2024-05-16
Sensualità pagana contro il mondo borghese: la Capri proibita degli scrittori
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L'isola di Capri (iStock). Nel riquadro la cover del libro «Capri proibita» di Guido Andrea Pautasso
Un saggio ricostruisce le avventure di Filippo Tommaso Marinetti, Alberto Moravia, Julius Evola e altri intellettuali sull’isola campana, dove ognuno credeva di poter trovare la propria personale trasgressione.Esistono luoghi che per contingenze storiche o geografiche, ma qualcuno direbbe anche per influenze «sottili», sembrano attirare irresistibilmente certe tipologie umane. Capri è uno di questi luoghi. E lo era ancora di più in epoche in cui l’isola non andava ancora di moda, non era presa d’assalto dal turismo di massa e in cui i collegamenti e le infrastrutture le davano un’aura primordiale, selvaggia. Fatto sta che, all’ombra dei faraglioni, intellettuali di varia estrazione sembrano aver trovato una patria spirituale e carnale.Alle avventure intellettuali (e non solo…) con sfondo caprese è dedicata l’originale antologia Capri proibita (1909-1959), curata da Guido Andrea Pautasso e appena pubblicata da Aspis. Vi troviamo scritti di Marinetti, Depero, Evola, Däubler, Moravia e altri. Scrive, nella sua documentata introduzione, il curatore: «Appagante isola delle Sirene, Capri, come una calamita, ha attirato da sempre l’attenzione di viaggiatori curiosi, in cerca di vita selvaggia, a caccia dell’estremo contatto con la natura per godere delle proprietà taumaturgiche del sole e del clima mediterraneo. Alcuni di loro, i più eccentrici, sono rimasti vittime di un misterioso incantesimo che li ha convinti a non tornare più sulla terra ferma, facendo proprio uno stile di vita, quello caprese, sfrenato e liberatorio al tempo stesso».Si tratta, tuttavia, di un mito niente affatto innocente. Continua Pautasso: «Il mito di Capri alla fine dell’Ottocento venne fondato sulla visione dell’isola come nuova Sodoma abitata da dandy gaudenti, da giovinetti pervertiti e da fanciulle dalla bellezza sublime: tutti disponibili, anche sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e di droghe afrodisiache, a giochi erotici indicibili, a orge camuffate in pornografici tableaux vivant, con la messa in scena di rituali dionisiaci che sembravano rimandare a quelli compiuti a Villa Jovis dal sadico e gaudente imperatore Tiberio, o ai libertinaggi ancor più infernali descritti dal marchese de Sade ne La nouvelle Justine».Secondo Alberto Moravia, la fascinazione per Capri affonda nel «mito dell’età dell’oro greca e classica, della plaga mediterranea in cui il sole non tramonta mai e dove si gira nudi e la natura è bella e dolce, dove non c’è lavoro, né pena, né morale, né politica, ma soltanto giovinezza e bellezza». La natura insulare di Capri diventa, in quasi tutti i resoconti, il segno di un distacco non solo geografico, ma anche sociale, culturale, morale contro le regole che vigono sul continente. Marinetti ne fa addirittura il tratto fondamentale di una sorta di metafisica geologica. Per lui, ogni sola è infatti «un ultimo gesto disperato di una rivolta geologica». Ovviamente, la natura di queta ribellione alle convenzioni e alle regole della società assume caratteri diversi a seconda della personalità che guarda attraverso il prisma caprese. Per intellettuali morbosi alla Moravia, Capri è tutta languore, lussuria, corpi ignudi. Per Marinetti si tratta invece di una ribellione contro il mondo borghese, paludato, tradizionale: «L’isola aveva gridato: saranno mie leggi la pazzia più pazza, più impazzita delle impazzitissime pazzie e il sonno più nero più opaco più fossile. Contro ogni ordine vigilante di classicismo! Ed ora ride l’Indisciplinata poiché ha vinto, ed io la glorifico coi nomi di Anti-Egitto, Anti-Grecia, AntiRoma, Anti-Versailles».Julius Evola, invece, che era solito alternare soggiorni nell’isola a scalate alpine, Capri era uno dei luoghi in cui era possibile saggiare quella «rivolta contro il mondo moderno» che egli avrebbe messo su carta negli anni Trenta. Laddove invece nelle acque del Mediterraneo era possibile ritrovare echi di tradizioni antichissime: «Spesso alle cose restan legate delle latenti “presenze”. Forse l’anima pelasgica evocata a Capri dagli antichi Misteri della Madre nella grotta di Metramagna intride ancora questa chiara natura e fomenta le sue insidie. E forse un oscuro contatto con essa, compiutosi traverso le vie misteriose della subcoscienza, ha determinato fino a ieri quell’atmosfera di “paganità” che si raccolse nella celebrazione - in ville solitarie di esteti e pervertiti - di orge che ancora volevano conservare i caratteri di un’antica evocazione demonico-mistica».
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