2019-07-19
La Chiesa fa quasi santo Camilleri ma lui lanciava uova al crocifisso
«L'Osservatore Romano» ricorda divertito una bestemmia dello scrittore davanti al futuro papa Roncalli. «La Civiltà Cattolica» e «Avvenire» si accodano, scordando che il papà di Montalbano era ateo e anticlericale.I giornali celebrano l'autore siciliano come se fosse un vate. Però la grande notorietà gliel'ha data solamente la televisione.Lo speciale contiene due articoliLa bestemmia letteraria. È l'ultima trovata da sacrestia, il modo migliore per mandare Andrea Camilleri in paradiso senza passare dal giudizio universale. Un biglietto «saltafila» (come per salire all'Empire State Building), settore fumatori, non si può negare al papà del commissario Montalbano anche se era un mangiapreti; dopo aver perso due milioni di contribuenti con l'ossessione per i migranti, la Chiesa non può permettersi di indurre al cattivo umore i milioni di frequentatori della fiction. Così L'Osservatore Romano celebra uno degli autori più anticlericali dell'ultimo mezzo secolo non per la caratura letteraria (che scricchiola), ma per una parola blasfema pronunciata davanti a un futuro pontefice.La faccenda è curiosa, sembra il mondo al contrario, invece è un aneddoto che al giornale del Papa piace parecchio. Ne parla Giovanni Ricciardi sotto il titolo «Le nuvolette di Camilleri». Erano gli anni Cinquanta e alla Cittadella di Assisi la Rai stava preparando uno spettacolo teatrale per la regia dello scrittore. «La questione verteva sulla forma di alcune nuvolette da disporre sulla scena a simboleggiare in modo minimalista il paradiso. Un suo irrequieto collaboratore a cui non piacevano si accingeva a distruggerle», prosegue il corsivo, «quando Camilleri per fermarlo lo apostrofò con quel corredo improprio (la bestemmia) senza accorgersi che la platea era affollata di prelati». C'era anche Angelo Roncalli, che sarebbe diventato papa, al quale il regista chiese scusa.Ora, la nostra intenzione non è evocare una ridicola indignazione 70 anni dopo in nome di papa San Giovanni XXIII - che, essendo bergamasco, di saracche dalle impalcature della Val Brembana ne avrà sentite collezioni -, ma sottolineare l'allegra leggerezza con cui la voce ufficiale del Vaticano tratta un personaggio che ha disprezzato la religione per tutta la vita. A tal punto da chiedere di essere sepolto nel cimitero Acattolico di Roma. Dettaglio che non affiora sul giornale del Vaticano, preoccupato di stiracchiare un parallelo alla cannabis fra lo scrittore siciliano e Alessandro Manzoni, neanche fossero lontani parenti. L'abbraccio acritico al tipaccio che cominciò a tirare uova contro il crocifisso a 14 anni e non ha mai smesso, suona stupefacente e falso come la risata a comando a una barzelletta di Silvio Berlusconi.Isole nella corrente, dentro il mare caldo del conformismo. È l'impressione che ti assale nel leggere anche le due pagine dedicate a Camilleri da Avvenire, dove c'è tutto ciò che hai già letto su Repubblica. Quindi non che legittimò il massacro di studenti a Tienanmen, non che tollerò e spiegò la necessità dei gulag sovietici. E non che, da iscritto al Pci nell'immediato dopoguerra, quando ha potuto, ha magnificato il paradiso comunista nel quale si radevano al suolo le chiese per costruire piscine del popolo. In un'intervista disse: «Dio non sta nella mia vita. Ci stanno molte cose, ci sta l'idea di spirito, non ci sta materialismo banale o altro. Ci sta Perché non possiamo dirci cristiani di Benedetto Croce. Ma la fede, quella non ce l'ho. E in fondo mi dispiace perché un po' di fede mi farebbe avere meno paura».Questo altopiano battuto dal vento in cui Dio e la Chiesa non esistono, è rappresentato benissimo nei suoi oltre 100 libri. Scrive sul blog CatholicaForma don Ignazio Abuna, già parroco di Scicli, direttore dell'Ufficio diocesano per l'Ecumenismo di Noto, che conosce bene la Sicilia di Montalbano: «In Camilleri preti e Chiesa, quando ci sono, sono trattati sempre nell'unico modo anticlericale e illuminista secondo il vecchio cliché stantio. La Chiesa è oscurantista, alleata dei potenti e dei mafiosi, concorre allo sfruttamento dei poveri. E i preti sono mezze figure che pensano a fare soldi vendendo sacramenti e bolle di indulgenze o a fare i mezzani tramite il plagio nel confessionale. Tutte le dimensioni della Sicilia sono illustrare tranne una, quella della religione. Penso a don Luigi Sturzo, a don Pino Puglisi ucciso dalla mafia. Cos'erano, sardi o veneti?».Ha ragione, i cabasisi vorticano. Dettagli insignificanti per i giornali cattolici impegnati a esplorare gli orizzonti dell'ovvio. Non si scompone neppure Dario Edoardo Viganò, assessore presso il Dicastero per la comunicazione della Santa sede. Anzi flauta: «Ci ha regalato un racconto di umanità resiliente che guarda all'orizzonte con ironia e tenacia». L'ineffabile padre Antonio Spadaro (direttore della Civiltà Cattolica) chiude il de profundis ringraziando stile salmo: «La tua passione ci accompagna nel fare la nostra parte perché la nostra Italia sia più sana, sia migliore». Senza Dio e con qualche bestemmione in più. Giorgio Gandola<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-chiesa-fa-quasi-santo-camilleri-ma-lui-lanciava-uova-al-crocifisso-2639253050.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="per-i-media-e-un-genio-anche-se-non-ha-inventato-nulla" data-post-id="2639253050" data-published-at="1758035413" data-use-pagination="False"> Per i media è un genio anche se non ha inventato nulla «Pronto maestro, sarebbe d'accordo nell'istituire una giornata per la memoria, che ricordi i crimini commessi dai regimi comunisti in tutto il mondo?». Andrea Camilleri risponde: «Che mi rappresenta questa proposta? No, non sono d'accordo. Mi basta ricordare gli orrori dei nazisti, con la giornata sulla Shoah…». Camilleri non si è mai occupato dei regimi comunisti, come Cina, Cuba, Corea del Nord, Vietnam… e neanche di quelli storici, dell'Urss e dei Paesi dell'est europeo. Del resto lui continuava a definirsi orgogliosamente comunista. «Il maestro dei cento libri», tuttavia, non disdegnava la sua presenza sui media quando doveva colpire Silvio Berlusconi e gli altri esponenti di centro destra: Matteo Salvini aveva preso il posto, nelle sue critiche ossessive, del Cav. Camilleri si affiancava sempre a Roberto Saviano, agli esponenti del Pd più di sinistra, ai sopravvissuti del comunismo, a Libera di don Ciotti e a tutti i preti più estremisti, favorevoli all'immigrazione selvaggia. Quando però si parlava di diritti umani, il maestro non era soltanto cieco (purtroppo, lo è poi diventato), ma anche sordo. A Zapping l'ho fatto cercare più volte, per le campagne umanitarie che ciclicamente promuovevo (contro la pena di morte, per i diritti umani in Cina, a Cuba, in Iran), mai una volta il maestro si è dichiarato disponibile. Faceva rispondere che era sempre impegnato. Non lo era mai, però, con i media amici, come, ad esempio, Micromega. Il direttore ha scritto: «Andrea era per noi tutti un compagno, parola desueta che ha sempre amato, avendo rivendicato sino all'ultimo il suo essere comunista. Che, certamente non aveva nulla a che fare, e da lunghissimo tempo, con il comunismo degli apparati, o dei residui ciarpami mini-partitocratici che ancora sequestrano quel nome». Può darsi che Camilleri abbia preso le distanze dagli apparati comunisti, ma non vi sono prove che lo abbia veramente fatto e comunque non c'è una sola dichiarazione sua che contesti, denunci o critichi i regimi comunisti. Anzi. Del resto, quando nel 2007 la giuria del premio Boccaccio (Certaldo, provincia di Firenze) decise di assegnargli il massimo riconoscimento, Camilleri ribadì, senza alcuna reticenza, la sua formazione ideologica. Matteo Collura e io, membri della giuria, non vedemmo di buon occhio questo premio, ma per l'insistenza del presidente della giuria, Sergio Zavoli (ex socialista, passato al Pd), un autentico «dittatore», non insistemmo. Eravamo convinti (e oggi lo siamo ancora di più) che Camilleri rappresentasse un fenomeno mediatico. Non basta dire, infatti, che Camilleri è «uno scrittore di libri popolari, che porta la gente a leggere». In realtà la fortuna di questo scrittore sono state le fiction televisive, col commissario Montalbano, con continue repliche. Ha influito sicuramente la curiosità per la «nuova lingua», la «vigatese». In realtà Camilleri non ha inventato nulla: né Vigata (ha solo cambiato nome a Porto Empedocle, la sua città natale), né la lingua. Il fatto che abbia inserito spesso delle parole siciliane non significa avere «costruito» alcuna nuova lingua. Si è limitato a inserire alcuni vocaboli, presi a prestito dal teatro siciliano antico nei suoi testi. Del resto mia madre, scomparsa a 96 anni, utilizzava lo stesso dialetto siciliano e non aveva mai letto i libri di Camilleri. Lui ha vissuto la maggior parte sua vita a Roma, andava solo ogni anno per qualche settimana a Porto Empedocle, dove aveva una casa, per «abbeverarsi» del dialetto, ma doveva cercare le persone molto anziane perché i giovani da molti anni non utilizzano più quell'arcaico linguaggio. Notiamo dalle troppe pagine dei quotidiani dedicate allo scrittore scomparso che i critici seri non condividono le troppe ipocrisie di tanti intellettuali. Giustamente lo scrittore siciliano Matteo Collura (biografo di Leonardo Sciascia, ma anche di Luigi Pirandello) ha detto: «Si è fatta una gran cagnara mediatica per un autore. Neppure per grandi scrittori europei, come Umberto Eco, si è fatto tanto clamore mediatico». È vero: interi Tg, programmi speciali (soprattutto in Rai), in Tv e alla radio, dedicati a Camilleri. Non tutti però, come si è detto, sono d'accordo su questa «santificazione» del maestro. Citiamo, fra le tante, due opinioni: Giulio Ferroni (docente di letteratura a Roma) ha scritto: «Non è uno scrittore importante del Novecento». Infine, Massimo Onofri, critico letterario siciliano, molto accreditato: «Un autore che ha realizzato un'abilissima operazione di mercato, i cui romanzi non hanno nessuna necessità espressiva e la cui scrittura è caratterizzata da un dialetto esornativo, cautamente lessicale, ancora rassicurante». Ora sono troppi i critici e i giornalisti a tessere elogi, sventolando amicizie prima celate. Ma si sa che la sagra delle ipocrisie è sempre potente. C'è solo una curiosità da ricordare: il 9 maggio 2018 abbiamo rivelato su La Verità una scoperta, con questo titolo: «Camilleri e il giallo segreto. Stampate 1.500 copie solo per gli amici». Lo scoop veniva raccontato in ogni dettaglio, ma non abbiamo registrato alcuna reazione, né dello scrittore, né dai suoi amici. Forse i contenuti sono scabrosi o ci sono motivazioni private. Ora il libro sarà pubblicato (era questa la volontà dello scrittore) e scopriremo forse qualche altra ombra di Camilleri, uno scrittore troppo osannato. Aldo Forbice