2019-04-10
La Cassazione il 31 maggio deciderà se la cannabis legale è davvero legale
La Corte si riunirà a sezioni unite per mettere ordine fra interpretazioni opposte. Grazie ai vuoti normativi, il settore è arrivato a valere ben 40 milioni. L'allarme del Consiglio superiore di sanità: «La vendita va vietata».Il destino dei negozi di cannabis legale (light) sta per compiersi. La data è il prossimo 31 maggio, quando le sezioni unite penali della Cassazione faranno chiarezza sulla questione. In base a quanto deciso il 31 gennaio scorso dalla sesta sezione, i cannabis shop devono restare aperti, mentre la quarta sezione avrebbe delle riserve al riguardo, tanto da aver chiesto l'intervento delle sezioni unite. All'origine dei dubbi c'è l'interpretazione più o meno restrittiva di una legge, la numero 242/2016, sulla coltivazione della canapa a basso contenuto di principio attivo Thc (tetraidrocannabinolo), che è responsabile dello sballo. Gli escamotageL'apertura dei negozi di cannabis light in varie città è dovuto a un vuoto normativo sulla liceità della commercializzazione al dettaglio, tanto che le infiorescenze light possono essere vendute come «oggetto da collezione» o «pianta ornamentale» in negozi, tabaccherie, nelle edicole e nei distributori automatici. La legge del 2016, infatti, definisce i limiti di contenuto di Thc (superiore allo 0,2% ed entro lo 0,6%), i termini per la coltivazione e la vendita, ma non l'uso che si può fare delle infiorescenze della cannabis legale. Così per la sesta sezione della Suprema corte «risulta del tutto ovvio» che la commercializzazione possa riguardare «anche la vendita al dettaglio delle infiorescenze» provenienti da coltivazioni legali allo scopo di mangiarle (infusi, thè, birre), realizzare cosmetici e anche fumarle, nel «soddisfacimento» degli interessi dell'acquirente. I giudici della quarta sezione penale, invece, rilevando un contrasto giurisprudenziale, hanno rimesso la questione alle sezioni unite affinché si pronuncino sul principio di diritto. In attesa che la Corte indichi in via praticamente definitiva se la cannabis light sia o meno una sostanza stupefacente, ci sono però da considerare le ricadute sia sul piano della salute, sia economico, visto che il settore è in crescita. Quelle infiorescenze che per la legge sono un «prodotto da collezione», in realtà, per gli esperti del Consiglio superiore di sanità (Css) possono nuocere gravemente alla salute di quelli che, per la legge, sono dei collezionisti. Nel giugno 2018, nella valutazione scientifica richiesta dal ministero della Salute, il Css ha concluso che «nell'interesse della salute individuale e pubblica e per il principio di precauzione», è bene vietare la vendita della cannabis light la cui pericolosità «non può essere esclusa». I dati scientifici non possono con certezza affermare che non ci sia un accumulo di principi attivi (Thc) in alcuni tessuti come il cervello e quindi effetti psicotropi (tra cui la schizofrenia) a breve e lungo termine. In altre parole, non si può dire che la cannabis legale sia sicura e priva di effetti collaterali, non solo per il cervello, specie quello in formazione degli adolescenti, ma «anche per gli altri (feto, neonato, guida in stato di alterazione)». Il ministro Giulia Grillo, affermando che la scelta è del ministero, non ha dato mandato di chiudere i negozi che vendono la cannabis light. Eppure il problema non è secondario. Uno studente delle superiori su tre (32,4%) ha fatto uso almeno una volta nella vita di cannabis, e il 58,5% per almeno dieci volte in un anno, secondo l'ultimo report Espad del Cnr. Se non bastasse, in Colorado, primo Stato americano a legalizzare la cannabis a scopo ricreativo, sono triplicati in cinque anni gli accessi al pronto soccorso per disturbi dovuti all'uso di cannabis non solo inalata ma anche ingerita. Il business infatti è anche nella vendita di creme, biscotti e infusi nei negozi e online per regalare benessere grazie al Cbd, l'altro principio attivo della cannabis, il cui effetto rilassante però non è provato scientificamente. Biscotti e saponiIntanto in Italia la cannabis light ha un giro d'affari complessivo di 40 milioni di euro. I 2.000 negozi, che erano qualche centinaio anni fa, da soli generano 6,5 milioni di fatturato, mentre si moltiplicano i siti che vendono marijuana in biscotti e saponi, i cui effetti si scopriranno nei prossimi anni. Vari analisti danno il settore della cannabis legale in crescita del 50-70% in cinque anni, ma nei Paesi dove è stata liberalizzata non è diminuita la criminalità, dato che il 70% del mercato resta comunque in mano della malavita. Non regge la favola delle maggiori entrate per lo Stato che, a fronte di introiti modesti (intorno al miliardo), dovrebbe comunque prevedere i costi per le attività di polizia e giudiziarie, oltre a quelli sanitari. In attesa della decisione delle sezioni unite, molti questori, applicando l'articolo 100 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, hanno fatto chiudere decine di punti vendita. In prima linea c'è Antonio Pignataro, questore di Macerata, secondo cui «la lotta alle dipendenze è una lotta alla criminalità organizzata».