degli incivili che ne pervertono la funzione (drogarsi è l'esatto contrario di ossigenarsi, osservare le squallide scene dello spaccio è l'esatto contrario di meditare sulla bellezza degli alberi) non è una città intelligente. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-forestaterapia-i-giapponesi-ci-insegnano-il-bagno-tra-gli-alberi-per-combattere-lo-stress-2594879218.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="dodici-ore-in-tre-giorni-per-ottenere-benefici" data-post-id="2594879218" data-published-at="1757640524" data-use-pagination="False"> «Dodici ore in tre giorni per ottenere benefici» A dimostrare che immergersi nel verde delle foglie faccia bene non sono soltanto gli esperti giapponesi. Anche celebri ricercatori italiani hanno affrontato con successo l'argomento. Ad esempio Marco Mencagli, agronomo, che assieme a Marco Nieri ha scritto un libro intitolato La terapia segreta degli alberi (Sperling & Kupfer), che ha riscosso un grande successo in tutto il mondo. Secondo i due studiosi, gli alberi offrono benefici fisici che non dipendono necessariamente dal cervello, bensì dall'azione diretta delle piante sul nostro corpo. Come spiega Mencagli, «ci sono anche stimoli di natura biochimica. Per esempio le sostanze aromatiche chiamate monoterpeni. Alcune ricerche hanno dimostrato che agiscono positivamente sul nostro sistema immunitario. Esistono prove di laboratorio ottenute su colture di linfociti, a dimostrazione del fatto che il cervello non c'entra nulla. Mi spiego meglio: a me della natura può anche non importare nulla, ma se vado in un bosco in cui sono presenti piante che emettono monoterpeni, ne traggo comunque beneficio». La pratica in questione è appunto il «forest bathing», un bel bagno nel verde della foresta. I monoterpeni di cui parla Mencagli sono «componenti degli oli essenziali emessi, per esempio, dalle querce secolari, oppure dal faggio, ma anche dal castagno e dagli eucalipti». «La terapia degli alberi», dice lo studioso, «è un meccanismo molto complesso che ha un'azione completa sul nostro organismo. Agisce sul sistema immunitario, abbassa i livelli degli ormoni dello stress come il cortisolo e l'adrenalina, regolarizza il battito cardiaco e la pressione arteriosa». Certo, bisogna che alla natura sia dedicato un determinato periodo di tempo. «Per quanto riguarda i monoterpeni, bisogna respirarli per circa 12 ore nell'arco di 3 giorni, con sedute di almeno due o tre ore nella foresta. Se non si raggiunge questa soglia non sia hanno benefici pieni. In ogni caso, la terapia dipende anche dalle nostre esigenze e possibilità. Anche un bel balcone fiorito, per una persona che si sente emotivamente coinvolta dalla cura delle piante, rappresenta una fonte di benessere. La natura possiamo cercarla ovunque».
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