2019-07-15
La bomba mutui. Le società di recupero crediti nuovo incubo dei risparmiatori
L'Europa vuole che le banche ripuliscano i loro bilanci. Gli istituti non se lo fanno ripetere, cedono i fidi alle finanziarie (spesso senza scrupoli) che a loro volta passano all'incasso. Ma le pressioni esercitate rischiano di trascinare i debitori nel vortice dell'usura. Il giro d'affari ha toccato il valore di 1 miliardo di euro.Siti e forum online delle associazioni dei consumatori raccolgono gli sfoghi e le richieste di sostegno presentate da quanti sono rimasti incastrati. E che ora temono di precipitare nelle mani degli strozzini.Lo speciale contiene due articoli.Cornuti e mazziati. Non bastava la crisi economica dell'ultimo decennio a minare la capacità di risparmio e di rimborso delle famiglie e delle aziende italiane: ora, per chi si è sobbarcato un mutuo, ci si mette anche il pericolo di cadere nella trappola dell'usura. L'allarme è stato lanciato dalla Federazione autonoma bancari italiani (Fabi), il sindacato italiano più rappresentativo del settore. Per la Fabi, se si sommano gli individui e le imprese, sono oltre un milione i soggetti indebitati (con mutui o prestiti personali) che corrono il rischio di «finire, per disperazione, nelle mani degli usurai e della criminalità organizzata». La sigla definisce questo fenomeno «una bomba che sta per esplodere» e per la quale occorre che il governo intervenga «a stretto giro, con una legge ad hoc, salvaguardando piccole e medie imprese in crisi oltre che famiglie disperate». Passata la tempesta della grande recessione del primo decennio degli anni Duemila e superato il pericolo del collasso del sistema bancario italiano (sia pure a caro prezzo, basti pensare alle peripezie del Monte dei Paschi di Siena o di Carige, o ai crac in Veneto e Toscana), un'altra nube si addensa sul panorama finanziario, minacciandone seriamente la tenuta.Il quadro è drammatico e ruota attorno a una sigla che sembrava limitata al mondo dell'alta finanza bancaria, cioè Npl, che significa non performing loans, ovvero crediti deteriorati che le banche non sono più in grado di riscuotere. O, magari, preferiscono non riscuotere. Succede sempre più spesso, infatti, che le banche piuttosto che aspettare anni per rientrare dei capitali dati in prestito, decidano di vendere subito questi asset. Qualcosa perdono, ma realizzano immediatamente una somma che consente di fare un po' di maquillage nei bilanci. Secondo il report della Fabi, dal 2015 al 2018 sono stati immessi sul mercato italiano Npl per oltre 170 miliardi di euro.Nel corso del 2015, l'annus horribilis in termini di volumi di crediti «difficili», il fenomeno ha raggiunto un picco di 360,4 miliardi tra sofferenze (201,1 miliardi) inadempienze probabili (136,3 miliardi) ed esposizione scadute (13,8 miliardi). Da quel momento l'obiettivo delle banche è stato quello di liberarsi del peso degli Npl. Una politica mirata a ripulire i bilanci anche per accontentare la Vigilanza di Bruxelles, ma della quale hanno fatto le spese i pesci più piccoli. Se è vero che da allora le sofferenze sono calate a 189,5 miliardi, il travaso di queste somme ha portato alla vertiginosa crescita del business del recupero crediti. Ed è qui la trappola mortale nella quale restano impigliati i cittadini ignari: la Fabi stima che la gran parte dei 170,8 miliardi «spazzati via» dai bilanci delle banche sia finita proprio nelle mani di queste società, che comprano crediti dagli istituti a un valore inferiore a quello nominale e poi passano all'incasso.Qual è l'effetto di queste operazioni? Da una parte le banche hanno potuto migliorare i risultati di bilancio raggiungendo in tempi brevi gli obiettivi dei requisiti patrimoniali imposti dalle autorità europee; dall'altro molti clienti bancari sono sprofondati in un gorgo che rischia di portarli sulle soglie dell'usura. Un vortice nel quale finiscono soprattutto i più deboli. L'analisi dei dati di Banca d'Italia sulle sofferenze rivela che la gran parte (61,4%) degli 1,2 milioni di soggetti coinvolti è in ritardo nei rimborsi per finanziamenti da 250 a 30.000 euro. Si tratta del cosiddetto «credito al consumo», ovvero i finanziamenti di piccolo e medio taglio contratti per sostenere le spese più comuni come l'acquisto di un elettrodomestico o di un'auto, l'organizzazione di un matrimonio in famiglia, la ristrutturazione di casa. Ebbene, sono circa 768.000 i clienti di banche e finanziarie in difficoltà nei pagamenti per questa fascia di prestiti. Un altro 12,9% invece presenta ritardi dopo aver stipulato impegni che vanno dai 30.000 ai 75.000 euro. Man mano che si sale con gli importi, le percentuali di individui in crisi calano: il 7,4% ha attivato un credito da 75.000 a 125.000 euro, l'1,6% da 125.000 a 1.000.000 di euro, lo 0,6% da 2,5 a 5 milioni, lo 0,4% da 5 a 25 milioni, mentre solo lo 0,04% (equivalente a 584 nomi) per importi superiori a 25 milioni. Smentita dunque la narrazione comunemente diffusa secondo la quale gli Npl sono un problema che riguarda quasi esclusivamente le imprese di medio e grosso taglio. Come dimostra l'analisi della Fabi, il fenomeno dei crediti deteriorati colpisce invece con grande violenza le famiglie, mettendone a dura prova la capacità di contribuire positivamente all'economia del Paese.Per molti di questi soggetti, il rischio concreto denunciato dai sindacati dei dipendenti bancari è quello di finire nelle grinfie di individui senza scrupoli o, peggio ancora, della malavita. Il debito viene ceduto dalla banca alla società di recupero crediti, che si fa molto più insistente per ottenere il rientro del finanziamento concesso. E alle spalle della finanziaria di turno si può celare il terribile cappio dell'usura. Senza un sostegno reale, i titolari delle sofferenze potrebbero essere tentati di rivolgersi a soggetti poco raccomandabili. Una parte di responsabilità è da attribuire alle stesse banche le quali, complici le pressioni delle autorità europee, hanno «svenduto i loro crediti a degli avvoltoi» scegliendo (per risparmiare) di esternalizzare ad altre società la gestione dei crediti incagliati anziché gestire quest'attività al proprio interno. Così facendo sono venute meno la professionalità e la sensibilità tipiche del bancario che opera sul territorio, rimpiazzate dalla fretta e dai «pochissimi scrupoli» che muovono le società di recupero crediti.A conferma di questo scenario, si è registrato l'aumento vertiginoso del numero e dei volumi degli operatori nel settore del recupero crediti. Secondo il nono Rapporto servizi a tutela del credito, presentato a maggio dall'Unione nazionale imprese a tutela del credito (Unirec) in collaborazione con Il Sole 24 Ore, nel 2018 sono state rilevate 952 imprese attive nel comparto della tutela del credito, 169 in più rispetto alle 783 rilevate nel 2017, con un aumento del 22%. Uno sguardo al giro d'affari porta a imbattersi nei numeri più significativi. Sempre secondo il rapporto Unirec, i ricavi complessivi messi assieme da queste imprese nell'anno passato per la prima volta hanno superato il miliardo di euro, a quota 1,068 miliardi (+17,4% rispetto al 2017). Circa il 60% del fatturato è stato sfornato dai big del settore (imprese con ricavi superiori a 10 milioni di euro), l'11% da imprese con fatturato tra i 5 e 10 milioni, il 21% da imprese tra 1 e 5 milioni e solo l'8% da imprese con fatturato inferiore al milione. Ininterrotto il trend di crescita del settore: si è passati da 851 milioni del 2011 agli odierni 1,07 miliardi (+25%) e contemporaneamente si è assottigliata la quota di ricavi delle aziende del settore derivante da attività diverse dal recupero crediti (dal 28% sul totale nel 2011 ad appena il 3,8% nel 2017). Detto in altre parole, gli operatori del settore si sono concentrati sul core business più redditizio, appunto quello del recupero crediti.Buona parte della torta, come già accennato, se la dividono gli operatori maggiori. Le «cinque sorelle» con i fatturati più alti «pesano» un quinto del totale dell'intero comparto. Due di queste, Cerved credit management Spa (59,7 milioni) e Cerved credit collection spa (31,1 milioni), fanno parte del gruppo Cerved, colosso dell'analisi del rischio di credito nonché una delle principali agenzie di rating in Europa. Innolva Spa, fino al 2017 leader del settore e oggi scivolata al secondo posto con 54,7 milioni di fatturato annuo, fa parte del gruppo Tinexta, nato per iniziativa delle Camere di commercio e quotato a Piazza Affari. Terza in classifica Fire Spa (40,6 milioni nel 2018), service messinese indipendente con 2.000 dipendenti e quasi 5 milioni di pratiche gestite l'anno scorso. Chiude la fila Cribis credit management srl (27,6 milioni), società del gruppo Crif specializzata nel recupero crediti.Il fatto che le banche abbiano dimezzato l'ammontare complessivo dei crediti deteriorati attraverso la vendita diretta di pacchetti di crediti alle società di recupero crediti, oppure tramite le garanzie pubbliche dello Stato, ha provocato un «danno delle categorie sociali più importanti per lo sviluppo e la crescita del nostro Paese: i lavoratori, le imprese e famiglie». «Chi ha tratto profitto dalle svendite folli di crediti marci», conclude il sindacato, «sono solo le banche e gli operatori di mercato, avvoltoi in cerca di affari a buoni prezzi e ignari del danno sociale prodotto».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-bomba-mutui-le-societa-di-recupero-crediti-nuovo-incubo-dei-risparmiatori-2639189887.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="telefonate-minacce-visite-a-casa-le-testimonianze-delle-vessazioni" data-post-id="2639189887" data-published-at="1758175047" data-use-pagination="False"> Telefonate, minacce, visite a casa. Le testimonianze delle vessazioni Telefonate martellanti, visite sul luogo di lavoro, minacce di pignoramenti e ingiunzioni, funzionari che si presentano a domicilio spacciandosi per ufficiali giudiziari. Spesso finire nel vortice del recupero crediti può essere un'esperienza traumatica dal punto di vista psicologico. Ma le ripercussioni possono essere molto gravi, come la destabilizzazione dei rapporti all'interno delle famiglie o delle aziende fino al rischio di consegnarsi nelle mani di persone senza scrupoli. Che fare? Come comportarsi? Come evitare il cappio dell'usura e recuperare credibilità? Ecco allora che, proprio come avviene in molti altri campi, gli utenti si ritrovano su internet per scambiarsi opinioni, cercare un supporto morale, o magari semplicemente condividere la propria storia con altre persone che si trovano nella stessa situazione nel tentativo di sentirsi un po' meno soli. La rete è disseminata di forum, stanze virtuali nelle quali una voce amica può allontanare dalla tentazione di rivolgersi alla malavita per risolvere la propria situazione debitoria. La Verità ha scelto alcune di queste storie, spesso intime e drammatiche, che rendono l'idea di quanto delicato sia il problema dell'indebitamento. Le testimonianze che riportiamo qui sotto sono prese da due tra i siti più conosciuti in questo campo, cioè Forumconsumatori.it e Adicons.it. Entrambi fanno capo ad altrettante realtà di tutela dei consumatori. Tutte documentano le difficoltà nelle quali si trovano i debitori nei confronti delle società di recupero dei crediti. Un vortice nel quale spesso i consumatori si trovano loro malgrado, per esempio per avere perso il lavoro oppure per avere dovuto sostenere spese improvvise e impreviste. Un tempo, quando ci si trovava in queste condizioni, ci si poteva rivolgere agli sportelli bancari e chiedere qualche dilazione, che spesso venivano concesse in base alla solvibilità precedente del debitore. Oggi invece, a parte la diminuzione del numero di sportelli e la spersonalizzazione del rapporto tra l'istituto di credito e la clientela, si assiste a questo nuovo fenomeno. Le banche cedono il credito per ottemperare agli obblighi di bilancio imposti dalle nuove regolamentazioni internazionali, e i crediti vengono gestiti dalle società di recupero. Ne rimangono coinvolti i risparmiatori, sia quanti hanno un mutuo sulla casa, sia quanti hanno contratto piccoli prestiti di valore contenuto, anche di poche centinaia di euro. Tutti finiscono per diventare oggetto delle attenzioni delle società di recupero crediti. E molti rischiano di finire nella spirale dell'usura.
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