2022-10-07
La Bce incomincia a dire ciao. In due mesi ha ridotto l’acquisto netto dei nostri Btp
Prove di una stretta sui titoli italiani in pancia. Stessa sorte per Spagna e Grecia Francoforte si divide sui tassi e dice: Eurozona in recessione con stop al gas russo.L’economia europea versa in condizioni molto difficili e il primo passo per uscire dalla crisi è iniziare chiudere la politica accomodante inaugurata da Mario Draghi, quando era alla guida della Bce. Si capisce dunque perché l’istituto di Francoforte guidato da Christine Lagarde abbia reso noto di aver ridotto i Btp in portafoglio di 1,24 miliardi di euro tra agosto e settembre nell’ambito del suo Programma di acquisto di emergenza per le pandemie (Pepp). Il taglio arriva dopo un aumento da 9,76 miliardi di euro giunto a luglio e agosto per evitare che i rendimenti obbligazionari e gli spread salissero troppo o troppo velocemente nei Paesi ritenuti più deboli dell’Ue. Si potrebbe dire, insomma, che siamo davanti alle prove tecniche, il primo passo, prima che nel 2023 inizi una stretta importante sui prestiti obbligazionari in pancia a Francoforte. Prendono dunque sempre più corpo le ipotesi di chi crede che la Banca centrale europea starebbe per iniziare il suo periodo di «quantitative tightening» (inasprimento quantitativo). D’altronde la stessa sorte è capitata anche a un miliardo di euro circa di titoli spagnoli e greci.«La Bce non ha acquistato Btp di recente, ma ha aumentato la sua partecipazione di 8,5 miliardi di euro di debito italiano da giugno a settembre a causa di uno spostamento degli asset nel portafoglio Pepp», dice alla Verità Morgane Delledonne, responsabile delle strategie di investimento europee di Global X. «La Bce dovrebbe iniziare a discutere dell’inasprimento quantitativo nella sua prossima riunione, anche se non mi aspetto che il quantitative tightening inizi prima di marzo o aprile del prossimo anno, data la volatilità del mercato e l’incertezza economica ancora elevata all’interno della regione questo inverno».Detto in parole povere, la situazione è ancora troppo delicata tra crisi energetica e delle materie prime per partire con una stretta troppo vigorosa. Per quella, se ne riparla il prossimo anno. Che la situazione sia però complessa, del resto, emerge chiaramente anche dai verbali pubblicati ieri dall’istituzione di Francoforte circa quanto discusso nella riunione del 7 e 8 settembre scorso dove, peraltro, c’è stato un ritocco verso l’altro di 75 punti base. All’interno delle «minutes» diffuse dalla Bce viene innanzitutto toccato il tema della recessione. «Se dovesse verificarsi una completa interruzione delle forniture di gas dalla Russia, questo si tradurrebbe in una recessione piena» nell’Eurozona, si legge senza lasciare spazio a interpretazioni.Il futuro dell’economia europea, insomma, è legato a doppio nodo con il perdurare del conflitto russo ucraino. Come ha detto il capo economista Philip Lane, «è stato sottolineato che lo scenario di base nelle previsioni di settembre dei tecnici non suggerisce una recessione, anche se indica un periodo di stagnazione a cavallo dell’anno», quindi tra pochi mesi e tra il 2022 e il 2023. «Tuttavia», si legge nei i verbali, «è stato rilevato che diversi modelli e indicatori suggeriscono come una recessione sia probabile il prossimo anno».In particolare, come del resto ha anche fatto notare l’agenzia di rating Moody’s che ha minacciato un downgrade per il nostro Paese, i problemi maggiori li avranno proprio Paesi con un grande debito pubblico, come è appunto il caso dell’Italia.Come si legge nei verbali della Bce, nel contesto di uno shock negativo dell’offerta, «i governi dovrebbero puntare sul ridurre i propri disavanzi e sul porre le proprie finanze su un percorso di risanamento strutturale, soprattutto nei Paesi in cui la sostenibilità del debito pubblico potrebbe essere messa in discussione». Anche in merito alla decisione che a inizio settembre ha portato al rialzo dei tassi, è emerso che il precedente livello dei tassi ufficiali di riferimento della Bce era stato giudicato ancora altamente accomodante, motivo per cui c’era spazio per un rialzo. Inoltre, tra i motivi che hanno portato a far salire il costo del denaro c’era l’inflazione, più volte superiore alle attese negli ultimi mesi. Per questo si è ritenuto che l’unico modo per contrastare le pressioni inflazionistiche fosse quello di alzare i valori, anche perché il costo della vita non sarebbe sceso autonomamente. Dai verbali della Bce si capisce, inoltre, che non tutti all’interno direttivo di Francoforte erano d’accordo con l’aumento dei tassi. La scelta a settembre è stata presa a maggioranza, mentre «alcuni componenti hanno espresso la preferenza di alzare i tassi chiave di 50 punti base».«Un numero molto ampio di partecipanti ha espresso la preferenza per 75 punti base», ha spiegato la Bce, «in linea con la proposta» del capo economista Philip Lane. Coloro che erano d’accordo con un aumento così corposo credevano che servisse «una normalizzazione della linea monetaria più rapida per mantenere ancorate le aspettative di inflazione».Al contrario, quelli che erano più a favore di un rialzo più lieve, di 50 punti base, ritenevano che «una risposta troppo aggressiva avrebbe potuto esacerbare i rischi di recessione, con pochi benefici sull’inflazione nel breve termine». Inoltre, si credeva che un rialzo di mezzo punto sarebbe bastato a riportare l’inflazione intorno al 2%.
Giancarlo Fancel Country Manager e Ceo di Generali Italia
Rifugiati attraversano il confine dal Darfur, in Sudan, verso il Ciad (Getty Images)
Dopo 18 mesi d’assedio, i paramilitari di Hemeti hanno conquistato al Fasher, ultima roccaforte governativa del Darfur. Migliaia i civili uccisi e stupri di massa. L’Onu parla della peggior catastrofe umanitaria del pianeta.