2019-06-20
La Chiesa italiana è senza preti e deve dire: «Prima gli stranieri»
Il crollo delle vocazioni crea disagi nella gestione delle nostre 27.000 parrocchie. Per questo è sempre più frequente vedere sugli altari nigeriani, congolesi o filippini. Per Bergoglio si tratta di una «emorragia».Nel 1881 in Italia c'erano più di 80.000 preti cattolici. Oggi sono appena 30.000. Un crollo delle vocazioni che, anno dopo anno, ha svuotato gli altari. E che adesso si fa sempre più preoccupante, nonostante papa Francesco e i suoi recenti appelli per fermare quella da lui definita una «emorragia». Anzi il pontificato di Bergoglio coincide con il calo della devozione, delle vocazioni, dei fedeli a messa e l'affievolirsi del sentimento religioso. Non si può certo addossare a lui la colpa, ma l'avvento di Bergoglio al soglio di Pietro non ha frenato o attenuato questo declino già in atto.A testimoniare il calo delle ordinazioni sono i numeri dell'ultimo Annuarium statisticum ecclesiae: i dati dicono che ogni cento sacerdoti in servizio nel mondo ci sono solo 28,8 seminaristi, cioè ragazzi che seguono un corso di studi di livello universitario in seminario e che hanno già accettato la vocazione religiosa. Questo significa che il tasso di sostituzione dei preti è estremamente basso, e non può garantire continuità. Per ogni sacerdote che va in pensione non c'è, quindi, un giovane in grado di prenderne il posto. Il risultato è che, nel nostro Paese, ai vertici delle parrocchie arrivano sempre più spesso preti stranieri, in particolare africani. Perché lì, al contrario di quanto avviene in Europa, le ordinazioni sono ancora molto numerose. A preoccupare il mondo cattolico è l'impossibilità di garantire il servizio, ma anche quello sforzo di apertura sempre maggiore che papa Bergoglio auspica.nuove formuleRecentemente il Pontefice è tornato sull'argomento, parlando di «emorragia» delle vocazioni. Definita, da lui, come «il frutto avvelenato della cultura del provvisorio, del relativismo e della dittatura del denaro, che allontanano i giovani dalla vocazione, insieme alla diminuzione delle nascite e agli scandali e alla testimonianza tiepida». Papa Francesco ha sottolineato come sia «triste» assistere a questo «stato di sterilità vocazionale senza rimedi efficaci». Dimostrando che oggi, per la Chiesa, proprio questo è uno dei problemi più urgenti all'ordine del giorno. Fanno però da contraltare a questi numeri allarmanti quelli, decisamente più positivi, che riguardano i nuovi battezzati. Il loro numero, in tutto il mondo, negli ultimi dieci anni è cresciuto del 14,1 per cento, più velocemente della popolazione che invece è aumentata del 10,8 per cento. Anche se moltissimi di loro, soprattutto nel nostro Paese, non frequentano la messa o i luoghi di culto. Infatti anno dopo anno, i fedeli praticanti sono diminuiti progressivamente spingendo i preti a capo delle 27.000 parrocchie presenti in Italia a cercare formule sempre più originali per attrarli. «Il dato sulla diminuzione delle vocazioni è certo», conferma Massimo Introvigne, presidente del Cesnur, «mentre sul crollo dei fedeli i dati non sono sicuri, ma solo il frutto di rilevazioni statistiche. La colpa di questo fenomeno non può essere attribuita al celibato, anche perché un problema simile è avvertito anche nelle grandi confessioni protestanti. Siamo invece di fronte a una serie di problemi complessi, come per esempio il calo demografico». cresce solo l'AfricaCosa succederà quindi in futuro? «In linea di massima si pensa che intorno al 2025 i sacerdoti diocesani in Italia possano essere circa 25.000, ma anche quasi 33.000 se si mantiene una densità costante di ordinazioni», spiega il sociologo Roberto Cipriani, «molto, come nel passato, dipenderà dagli andamenti ciclici nel numero annuale delle ordinazioni. In media nel ventennio 1983-2002 vi sono state 461 ordinazioni annue di sacerdoti diocesani nel nostro Paese, ma se si considera il solo decennio 1993-2002 la media è stata leggermente più alta: 494 nuove ordinazioni per anno».Nel frattempo le parrocchie italiane, per sopravvivere, ricorrono sempre più spesso a preti stranieri. Se si guarda, infatti, agli ultimi anni si scopre i seminaristi sono cresciuti solo in Africa (+13,1 per cento nel 2016) e in Asia. L'Europa, invece, sta diventando sempre più sterile. Anche di preti. Basti pensare che nel 2017 il Vecchio continente ha contribuito solo per il 14,9 per cento al totale mondiale dei seminaristi, l'America per il 27,3, l'Asia per il 29,8 e l'Africa per il 27,1. Il risultato è che ci sono sempre più immigrati a prendere il posto dei preti italiani. Sono ben 922 quelli attualmente impegnati nella pastorale ordinaria e 661 gli stranieri che, pur svolgendo studi teologici, prestano servizio pastorale nelle parrocchie. Un vero e proprio esercito che compensa la crisi delle vocazioni nel nostro Paese.missionari al contrarioQuesti nuovi «missionari al contrario» sono nella maggior parte dei casi indiani, congolesi, nigeriani, filippini, polacchi, romeni, sudamericani, ma anche francesi, spagnoli e in qualche sporadico caso nordamericani. Vengono da lontano, dove vocazioni e ordinazioni non conoscono recessione. Nella maggior parte dei casi i preti immigrati si fermano in Italia dopo essere arrivati per studiare nelle università pontificie. Il loro numero è in continuo aumento, come documenta l'Istituto centrale per il sostentamento del clero. È il segno che esiste una necessità impellente, un vuoto da riempire, dal quale potrebbe dipendere la sopravvivenza della Chiesa.
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