2018-04-06
La Cdp riesuma per Telecom il piano di Prodi. Ma Berlusconi questa volta è d'accordo
Il governo, con l'ok di 5 stelle e Fi, dà mandato alla Cassa di acquistare il 5% dell'azienda controllata da Vivendi. L'obiettivo è quello di allearsi con il fondo Elliott e rendere pubblica la rete. Il blitz avviene mentre il cda è decaduto e restano solo pochi giorni per rinominarlo.Rispetto a 12 anni fa quando Angelo Rovati presentò il piano di scorporo dell'infrastruttura il Cavaliere è schierato con le Fondazioni di Giuseppe Guzzetti e con gli uomini del Professore.Intanto la contromossa francese. Al vertice di Telecom Sparkle viene nominato Stefano Siragusa, uomo vicino a Matteo Renzi. Si tratta di una poltrona che scotta e sempre nel mirino della sicurezza nazionale.Lo speciale contiene tre articoliRomano Prodi non sapeva nulla, «la responsabilità di quello studio è soltanto mia». Angelo Rovati, consigliere politico economico del premier in carica nel 2006, confermava di aver preparato un piano per Telecom e di averlo inviato a Marco Tronchetti Provera. La pietra dello scandalo era un testo di 28 pagine piene di grafici, numeri e proiezioni. «Un dossier in cui si suggerisce, tra l'altro, lo scorporo della rete fissa da Telecom Italia e il suo passaggio sotto il controllo della Cassa depositi e prestiti. Ovvero lo Stato. «Rovati, però, nega di aver avuto intenti coercitivi o di essere pedina di un complotto: Sarebbe stato da cretino mandare lo studio al diretto interessato per condizionare società o azionisti», scriveva a settembre del 2006 il quotidiano allora diretto da Ezio Mauro attraverso un articolo che potrebbe essere pubblicato paro paro oggi.La Cassa depositi e prestiti sembra infatti aver riesumato quel piano (sul quale indagò anche la magistratura) per scorporare la rete ed entrare nel capitale di Tim. Ieri con uno scarno comunicato ha fatto sapere di essere pronta a investire fino a 900 milioni ovvero fino al 5% di Tim. Comunicato inutile visto che era stato anticipato ad alcuni media tramite veline nonostante si tratti di un titolo quotato. Motivazione? «L'Interesse del Paese». In 12 anni sono cambiate tantissime cose, gli interlocutori sono diversi ma l'Italia non cambia mai. E si ritorna al Via. Stavolta il governo, lo Stato hanno trovato nel fondo Elliott un grande sostenitore. Gli obiettivi sono gli stessi: estromettere i francesi di Vivendi e fare in modo che la rete venga scorporata sottratta al controllo dell'azionista di maggioranza e poi fusa con quella di Open fiber. L'operatore pubblico che al momento fa volumi circa un decimo rispetto a quelli di Tim. È chiaro che l'ingresso è avvenuto a gamba tesa. Due settimane fa Elliott è entrato nell'azionariato e ha chiesto le dimissioni del consiglio d'amministrazione. A cda decaduto s'infila la Cdp la quale avrà circa una settimana di tempo per procurarsi le azioni di Tim se vorrà votare sulla revoca dei consiglieri di Vivendi nell'assemblea del 24 aprile. «Riteniamo che la Cdp dovrebbe decidere di acquistare la sua quota prima del 13 aprile che è la record date per l'assemblea in programma del 24 aprile se vuole supportare la richiesta di Elliott di sostituire sei consiglieri» affermano gli analisti di Fidentiis, che giudicano la discesa in campo della Cdp una notizia positiva «in quanto potrebbe accelerare una fusione con Open Fiber e il riconoscimento di un modello Rab per la rete, necessario per la quotazione». Al di là del parere di chi guarda esclusivamente al valore del titolo quotato la partita è veramente complessa. Non si può non notare che l'arbitro, lo Stato, è entrato nella partita e ha preso le parti degli americani. Non solo ha dichiarato che i tempi della partita a calcio cambiano perchè le finalità non sono più quelle dell'investimento privato, ma della «sicurezza pubblica», citando le frasi dei rappresentanti dei 5 stelle utilizzate anche da ministro uscente Carlo Calenda. Ovvero riportare la rete telefonica dentro il perimetro pubblico. Come pubblici sono i soldi che Cdp sarebbe pronta a investire Il 5% di Tim a prezzi correnti vale circa un miliardo che - inutile ripeterlo - sono soldi che provengono dalle tasche dei pensionati. Il che rende la partita ancora più dura e puntellata anche da colpi bassi. Ad esempio il fondo Usa ha scoperto un alleato forse imprevisto. Il presidente del collegio sindacale di Tim, Roberto Ruggero Capone, è stato tra i più attivi nel prendere la decisione di reintegrare l'ordine del giorno dell'assemblea con richieste di Elliott. Capone è anche il presidente del collegio di Cdp equity, la società controllata da Cdp che detiene la quota in Open fiber. È vero che il mondo è piccolo però forse l'Italia lo è un po' troppo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/la-cdp-riesuma-per-telecom-il-piano-rovati-2556499130.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ma-rispetto-a-12-anni-fa-ora-berlusconi-e-schierato-con-prodi-e-guzzetti" data-post-id="2556499130" data-published-at="1757695236" data-use-pagination="False"> Ma rispetto a 12 anni fa ora Berlusconi è schierato con Prodi e Guzzetti LaPresse Al tempo del piano Rovati per scorporare la rete di Telecom, il consigliere di Romano Prodi immaginava, dopo la separazione dell'asset, una fusione tra Telecom e Mediaset con l'obiettivo di aumentare la capacità di investimento e la presenza internazionale dell'Italia. All'epoca Silvio Berlusconi si trovava dalla parte opposta della barricata governativa. E al suo fianco in caso di deflagrazione degli eventi avrebbe avuto l'attuale nemico Vincent Bolloré, numero uno di Vivendi. Nel libro edito con Massimo Mucchetti, Cesare Geronzi racconta che Bolloré gli fu mandato proprio dall'allora presidente del Consiglio, nel marzo del 2003. Se poi giriamo le lancette della storia al 2016, sono stati in molti a pensare che quel progetto di fusione tra Mediaset e Telecom sarebbe potuto essere realizzato direttamente dal finanziere bretone. Il mercato e soprattutto le elezioni (non certo favorevoli a Forza Italia) hanno cambiato le carte in tavola. Nella sortita di Cdp annunciato con tempistiche sulle quali la Consob dovrebbe indagare (il titolo ieri è letteralmente schizzato del 5%) il presidente del Consiglio uscente Paolo Gentiloni, e con lui il ministro Carlo Calenda, risultano allineati a Giuseppe Guzzetti presidente di Acri (le fondazioni bancarie detengono il 15,93% di Cdp) e ogni mossa risulta verificata anche con le principali forze politiche, dai 5 Stelle fino a Forza Italia. Il Governo ha tenuto a far sapere attraverso l'Ansa e i principali governi che si è trattato di una scelta politica ecumenica. Si nota solo l'assenza di Matteo Renzi nel consesso e spicca la presenza di Forza Italia. La decisione, secondo quanto scrive Repubblica, sarebbe stata maturata durante il ponte di Pasqua in una riunione tra Gentiloni, Calenda e il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, più restio a procedere con l'operazione. Operazione - che come scrive il Messaggero - è intesa come intervento di «sistema su indicazione del governo Gentiloni, cui sta particolarmente a cuore il destino della Rete»; in sintonia, peraltro, con i ripetuti solleciti giunti in questi giorni dai vertici di Lega e M5S. Sia Matteo Salvini che Luigi Di Maio in più occasioni avevano nei giorni scorsi mostrato di mal sopportare il fatto che il controllo di Tim sia nella mani di un gruppo straniero.Sul tema della Rete, quello che più sta a cuore a Cdp, l'ad di Tim Amos Genish è intervenuto intervistato dal quotidiano francese Les Echos: «è un imperativo che Tim controlli la sua rete», ha detto. Ovunque dove gli operatori non hanno seguito questa strategia (ci sono esempi negli Usa, in Australia, o in Nuova Zelanda) ciò ha creato rischi inutili per una resa molto debole o nulla». Senza muovere un dito a portare a casa il successo più grande è però Silvio Berlusconi che alleato stavolta con Guzzetti e Prodi (da notare che l'altra sera si è dimesso dal cda del Sole 24 Ore Massimo Tononi, assistente del Professore in Iri, e secondo indiscrezioni in movimento verso Cdp) blinda il Biscione. Prima ha chiuso un'alleanza strategica con Sky sui contenuti Premium e ora si garantisce la sterilizzazione di Bolloré e dei francesi in Tim. Se veramente risorgerà il piano Rovati, Mediaset e Tim potranno fondersi ma per per il Cavaliere non si tratterà di scippo bensì di matrimonio con tanto di dote. R.E. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-cdp-riesuma-per-telecom-il-piano-rovati-2556499130.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="a-capo-dei-segreti-della-rete-sparkle-vivendi-mette-un-renziano" data-post-id="2556499130" data-published-at="1757695236" data-use-pagination="False"> A capo dei segreti della rete Sparkle, Vivendi mette un renziano Mentre infuria la battaglia attorno a Tim e alla sua rete telefonica, ieri un sottile comunicato stampa ha fatto sapere che sono stati rinnovati i vertici di Telecom Sparkle, controllata di Tim e altro asse strategico. Anzi ancora più strategico della rete stessa. L'azienda infatti è il vero scrigno delle tlc e contiene le infrastrutture di tipo Tier 1. È attiva in 41 Stati e fornisce servizi per oltre 500 clienti. Tra questi ci sono - giusto per farsi un'idea del livello di professionalità - Google e Facebook. Il 75% del traffico internet targato Israele passa attraverso la fibra ottica detenuta da Telecom Sparkle. Al tempo stesso la controllata di Tim ha un ufficio in Iran e mantiene il ruolo dominante nel Mediteranneo. Il che significa che collega gli Usa con l'Asia. La premessa ci sembrava d'obbligo per spiegare perché fino ad oggi chi ha cercato di toccare o mettere definitivamente le mani sull'azienda ci ha lasciato la pelle. nemmeno il Tiger team del 2006 ha osato tanto. Mentre non si può non notare la coincidenza delle disavventure giudiziarie di Silvio Scaglia (assolto in via definitiva solo il mese scorso) con i tentativi di avvicinamento di Fastweb alla stessa Sparkle. I vertici dello scrigno devono possedere un elevato Nos (nulla osta di pubblica sicurezza) e anche i consiglieri di Tim che se ne occupano devono coordinarsi con il governo. Per quasi due mesi le autorizzazioni Nos sono rimaste in sospeso. L'ad di Tim Amos Genish ne è sprovvisto e la mancanza di Nos era stata motivo di tensione con il governo e con i vertici della sicurezza. La scelta di ieri è estremamente importante perché resta l'arma in mano ai francesi per resistere agli assalti di Cdp. Vivendi ha dunque scelto come amministratore delegato Riccardo Delleani e presidente Stefano Siragusa. Il primo è uomo di azienda, già ai vertici di Sparkle nel 2012 e nel 2013 fa il suo ingresso nel gruppo Telecom nel lontano 1988. Diverso è invece il background di Siragusa. Il suo ultimo incarico è quello di responsabile infrastrutture in Tim, proviene dal mondo di Piazza Montegrappa, anche se i suoi primi passi sono stati mossi in Boston consulting dove si è occupato di ferrovie e difesa. Il suo sbarco in Finmeccanica, o meglio in Ansaldo Sts, è stato per i manager interni una sorpresa così come per molti è stata sorprendente anche la sua permanenza in un ruolo di alto livello nonostante l'arrivo al vertice del colosso della difesa di Mauro Moretti. Gli addetti ai lavori spiegano la scelta per via della vicinanza al mondo renziano. Vessillo che quasi due anni dopo ha procurato invece una grande porta in faccia per Siragusa. Quando all'inizio del governo Gentiloni il premier nomina al vertice di Leonardo (nel frattempo il gruppo ha cambiato nome) Alessandro Profumo, il segretario del Pd suggerisce per il ruolo decisivo di direttore generale con deleghe operative in alternativa al quotato Fabrizio Giulianini proprio il giovane Siragusa. Il veto di Paolo Gentiloni e della parte di sinistra oppositrice a Renzi fa cadere la nomination. Mentre l'incarico di Giulianini sfuma perché l'interessato esce dal gruppo non accettando un ruolo troppo subalterno a Profumo. Siragusa resta fermo un giro e dopo aver sollevato un gran polverone nella vicenda Ansaldo Sts a maggio del 2016 si dimette dall'azienda ferroviaria non prima di aver incrociato il fioretto con un attore che oggi si trova al medesimo tavolo. Si tratta sempre del fondo Elliott che allora era avversario di Hitachi nel capitale di Ansaldo Sts e ora è entrata dentro Tim. Il manager nato in Veneto torna così in auge e viene insignito da Tim della presidenza di Sparkle con la benedizione di un silente Renzi che ancora una volta non si rassegna a un ruolo subalterno. Se il background di Siragusa è quello descritto e se nei prossimi giorni gli equilibri non dovessero cambiare drasticamente è chiaro che l'ex segretario del Pd in questa partita è al fianco dei francesi. Lo è sempre stato. Ancor di più dopo la rottura del patto del Nazareno e l'allontanamento da Silvio Berlusconi. Oggi però la scelta pro Vivendi è anche strategica per Renzi. Chi si è schierato industrialmente contro i francesi è pure apertamente in manovra contro Renzi. La vecchia guardia del Pd e soprattutto la vecchia Margherita e l'Ulivo di Prodi. Se il presidente Sergio Mattarella e il grande vecchio Giorgio Napolitano cercano di stanare l'ex segretario del Pd per metterlo in un angolo e lasciarlo senza nutrimento (politico, s'intende), le Fondazioni bancarie e gli uomini di impronta prodiana e quindi lettiana cercano di fare catenaccio e chiudere le partite economiche rimaste aperte prima che Renzi rialzi la testa sempre che ci riesca. Insomma, al di là delle competenze tecniche (Siragusa è considerato un alto profilo) il rischio è che Renzi stavolta possa essersi infilato in un nido di calabroni. La storia d'Italia insegna che chi tocca Telecom Sparkle resta fulminato.