
Il vescovo di Ascoli Giovanni D'Ercole: «I fedeli sono smarriti perché i pastori scappano davanti ai lupi. Io sono pronto a farmi «attaccare».Sull'atteggiamento della Chiesa cattolica rispetto al Congresso mondiale delle famiglie si è detto e scritto molto. Uno dei giudizi più lucidi a questo riguardo lo ha espresso monsignor Giovanni D'Ercole, vescovo di Ascoli Piceno.Eccellenza, come giudica le reazioni scomposte di coloro che hanno criticato il Forum di Verona?«Credo che questo convegno sia stato incompreso e totalmente strumentalizzato, finendo, purtroppo, stritolato dal clima di continua propaganda elettorale che stiamo vivendo. E allora anche il tema della famiglia, che in altri momenti avrebbe potuto avere un po' più di rispetto, è stato oggetto di attacchi irrazionali e scomposti, tanto da far pensare addirittura a una sorta di strana, ma preoccupante forma di “famigliafobia"». Perché è così difficile parlare di famiglia? «Quando parliamo della famiglia sembra che significhi attaccare e condannare automaticamente chi non crede nella famiglia naturale, costituita da un papà, una mamma e dai figli. Come se parlare di famiglia naturale significasse impedire con forza che ci siano nella società le unioni civili o le unioni omosessuali. C'è poco da fare, siamo vittime di un imbarbarimento culturale e di una chiusura mentale, oltre che di un indurimento del cuore per cui affermare le proprie convinzioni diventa, secondo questa logica perversa, voler prevaricare gli altri».Lei non vede anche un'operazione ideologica di potere dietro questi attacchi?«Credo che occorra ricordare un fatto essenziale, quello che Giovanni Paolo II ripeteva spesso: la famiglia è l'ultimo bastione a difesa della civiltà. E quindi questo attacco, che è partito da molto lontano contro la civiltà e contro la Chiesa cattolica - va detto chiaramente -, trova nella famiglia il terreno di scontro più significativo, dove l'attacco si fa più forte. Io però sono convinto che la famiglia resisterà. Non riusciranno, infatti, ad abbatterla. Di questo sono certo». Non pensa che oggi ci sia una sorta di reticenza, o forse di paura, nel difendere la famiglia?«Sì, anch'io percepisco un diffuso smarrimento fra tanti cristiani. Si teme che difendendo la famiglia naturale si possano offendere gli altri. Credo che anche qui occorra uscire da questa paura. Oggi bisogna avere il coraggio di dire con chiarezza che solo la famiglia fondata sul matrimonio può generare figli e quindi dare futuro all'umanità. Tutto il resto ci può stare, per carità, perché la misericordia di Dio ci abbraccia tutti e nessuno ha diritto di ergersi a giudice degli altri, però - sia ben chiaro - chi difende la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna difende i diritti dei bambini, difende il futuro del mondo. Proprio perché si tratta di una causa della massima importanza e di una lotta tremenda contro forze occulte, dal punto di vista anche spirituale, noi dobbiamo pregare intensamente come disse di sé papa Benedetto XVI all'inizio del suo ministero, perché i pastori non indietreggino davanti ai lupi che vogliono aggredire la verità del Vangelo e, direi io, il Vangelo della famiglia. Dobbiamo pregare tanto per noi vescovi e per tutti i pastori perché il nostro è un compito difficile, una missione che chiede tanta sapienza del cuore e coraggio nell'agire. È importante che chiunque ha responsabilità nelle nostre comunità cristiane non abbia paura di parlare, come più volte fa papa Francesco, di famiglia naturale». Cosa l'ha maggiormente colpita negli attacchi rivolti al Forum? «Ho sentito parlare di “vergogna" a proposito di questo Congresso di Verona, ho sentito parlare di “sfigati". Ho sentito stupidaggini che fanno capire la chiusura mentale e qualche volta l'obnubilazione dovute non solo all'ideologia, ma a qualcosa che non riesco neppure a comprendere. Davvero non riesco a capire come si possa reagire con simili attacchi di fronte a una cosa così bella come la famiglia». È noto che lei non tema di dire la verità quando parla di famiglia naturale.«Io resto, seguendo l'esempio di Giovanni Paolo II (con il quale ho avuto modo di collaborare), strenuo difensore della famiglia e sono disposto anche a farmi colpire in qualsiasi modo, pur di difenderla. Credo anche che sia un dovere di tutti noi, di chiunque ama il futuro del mondo, e vuole essere fedele alla propria missione evangelica». Non rischia, così, di apparire poco misericordioso? «No. Difendere la famiglia naturale non vuol dire non avere comprensione, come ci ricorda papa Francesco, verso ogni altra forma di civile istituzione familiare, oggi codificata da leggi statali. Non significa, soprattutto, essere privi di compassione, cioè di capacità di comprendere e compatire le ferite delle famiglie, che sono tante e spesso molto dolorose. Anzi aggiungerei che solo nella massima chiarezza della verità nasce il dialogo più fruttuoso, che non è frutto di compromessi al ribasso, ma di ricerca compartecipe del bene di tutti».Cosa resterà, secondo lei, di questa iniziativa?«Credo che le verità ribadite a Verona, al netto delle polemiche, alla fine hanno avuto la meglio. Sì, c'è stato chiasso, ma si avrà modo di far comprendere a tanta gente le occasioni perdute e a tanti giornalisti che hanno sprecato l' opportunità di comunicare dati interessanti. Andrebbe riletta la lettera di San Paolo apostolo ai Romani, quando si riferisce a tutte quelle forme di umani comportamenti che giudica immorali, e che sono oggi resi “diritti civili" dalle società democratiche». Quindi, cosa occorre fare?«Bisogna alimentare il coraggio delle famiglie affinché questo mondo non cada nel precipizio del nulla. E poi pregare, pregare, pregare...». Come giudica l'atteggiamento del governo rispetto al Forum?«Ritengo che abbiano fatto male i ministri che hanno pubblicamente criticato il convegno, invece di parteciparvi. Come ritengo sia stato un errore il fatto che la presidenza del Consiglio abbia tolto il patrocinio. Avrebbero dovuto mettersi d'accordo a livello governativo, facendo in modo che non si desse adito a nessuna strumentalizzazione di tipo politico-partitico. Perché, parliamoci chiaro, da più di un anno siamo in campagna elettorale permanente e tutte le occasioni sono buone per buttarsi addosso fango. Questo spettacolo ci ha davvero stancati, e siamo stufi di vedere che, alla fine, a farne le spese è sempre la famiglia».
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





