2020-12-19
La Casellati boccia il grigio Natale di Conte
La presidente del Senato bastona il governo: «Incomprensibile che non si sappia ancora come comportarsi». Un attacco inedito che la seconda carica dello Stato difficilmente può aver meditato senza avvisare il Colle. Salgono le quotazioni di un nuovo esecutivo.La frustata è arrivata ieri mattina, nel tradizionale discorso alla stampa parlamentare della presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati: tono elegante ma contenuti durissimi. E un bersaglio chiaro: Giuseppe Conte e il suo governo, accusato a chiare lettere di essere responsabile di caos, incertezza, ritardi e inadempienze.Ecco la frase chiave della Casellati: «Il Santo Natale è per tradizione la festa delle famiglie, il momento degli affetti che si riuniscono: le famiglie non sanno ad oggi se, quando e con chi potranno viverlo». E ancora, ribadendo e aggravando l'attacco all'esecutivo: «È incomprensibile che gli italiani non sappiano come comportarsi. Regole anche ferree, ma certe, perché è inimmaginabile che ci si trovi all'ultimo momento di fronte al fatto di non poter portare un augurio a un genitore anziano, solo e magari anche malato». Dopo di che, la presidente del Senato ha allargato la prospettiva, facendo intendere che il pasticcio del calendario festivo è solo l'ultima tappa di un lungo percorso di incongruenze: «A dieci mesi dall'inizio della pandemia, troppi sono i ritardi, le indeterminatezze e le disomogeneità nella riorganizzazione sanitaria. Sono errori che non possiamo permetterci di ripetere rispetto alla grande sfida che tutti attendiamo dalla distribuzione dei vaccini anti Covid. Altri Paesi sono già operativi, mentre l'Italia ha ancora difficoltà sui vaccini anti influenzali». Parole pesanti come pietre. Ma la Casellati ha insistito ancora, ampliando ulteriormente il ragionamento, e dilatandolo quasi per cerchi concentrici: prima dal Natale alla gestione sanitaria complessiva, e poi da questa al resto della vita economica e sociale. «In tanti settori, non solo nella sanità, l'incertezza con cui il Paese si muove è ciò che preoccupa di più i cittadini. Penso alla scuola riaperta a singhiozzo tra banchi con le rotelle e una rete di trasporti pubblici insufficienti», ha proseguito. E ancora: «Penso all'economia, alle dinamiche occupazionali, ai redditi delle famiglie. Una “finanza di emergenza" basata su interventi assistenziali a pioggia non è la risposta che il Paese si attende». Insomma, una bocciatura del governo su tutti i fronti e senza appello. In un altro passaggio del suo ragionamento, la presidente del Senato ha rimproverato all'esecutivo pure la cacofonia di voci di esperti veri o presunti, alimentata dalla mancanza di una direzione di marcia chiaramente indicata dal governo: «Le continue e martellanti opinioni di virologi e di alcuni esperti diffuse dai media, non di rado contraddittorie fra di loro, hanno ingenerato un grave disorientamento e confusione nell'opinione pubblica sulla gestione dell'emergenza sanitaria. Occorre che ci sia una voce ufficiale del governo, che muova dall'accesso ai report del Comitato tecnico scientifico», con la chiosa finale significativamente dedicata a una esigenza di piena trasparenza. Poche volte si era assistito a una requisitoria così dura e argomentata verso il governo da parte della seconda carica dello Stato. E per molti versi è impensabile che un discorso tanto incisivo non sia stato in qualche modo anticipato al Quirinale dalla presidenza del Senato. La sensazione è che, d'un tratto, l'ombrello istituzionale che era stato a lungo aperto sopra la testa di Conte, proteggendolo e coprendolo anche nelle giornate in cui il governo meno lo avrebbe meritato, si stia ora rapidamente e inesorabilmente chiudendo. Nei palazzi romani a volte succede: a lungo si ha l'impressione che nulla si muova, prima di un'accelerazione decisiva. E che per Conte le cose si siano fatte difficili non lo dicono soltanto i sondaggi, che attestano una crescente sfiducia dei cittadini; né solo le tensioni che chiaramente affiorano nella vicenda della verifica. Che Matteo Renzi vada o no fino in fondo, è evidente che stavolta anche ampi settori del Pd siano irritati verso il premier, e non facciano più nulla per celarlo. Ieri ha destato impressione l'intervista su Repubblica di un parlamentare autorevole quanto poco abituato a esternare, il membro del Copasir Enrico Borghi, che ha chiesto apertis verbis al premier di rinunciare alla delega ai servizi. E, con chiunque si parli anche dentro il perimetro della maggioranza, la lamentela è univoca: Conte concentra troppo potere. Cosa che, unita alla gestione mediatica orchestrata da Rocco Casalino, di cui la vicenda di Bengasi ha offerto l'ultimo esempio, crea sconcerto e imbarazzo anche tra gli antichi difensori dell'avvocato di Volturara Appula. E così non si contano più i retroscena (l'ultimo in ordine di tempo, dopo quelli già pubblicati da diversi quotidiani, è apparso ieri su Dagospia) su un Mario Draghi che sarebbe oggi disposto ad accettare ciò che fino a pochi mesi fa pareva a molti impensabile, e cioè di arrivare molto presto a Palazzo Chigi, per sostituire un Conte defenestrato. Nel mutevolissimo scenario della politica italiana, dove letteralmente ogni giorno è un nuovo giorno, non possiamo sapere se questa opzione si rivelerà vera. Ma ciò che conta è che oggi appaia assolutamente verosimile: Conte non è mai stato debole come adesso.