2020-09-28
«Attorno a Salvini può nascere
il Republican Party italiano»
Massimiliano Romeo, Matteo Salvini, Riccarrdo Molinari (Ansa)
Il capo dei senatori leghisti Massimiliano Romeo: «Il nostro leader può unire l'attuale assetto del Carroccio con le altre culture, sul modello americano. Lo scontro tra lui e Zaia? La sinistra sogna» Massimiliano Romeo è il capogruppo della Lega a Palazzo Madama. In un'intervista a tutto campo con La Verità, liquida come una fantasia della sinistra («Lasciamola sognare») l'idea di una divisione politica tra Matteo Salvini da un lato e Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia dall'altro; disegna un orizzonte inclusivo per la Lega, evocando il modello del Partito repubblicano americano («unire forze e culture diverse in un progetto comune basato su valori comuni»); fa chiarezza sul posizionamento rispetto all'Ue. Presidente Romeo, non è che tutt'a un tratto diventate improvvisamente europeisti?«Noi non siamo mai stati anti europei. Abbiamo sempre criticato, e ovviamente continuiamo a farlo, questa gestione dell'Ue, cioè le scelte compiute da molti anni dall'attuale establishment europeo». Occhio, le forze che negli anni hanno ammorbidito la posizione sull'Ue, da Forza Italia ai 5 stelle, quando lo hanno fatto, hanno subito un contraccolpo elettorale non piccolo. «Facciamo chiarezza. Una classe dirigente adeguata deve collaborare con l'Europa. Ma nel farlo deve in primo luogo proteggere i propri interessi, la propria economia, la propria produzione. Negli anni, invece, in Italia c'è stata una classe politica subalterna, che in Europa ha assunto una postura da camerieri. Si ricorda cosa diceva Indro Montanelli?».Era sferzante anche su questo.«Appunto. Diceva che i tedeschi sarebbero entrati in Europa da tedeschi, i francesi da francesi, e gli italiani da europei. Mi pare che la battuta renda bene l'idea anche oggi».Glielo dico chiaramente. Quando i vostri avversari o i grandi giornali vi invitano a «moderarvi», o quando aggrediscono Matteo Salvini anche senza ragione, a volte ho la sensazione che abbiano nostalgia di una Lega al 4%, più piccola e meno fastidiosa per loro. Lei che impressione ha?«L'analisi del voto che alcuni hanno fatto conferma quei desideri, quella lettura di comodo, di una Lega da “confinare". Dicono ad esempio che al Sud sarebbe andata male per noi. Certo, Raffaele Fitto e Stefano Caldoro non hanno vinto. Ma in Puglia e Campania per la prima volta ci siamo presentati a delle elezioni regionali con il nostro simbolo, eleggendo dei consiglieri regionali. Era impensabile fino a pochissimi anni fa. Oppure, spostandoci dal Sud a una regione rossa come le Marche: si è vinto con una grande affermazione della lista della Lega».E quindi?«E quindi ne deduco che ci attaccano proprio perché hanno paura dell'operazione che Salvini ha giustamente voluto di una Lega nazionale. Vorrebbero confinarci al Nord e magari descriverci come estremisti sul piano ideologico e dei contenuti. E invece è proprio la presenza ovunque che potrà da un lato farci realizzare l'obiettivo storico della Lega, e cioè una maggiore autonomia dei territori, e dall'altro farci uscire da quella contrapposizione tra Nord e Sud che nei decenni ha fatto gli interessi solo del potere centrale».Approfondiamo l'analisi del voto regionale. La vostra lettura ottimistica dice: abbiamo vinto un po' meno del previsto, e dunque dicono che abbiamo perso. Mentre gli altri, avendo perso un po' meno del previsto, fanno finta di aver vinto. Ne è persuaso?«Hanno tentato di farci passare da sconfitti. Lo sapevamo da prima che, in mancanza di un successo in Toscana, ci avrebbero provato. Tenga presente che senza la nostra mobilitazione in Toscana si sarebbe perso di 20 o 25 punti. Ma poi guardi tutta Italia: dalla Liguria al Veneto, dove mi fa ridere chi dice che la Lega non è andata bene (come se Luca Zaia fosse di un altro partito), passando per il seggio senatoriale che abbiamo conquistato in Sardegna. Leggo che Nicola Zingaretti dice che con un'alleanza Pd-M5s in futuro vincerebbero ovunque: ma dove quell'intesa l'hanno fatta, come in Liguria, hanno straperso».Le propongo però una lettura più pessimistica. Anche quando, come in questo caso, si vota in un solo turno, c'è una specie di «ballottaggizzazione» contro di voi: tutti contro Salvini, il resto del mondo contro di voi. In quelle condizioni, vincere è sempre più difficile. Vi preoccupa? Come evitare questo schema di gioco?«Vero, questa tendenza al “tutti contro Salvini" c'è. Per questo vogliamo una Lega sempre più inclusiva, capace di rafforzare il dialogo e il coinvolgimento rispetto a forze, movimenti e associazioni che si sentono un po' orfani, ad esempio da quando non c'è più il Pdl».Ma vi servono forze moderate e centriste che poi passerebbero il loro tempo a distinguersi ogni giorno da Salvini per cercare visibilità, o forse, come a me pare, vi sarebbero utili componenti pro impresa e anti tasse, chiaramente liberali?«Nessuna nostalgia di certi centristi di un tempo o di punzecchiature quotidiane nella coalizione. Certamente è importante il messaggio pro impresa, e Salvini può benissimo unire l'attuale assetto della Lega con altre culture. È un po' la logica del Partito repubblicano americano: unire culture diverse in un progetto comune basato su valori comuni». Sul piano parlamentare, proseguirà lo «sgocciolamento» di deputati forzisti e grillini che bussano alle vostre porte?«La prima cosa è rafforzare l'intesa tra le tre forze maggiori del centrodestra. È anche comprensibile che ci sia un po' di sana competizione, ma dobbiamo fare sempre più squadra anche in Parlamento».A proposito di Parlamento. Sarà pure delegittimato dopo il referendum, ma andrà avanti per due o tre anni. Vi state preparando a una strategia parlamentare che abbia il passo della maratona anziché dei 100 metri?«Noi siamo già e dobbiamo essere sempre di più un'opposizione che avanza proposte. In particolare focalizzandoci sulle esigenze delle imprese. Dobbiamo proporre soluzioni che rimuovano gli ostacoli che oggi impediscono di fare impresa liberamente: dall'oppressione fiscale ai temi della giustizia civile. E occorre contrastare l'avversione dei giallorossi verso autonomi, partite Iva e professionisti. Sono quelli che mantengono la baracca, sono i non garantiti. E invece li sente come li chiamano quelli dell'attuale maggioranza? Per loro sono evasori, ladri, “prenditori"…».Che farete con il vostro gruppo europeo? Rimarrete con i compagni di strada attuali? Cercherete di costruire un unico gruppo a destra del Ppe, in dialogo con il Ppe? O cercherete di entrare nel Ppe?«La via tattica più giusta la sceglierà Matteo Salvini con il responsabile Esteri Giancarlo Giorgetti. Ci sono varie strade. Qualcuno suggerisce di entrare nel Ppe, qualcun altro invoca intese con altri gruppi. L'essenziale è tenere insieme la critica serrata a questa Europa e l'esigenza di evitare di essere additati come amici degli estremisti».Si comincia con il Mes, e poi non si sa come si va a finire. Lei teme che qualcuno abbia in mente una sorta di commissariamento dell'Italia, una «trojka senza trojka», un guinzaglio sempre più stretto che però salvi apparentemente le forme?«Ah, il Pd vorrebbe chiaramente rafforzare il vincolo esterno. Loro sono convinti che l'Italia sarebbe migliore se fosse governata da fuori. Io penso invece che una classe dirigente seria, per prima cosa, dovrebbe guardare bene ciò che ci viene proposto. Nel pacchetto europeo che si prepara nell'ambito del Recovery fund leggo tra l'altro, accanto alle buone intenzioni, anche cose molto gravi, tipo la revisione dei valori catastali. Tradotto: altre tasse sulla casa. E a quelli che parlano del Mes per assumere nella sanità dico: ma se si tratta di una spesa una tantum, poi come facciamo a far durare quelle assunzioni?».Vi preoccupano le inchieste giudiziarie, a partire dal caso dei tre commercialisti? «La Lega è nel mirino. Già c'è Salvini a processo sull'immigrazione. E poi pare che ogni giorno, o sulla stampa nazionale o su quella locale, debba per forza uscire qualcosa… Quando non riescono a batterci alle elezioni o sul piano delle idee, si mette in campo questo tipo di strumentazione».Si è provato a presentare la segreteria politica che avete deciso di varare come un «commissariamento» di Salvini, circostanza a onor del vero negata con forza da tutte le anime del partito. Semmai alcuni pongono una questione di coinvolgimento nel processo decisionale. E così?«Il partito ha bisogno di essere strutturato. A questa esigenza contribuiranno da un lato i dipartimenti e dall'altro la segreteria come luogo di sintesi politica. Noi non vogliamo un partito liquido: crediamo ai partiti strutturati. E un partito vero coinvolge sia i dirigenti sia il territorio: è fondamentale farlo. Tra l'altro la decisione di costituire la segreteria è stata presa tre mesi fa, e quindi associarla al risultato elettorale non ha senso».Ma Zaia e Giorgetti remano nella stessa direzione di Salvini?«La sinistra sogna di dividerci. Lasciamola sognare. Insieme a Matteo Salvini, ai nostri dirigenti, ai nostri territori, saremo sempre più forti».