2020-06-04
La carica di Prodi e Cottarelli per ficcare lo Stato nelle imprese
Il Professore sogna di creare una miriade di nuovi posti pubblici retribuiti da spartire.Alle imprese italiane mancherebbe solo di trovarsi nel Consiglio di amministrazione - o in qualche altra posizione dirigenziale - un bel soggettone nominato dallo Stato (cioè dai partiti di governo e un pezzo da quelli di opposizione). Ma di che stiamo parlando? Di proposte che circolano da tempo nell'aria. Cominciarono i 5 stelle, ne parlarono esponenti del Partito democratico (in testa Andrea Orlando), poi Romano Prodi in un'intervista e poi, ieri, anche mister Forbici, già candidato in servizio permanente ed effettivo a molte cose, Carlo Cottarelli.Le imprese sono in crisi? C'è il pericolo che qualcuno dall'estero se le mangi? E noi cosa facciamo? Ci mettiamo dentro lo Stato attraverso una bella partecipazione di minoranza e così le rafforziamo. Dice Prodi. Va bene, ribadisce il Cottarelli, basta che sia temporanea. Ora, Prodi è un vecchio volpone, Cottarelli un po' meno. È un tecnico, si dice così, ma un po' di mondo l'ha visto a sufficienza per sapere che quando lo Stato entra (cioè i partiti) non ce li si sradica neanche con il diserbante. Mettiamo che lo Stato si decida a entrare, e mettiamo che la cosa sia anche estesa. Dando soldi dovrà pure verificare, in qualche modo, che quei soldi di tutti, prelevati attraverso le tasse, siano spesi bene o, almeno, per gli scopi per i quali sono stati dati? Questi soggetti da dove li prende? A chi li chiede? Fa un bando o si rivolge alla stessa banda di questuanti di posti pubblici retribuiti, sempre pronta, sempre arzilla, sempre con il vestito della domenica indosso per andare a Roma a ricevere la nomina? E chi sarebbero questi soggetti? Be', l'elenco è lungo, e la fauna varia. A qualche imprenditore finito male o che ha dato non brillanti prove di sé nel suo settore, andrà pur data una seconda chance? E dove meglio che con una bella nomina pubblica? Qualche illustre politico trombato, o anche meno illustre, che di impresa non capisce una mazza, andrà pure recuperato. Date un'occhiata alle cosiddette ex municipalizzate: son piene zeppe di questi trombati della politica. Perché mai non dovrebbe essere così anche per le imprese private, da aiutare mettendo loro tra le gambe un bel palo della luce, di legno o di cemento (dipende dalle zone)?Prodi - ripetiamo, Prodi -, il Romano, quello di Bologna, quello che riuscì a mettere su un governo che non ce l'avrebbe fatta neanche Padre Pio da Pietrelcina, ebbene proprio lui, parlando della sua esperienza all'Iri la descrisse come un «Vietnam» della propria vita. Perché? Semplice: ogni operazione che doveva fare in qualche zona d'Italia, in qualsiasi settore l'impresa operasse, non poteva muovere un dito perché il politico locale di turno, per farsi bello di fronte al proprio elettorale, metteva i bastoni tra le ruote. E così, imprese ormai cotte e stracotte, rimanevano in piedi, tanto pagavano i cittadini. Ve l'immaginate oggi che inferno? Se ha avuto difficoltà uno come Prodi, te l'immagini uno scappato di casa? Sull'operato di Prodi all'Iri - certe svendite e certi salvataggi - ci sarebbe molto da dire, ma l'esempio serve a ricordare le sue capacità di vecchio democristiano di unire ciò che la natura aveva precedentemente diviso.Qualcuno richiama i tempi d'oro delle partecipazioni statali. Nomi come Enrico Mattei (che nel 1953 fondò l'Eni sulla struttura preesistente dell'Agip), Ezio Vanoni (che ne favorì l'opera), Pasquale Saraceno (Iri della ricostruzione) sono quelli per i quali tutto questo ebbe un senso per la ripartenza post bellica. Certo, ma con figure di questa levatura. Ora, i manicomi prima e i luoghi di cura adesso sono pieni di gente che si crede Napoleone. Magari nella classe politica c'è qualcuno che pensa di paragonarsi a questi, chi sa? Dagli amici mi guardi Iddio, dallo Stato nelle imprese mi guardo io.