Christine Lagarde aumenta il costo del denaro al 4%, con un’ulteriore crescita prevista a luglio. Matteo Salvini: «Non si rende conto dei danni».
Christine Lagarde aumenta il costo del denaro al 4%, con un’ulteriore crescita prevista a luglio. Matteo Salvini: «Non si rende conto dei danni». Politiche economiche divergenti. Da una parte c’è la Fed che ha deciso di mettere in pausa il rialzo dei tassi di interesse per monitorare l’impatto delle decisioni passate sull’economia, e dall’altra la Bce che, senza pensarci due volte, continua ad alzare i tassi di interesse. La Banca centrale europea ha infatti deciso di innalzare di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della Bce. Pertanto, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale, marginale e sui depositi presso la Banca centrale saranno innalzati rispettivamente al 4%, al 4,25% e al 3,5%, a partire dal 21 giugno. La decisione di ieri della Bce si basa sulle prospettive di inflazione di fondo: «L’inflazione è diminuita ma dovrebbe rimanere troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato. Il Consiglio direttivo è determinato ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine», ha spiegato la presidente della Bce, Christine Lagarde, durante la conferenza stampa a Francoforte. Le previsioni del Consiglio direttivo stimano però che l’inflazione non raggiungerà il target del 2% prima del 2025, dato che per quest’anno è prevista una media che dovrebbe attestarsi intorno al 5,4%, nel 2024 al 3% e solo nel 2025 al 2,2%. Trend che non si discostano molto da quelli previsti dalla Fed, che però, a differenza della Banca centrale europea, ha deciso di fermare momentaneamente la politica di rialzo dei tassi, anche per dare sollievo al sistema bancario a stelle e strisce, che non sta vivendo un periodo brillante, e all’economia statunitense più in generale. Decisione che tra l’altro era già stata ampiamente prevista dai mercati, dopo l’indicazione della Fed, del mese scorso, in cui aveva dichiarato di poter valutare una possibile pausa nel ciclo dei rialzi viste le recenti pressioni nel sistema bancario. Ipotesi non contemplata invece dalla Bce che, nonostante le previsioni riviste al ribasso per la crescita di quest’anno e il prossimo (0,9% nel 2023 e 1,5% nel 2024) continua nella sua politica monetaria restrittiva, con focus l’inflazione. «Le decisioni future del Consiglio direttivo assicureranno che i tassi di interesse di riferimento siano fissati a livelli sufficientemente restrittivi da conseguire un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine e siano mantenuti su tali livelli finché necessario», ha precisato la Lagarde sottolineando anche che «le indicazioni ci dicono che sono possibili rialzi anche a luglio». Politica, quella della Banca centrale europea, che sta suscitando non poche critiche anche da parte di esponenti di rilievo, come il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, che negli ultimi interventi pubblici ha lanciato messaggi chiari alla Lagarde, dichiarando che le politiche della Bce per quanto corrette si sarebbero dovute attuare in maniera più graduale.Sulla stessa linea di Visco, ieri il sottosegretario al ministero dell’Economia e delle Finanze, Federico Freni, ha dichiarato che «le ragioni che sottendono alla necessità di riportare l’inflazione a un livello più contenuto devono tenere conto dell’impatto sulle famiglie e sulle imprese in termini di costi per i mutui e i prestiti. Occorrono equilibrio e una rinnovata sensibilità per valutare, sulla base dei dati, se la medicina stia avendo gli effetti desiderati». Critiche arrivano anche dall’Abi, che nell’ultima relazione ha evidenziato gli effetti negativi della politica della Bce sull’andamento dei prestiti delle banche a famiglie e imprese che stanno diventando sempre più insostenibili. Ad aprile, i tassi di interesse sulle operazioni di finanziamento hanno registrato un tasso medio sul totale dei prestiti del 3,99%, percentuale che è stata riscontrata l’ultima volta nel 2012 e che va inevitabilmente a pesare sui debiti delle famiglie. Secondo la Federazione autonoma bancari italiani, in Italia, le famiglie indebitate sono 6,8 milioni. Di queste, tre milioni e mezzo hanno un mutuo che potrebbe subire, secondo le simulazioni di Facile.it, un rincaro della rata di quasi 275 euro, rispetto all’inizio dello scorso anno (+60%). Situazione che potrebbe inoltre anche peggiorare visto che la corsa dei tassi non sembra essere finita, come sottolineato dalla Lagarde. L’aumento del costo del denaro sta dunque andando a pesare su famiglie e imprese che, da dicembre 2021 a marzo 2023, secondo l’ultima ricerca della Federazione autonoma bancari italiani, hanno visto scendere il saldo dei conti correnti di oltre 61 miliardi, andando dunque a erodere la capacità produttiva e di spesa. Paolo Agnelli, presidente di Confimi Industria, accende il faro sulle imprese, sottolineando come «ai costi energetici appena rientrati ora le aziende devono sostituire il vertiginoso costo del denaro. Le nostre aziende saranno presto fuori mercato». Critiche arrivano anche dal governo. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha attaccato la Lagarde chiedendo alla Bce se si stanno rendendo conto «che la loro politica dei tassi riduce di qualche decimo di punto l’inflazione ma danneggia le famiglie e le imprese». Sulla stessa linea il deputato di Fi e vice coordinatore nazionale del partito, Alessandro Cattaneo, che ha espresso la sua preoccupazione per la stretta monetaria della Bce che «mette in grande difficoltà famiglie con il mutuo e piccoli e grandi imprenditori e imprese». Anche le Borse europee, da parte loro, hanno reagito alle mosse della Banca centrale europea, peggiorando dopo la notizia del rialzo dei tassi, limando poi successivamente i cali ma confermando comunque di essere sottotono.
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