
Travolta dal caos delle riaperture, la titolare dell'Istruzione se la prende con i rappresentanti dei lavoratori accusandoli di sabotaggio. Il pasticcio sui banchi e i regolamenti astrusi, però, sono tutta farina del suo sacco.Essendo arrivata alla politica per meriti sindacali, con chi poteva prendersela Lucia Azzolina per i ritardi e le indecisioni registrate in queste settimane dal suo ministero? Con i sindacati, ovvio. Colpa loro, secondo la responsabile dell'Istruzione, se la scuola rischia di non aprire come dovrebbe. La ministra parla addirittura di sabotaggio, criticando chi a suo dire intralcerebbe il percorso per ricominciare le lezioni dopo il lockdown. Ora, credo che nessuno possa sospettare che io sia un difensore dei privilegi di Cgil, Cisl e Uil. Da anni critico lo strapotere confederale, sia per quanto riguarda i distacchi nella pubblica amministrazione (impiegati che, pur essendo in carico allo Stato, lavorano per i sindacati a spese del contribuente), sia per quanto riguarda la delega in bianco che il Fisco concede ai patronati, garantendo loro non solo milioni di tessere ma anche di euro. Dunque lungi da noi voler difendere le cosiddette organizzazioni dei lavoratori, sia che si tratti di quelle confederali che dei comitati di base, che nel mondo della scuola e dell'impiego pubblico hanno da anni un certo peso. Sostenere però che se la scuola rischia di non riaprire fra poche settimane è colpa del sindacato mi pare un modo furbetto di sgravarsi la coscienza e mettere le mani avanti.Lo sanno anche i sassi e, per restare ai corpi inanimati, anche i banchi che quest'anno sarà peggio del precedente. Un po' perché lo scorso settembre purtroppo c'era già l'Azzolina ma non era ancora riuscita a fare danni. Dal predecessore, Marco Bussetti, ereditò un sistema con molti problemi, gran parte dei quali frutto di una gestione del passato svolta in combutta con il sindacato. Tuttavia, nonostante le difficoltà, lo scorso anno la scuola è iniziata secondo tradizione, cioè con molte cattedre vuote, molti supplenti, ma alla fine, prima che arrivasse il Covid, ha proceduto sui binari conosciuti. Poi, certo, è arrivata l'emergenza e l'esigenza di sospendere le lezioni dal vivo. Non tutti gli istituti sono riusciti a organizzarsi con le lezioni online e non tutte le famiglie sono state in grado di assicurare un collegamento stabile alla Rete, oltre che un computer. Di problemi da marzo in poi se ne sono avuti e l'anno scolastico per molti studenti non si è chiuso da programma. Ma se il caos e l'inefficienza ad aprile erano, non dico giustificati, ma per lo meno comprensibili, quello che si annuncia per le prossime settimane non lo è. Ci sono scuole nel pieno centro di Milano cui mancano aule e professori per fare lezioni. Già adesso i presidi sanno che non potranno garantire il distanziamento sociale e dunque non potranno assicurare alle famiglie la certezza che sarà fatta ogni cosa per tutelare la salute dei loro figli. Non c'entrano i sindacati e non c'entra il boicottaggio. C'entra che fino a ieri, ma forse sarebbe meglio dire fino ad oggi, nessuno aveva le idee chiare su quali fossero le regole da rispettare. L'Azzolina dice che hanno comprato 2 milioni di banchi nuovi e 450.000 con le rotelle, così gli studenti non troveranno attaccato il chewing gum del nonno. Ma che c'entra la gomma da masticare? Non è quella a mettere a repentaglio le difese immunitarie degli studenti. I banchi, che non si sa quando arriveranno, sono un falso problema, perché la questione di fondo è come evitare il contagio e i sovraffollamenti fra gli alunni. La ministra, che ha autorizzato la spesa di un patrimonio per i nuovi banchi, non si è curata di dove metterli, dunque avremo banchi nuovi, ma edifici vecchi, con studenti che rimarranno ugualmente ammassati. Se non sarà possibile mantenere un distanziamento di un metro, ha dichiarato la ministra, si useranno le mascherine. Ma allora a che cosa serve tutta la sceneggiata dei banchi senza chewing gum d'annata? Per non parlare poi della ricreazione. Come si farà? Secondo Azzolina basterà fare in modo che la campanella squilli a orari differenti per ciascuna classe. Già immaginiamo il caos che scoppierà nei corridoi, con i professori che dovranno fare a pugni con gli orari.E la temperatura? Quella sarà garantita dalle famiglie, le quali dovranno provarla ai propri figli per garantire che nessuno di loro abbia la febbre. Anche qui immaginiamo la confusione e soprattutto l'assoluta mancanza di certezza delle condizioni di salute dei ragazzi. Ci saranno genitori che dimenticheranno di provare la temperatura, altri che non lo faranno per non arrivare tardi al lavoro e qualcuno pure fingerà di non vedere le lineette di febbre perché non saprebbe che fare. Non sarebbe stato meglio investire i soldi spesi per i banchi in termoscanner da piazzare all'ingresso dell'edificio scolastico? E il responsabile Covid in ogni istituto? Questa è una trovata recente, ma di cui nessun preside sa praticamente nulla, con il risultato che se già prima i dirigenti erano terrorizzati, tanto da rivendicare uno scudo penale in caso di contagi, ora lo sono ancora di più.Ci sarebbe anche altro, su concorsi e supplenti, ma già questo basta a delineare la baraonda che si annuncia con l'inizio delle lezioni. Come è facile arguire, i sindacati hanno le loro colpe, ma non quelle elencate. Qui il casino è farina del sacco dell'Azzolina, il ministro che passerà alla storia non per l'istruzione ma per la distruzione della scuola pubblica.
La gentrificazione - cioè l’esproprio degli spazi identitari, relazionali e storici - quelli che Marc Augé ci consegna come i luoghi in opposizione ai non luoghi ha fatto sì che i ristoranti assumano sempre di più desolatamente le sembianze dello spaccio di calorie non obbedendo più a quella cucina urbana che è stata grandissima anche nelle case borghesi dall’Artusi in avanti.
Il miliardario cambia idea, niente catastrofe climatica. Apre il circo della COP30. Cina, sale il prezzo del carbone. Russia e Turchia in trattativa sul gas.
Allarme Coldiretti: «Il porto di Rotterdam è un colabrodo, il 97% dei prodotti non subisce esami». Il ministro incalza Bruxelles.
In ballo ci sono malcontati 700 miliardi di euro, quasi un terzo del Pil generato dall’agroalimentare, oltre che la salute, eppure l’Europa non protegge i campi. Perciò l’Italia si candida a sentinella della qualità e della salubrità delle merci che arrivano dall’estero. Francesco Lollobrigida annuncia: «Chiederemo che venga assegnata all’Italia l’autorità doganale europea». È la risposta all’allarme lanciato dalla Codiretti nella sua tre giorni di Bologna. Ha ammonito il presidente Ettore Prandini: «Con 97 prodotti alimentari stranieri su 100 che entrano nell’Ue senza alcun controllo, approfittando di porti “colabrodo” come Rotterdam, serve un sistema realmente efficace di controlli alle frontiere per tutelare la salute dei cittadini e difendere le imprese agroalimentari dalla concorrenza sleale che mette a rischio i nostri record».
Sigfrido Ranucci (Ansa)
Ennesimo scontro tra la trasmissione Rai e l’Autorità, che dice: «Inchiesta errata sugli Smart glasses, il servizio non vada in onda». La replica: «È danno erariale».
Non si ferma lo scontro tra Report, la trasmissione di Rai 3 condotta da Sigfrido Ranucci e il Garante della privacy. Anche questa settimana, alla vigilia della puntata di stasera, l’Autorità di controllo ha chiesto alla Rai lo stop alla messa in onda di un servizio sulle attività del Garante. Report ha infatti pubblicato sui social una clip con l’anticipazione di un’inchiesta sull’istruttoria portata avanti dal Garante della privacy nei confronti di Meta, relativa agli Smart glass, gli occhiali da sole che incorporano due obiettivi in grado di scattare foto e registrare filmati. Il servizio di Report punta il dito su un incontro, risalente a ottobre 2024, tra il componente del collegio dell’Autorità Agostino Ghiglia e il responsabile istituzionale di Meta in Italia, «prima della decisione del Garante su una multa da 44 milioni».





