2021-06-05
La dittatura trans ha oscurato persino le battaglie delle lesbiche
Dai fan del ddl Zan alla Fabiana Dadone, tutti mettono al centro i transessuali. E a farne le spese sono le altre minoranzeDicono che, ormai, la sinistra si occupi soltanto delle minoranze (vere o presunte), che abbia a cuore solamente i loro interessi a discapito di quelli della maggioranza. Però non è del tutto vero. Certo, i cosiddetti liberal trascurano la «gente comune» e tendono a sostenere le istanze dei gruppi sociali minoritari. Ma lo fanno soltanto se le minoranze sono utili al discorso politico. Appena escono dagli steccati e si permettono di pensare in autonomia, vengono scaricate. Lo straniero, il migrante, va bene quando accusa la destra di essere cattiva e spietata, ma se per caso osa schierarsi con i conservatori diventa un traditore della causa, se è nero viene trattato da Zio Tom. L'omosessuale è accettabile finché tifa per il ddl Zan o si batte per la causa delle associazioni Lgbt. Se esprime visioni leggermente diverse, ecco che si trasformare in un poveraccio che ha «introiettato l'omofobia». E le donne? Anche loro sono accettabili finché si comportano da minoranza e gridano contro la «differenza salariale» e il «sessismo». Ma se per caso, come Saman, sono musulmane e sono vittime della violenza tribale, smettono di essere funzionali, anzi diventano pericolose perché portano argomenti al fronte destrorso. Ieri, sul Foglio, Giulio Meotti ha raccontato il caso della francese Mila: studente di liceo, lesbica, da mesi riceve migliaia e migliaia di minacce di morte dopo un post contro il trattamento riservato agli omosessuali nel mondo islamico. A sua difesa non si sono schierate associazioni femministe, né prestigiosi intellettuali (con l'eccezione della solita, eroica femminista Elisabeth Badinter). Analogo discorso si può fare per le femministe lesbiche di casa nostra. Poiché si oppongono da tempo all'utero in affitto e, più di recente, sono molto critiche verso il ddl Zan, sono state di fatto cancellate dal dibattito pubblico. La loro voce non viene ascoltata. Anzi, illustri esponenti della sinistra di governo continuano a battere proprio sui temi che per le lesbiche sono più problematici e dolorosi, ad esempio l'identità di genere. Ieri il ministro per le Politiche giovanili, la pentastellata Fabiana Dadone, sempre in prima linea contro il sessismo, si è schierata a favore della battaglia condotta da Repubblica sull'identità di genere. Il quotidiano progressista, giovedì, ha messo in prima pagina Ludovica, 16 anni, nata Luca e oggi avviata sulla strada del cambio di sesso (sta assumendo i farmaci bloccanti della pubertà). In Italia, come noto, esiste già una legge che consente il cambiamento di sesso, ma secondo la Dadone «è ora di aggiornarla». In particolare, bisognerebbe sveltire le procedure burocratiche per il cambio di nome sui documenti, si suppone per consentire anche a chi non è operato di dichiararsi uomo o donna a piacimento. Non solo: è necessario, aggiunge il ministro, istituire la «carriera alias» nelle scuole, cioè di nuovo consentire ai minori di dichiararsi maschi o femmine e venire ufficialmente riconosciuti come tali. Forse gioverebbe, alla Dadone come ai tanti che a sinistra hanno issato la bandiera con i colori trans, dare un'occhiata a un agile libro-manifesto appena pubblicato da Il dito e la luna, e intitolato Noi le lesbiche. Spiega, con estrema chiarezza, come di fatto le lesbiche siano state emarginate dal mondo Lgbt proprio perché non si piegano all'ideologia transgender e non accettano di cancellare la differenza sessuale. Raccontano, le lesbiche, di come siano state espulse dalla storica sede dell'Arcigay bolognese, il Cassero. Raccontano delle conferenze interrotte, delle intimidazioni subite. Mostrano come vengano trattate le intellettuali che non seguono le teorie cosiddette «queer». Distanziarsi da quel pensiero, scrivono, non solo «intralcia la carriera universitaria, ma spesso non vi è la possibilità di portare posizioni diverse all'interno dei dibattiti tenuti in università». Gli attivisti trans praticano regolarmente il «de-platforming», cioè rendono «impossibile ad alcune persone parlare in luoghi pubblici, università o convegni». Ma come è possibile? Le lesbiche sono una minoranza, no? Eppure non vanno di moda. E sapete perché? Perché, ad esempio, sostengono che «nella specie umana i sessi sono due, non un continuum». O scrivono cose come queste: «Sostenere che il sesso è inesistente mina le fondamenta stesse della definizione di omosessualità e transessualità. Se non è la vagina a fare la donna, dobbiamo pensare che sia l'amore innato per il colore rosa, per il tacco 12 e per i trucchi che costituiscono l'essenza delle donne?». E ancora: «Nessuna può accettare che un bianco prenda molta melanina, si arricci i capelli e poi si dichiari nero e pretenda di usufruire delle opportunità previste dalle politiche di azioni positive per le persone nere. Eppure anche in Italia i transattivisti rivendicano che la sola autodichiarazione, senza percorso ormonale, sia sufficiente al cambio anagrafico di sesso». Sono obiezioni sensate, sensatissime. E per questo le lesbiche sono insultate, chiamate Terf o Terfone, accusate di transfobia. Ascoltarle, tuttavia, sarebbe molto importante. Specie per ciò che dicono riguardo al cambio di genere per i minorenni. Sentite: «Molte giovani attratte dalle donne si convincono, attraverso i social, di essere ftm (female to male, cioè donne che si sentono uomini, ndr) e quindi per normalizzarsi si sottopongono volontariamente e sempre più precocemente a un massacro ormonale e chirurgico che potrebbe essere inteso come una terapia di conversione all'eterosessualità (dimenticandosi che il sesso con cui si nasce non può essere cambiato). I pentimenti per questi percorsi sono sempre più diffusi». Pensateci bene: perché una donna che ama le donne dovrebbe diventare per forza un uomo? L'idea di trasformare una lesbica in un maschio eterosessuale non è, in fondo, profondamente omofoba? Sono contraddizioni ineludibili, domande a cui si dovrebbe dare risposta. Ma le risposte non arrivano, seppellite sotto tonnellate di propaganda a favore dei trans (anche minorenni) e dell'identità di genere. Succede perché non tutte le minoranze sono uguali. Non tutti gli stranieri meritano di essere difesi, non tutte le donne (come Saman) meritano attenzione, non tutte gli omosessuali (anzi, le lesbiche) vanno protetti dagli insulti. Per beneficiare di soldi, visibilità e spazio serve una cosa soltanto: essere graditi alla sinistra. Altrimenti, l'oblio.