2023-01-30
«L'intelligenza artificiale non è per nulla intelligente»
Nel riquadro, Padre Tiziano Tosolini
Il filosofo Padre Tiziano Tosolini: «La versione più estrema del pensiero scientifico crede che l’homo sapiens evolverà in “homo technologicus”. Ma le domande esistenziali restano. E il Web non è capace di fornire risposte adeguate».Padre Tiziano Tosolini, missionario saveriano e professore di filosofia all’università Gregoriana, da alcuni anni conduce una importante riflessione su uno dei temi centrali del nostro tempo: il transumanesimo. Lo fa con estrema serietà, evitando semplificazioni, come si evince dalla lettura di libri come L’uomo oltre l’uomo. Per una critica teologica a transumanesimo e postumano (Edb) e A nostra immagine. Le religioni di fronte alle sfide del transumanesimo (Emi). Professore, iniziamo cercando di dare una definizione di transumanesimo. «Tra le tante definizioni che mi sono capitate sotto gli occhi, quella che più si avvicina alla realtà del movimento è la seguente: il transumanesimo è un’ideologia filosofica e scientifica che propone il passaggio dell’umanità a una condizione di vita superiore, quindi affrancata dai vincoli posti dalle condizioni biologiche. I transumanisti sottolineano soprattutto gli aspetti negativi della condizione umana: l’invecchiamento, la malattia, la morte, la propensione agli squilibri delle nostre emozioni, la facilità con cui siamo esposti alle sofferenze anche psicologiche. Di fronte a questa condizione umana che ritengono essere abbastanza precaria, essi tentano di creare un uomo nuovo». Un progetto già visto…«Sì, ci sono stati tantissimi movimenti che hanno creduto nel progressismo utopico. Ma ciò che rende del tutto nuova questa ideologia è la fiducia illimitata nella ricerca scientifica, cioè nell’utilizzo delle scienze evolute (la genetica, la robotica, l’informazione, la nanotecnologia). Secondo i transumanisti, cioè, ci ha portati fino all’homo sapiens, poi improvvisamente si è come fermata e ci ha lasciato nella condizione attuale. Ecco dunque che serve un nuovo evoluzionismo, che dall’homo sapiens ci porti all’homo technologicus». Se la si mette così, si resta sul piano della fantascienza. In realtà il transumanesimo già influisce sulla nostra civiltà, e la fusione che esso prospetta tra uomo e macchina sta già avvenendo. «Martin Heidegger diceva che la tecnologia è diventata la nostra nuova ontologia. Vale a dire, il modo in cui noi vediamo e interpretiamo il mondo è ormai filtrato dalla tecnologia, essa è ormai parte di noi. Il transumanesimo non è homo sapiens più tecnologia: è l’homo sapiens trasformato dalla tecnologia. La tecnologia non è qualcosa di addizionale che possiamo utilizzare come vogliamo: sta già prendendo possesso delle nostre vite, è indispensabile. Abbiamo già delle “estensioni”». La grande domanda è: poiché il progresso tecnologico ci ha anche facilitato l’esistenza, talvolta notevolmente, perché dovremmo temerlo? «Certo che sì, non ci sono soltanto gli aspetti negativi. Il punto è: tutto ciò che possiamo fare, dobbiamo anche farlo? È un bene per l’uomo tutto ciò che egli scopre, fa e mette in circolo? Il problema del transumanesimo è che cancella qualunque limite etico. E questo è parecchio preoccupante, specie se pensiamo a certe prospettive aperte dall’intelligenza artificiale. Poi, dal mio punto di vista, c’è anche un problema spirituale». Ovvero? «C’è una spiritualità all’interno dell’uomo che ai transumanisti non interessa assolutamente. La nuova evoluzione guidata dall’uomo dovrebbe condurci a uno stato che un transumanista come Ray Kurzweil considera di “semidivinità”. I transumanisti esaltano la razionalità umana al punto da farla diventare l’unica misura di tutte le cose. Di fatto, essi propongono di creare un uomo nuovo a nostra immagine. Il che prevede di fare a meno di Dio, di cui non c’è più bisogno, perché possiamo costruirci da soli come vogliamo. Il punto è: se l’uomo non è a immagine di Dio, è a immagine di che cosa? Su questo, i transumanisti non hanno risposte. Rimandano al momento della singolarità, quello in cui avverrà la fusione massiccia tra l’intelligenza umana e la tecnologia. Dicono: non sappiamo cosa diventeremo, ma solo che cambieremo completamente il paradigma. Secondo loro, questo momento non è troppo lontano: qualcuno dice 2040, altri 2050». Giunti a quel punto, quali sarebbero secondo lei le conseguenze? «A mio avviso, se l’uomo si stacca da Dio perde anche sé stesso. Che cosa significa che l’uomo è stato creato a immagine di Dio? Per filosofi come Jean-Luc Marion si tratta di una sorta di imprimatur, una impronta divina che ci permette di riconoscerci immediatamente quali figlio di Dio. Ma senza questa impronta, come possiamo riconoscerci? Come possiamo sapere chi siamo? Molti dicono: non preoccupatevi, intanto andiamo avanti, continuiamo a provare, a usare la scienza, spingiamola sempre più avanti. A un certo momento, però, i problemi esistenziali non saranno più evitabili. E quando si porranno, non ci saranno siti Web capaci di fornire le risposte che cerchiamo».
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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