2019-12-12
Il manuale che insegna a cambiare sesso ai figli
Esce il manuale della dottoressa Diane Ehrensaft per crescere i bambini «creative», quelli che superano le distinzioni tra maschi e femmine. È il testo simbolo dell'approccio affermativo. Che con la scusa della maggiore libertà spinge verso il cambio di sesso.Se qualcuno pensa che oggi, per essere un bravo genitore progressista, basti regalare ai propri figli Storie della buonanotte per bambine ribelli o altri classici della propaganda di questo tipo, beh, si sbaglia di grosso. Quella è roba del passato, adesso serve fare un ulteriore passo avanti. Il genitore progressista davvero aperto di mente non può farsi mancare Il bambino gender creative di Diane Ehrensaft, appena pubblicato in Italia dalle edizioni Odoya. Si tratta di un vero e proprio manuale rivolto a «genitori, insegnanti, famiglie e terapisti» per imparare a prendersi cura di «bambini e adolescenti che non si identificano con il genere biologico indicato sul certificato di nascita». Questo tipo di letteratura, ormai da tempo, è parecchio in voga nei Paesi anglosassoni, ma in Italia non era ancora sbarcata. Come sapete, tuttavia, il «progresso» è inarrestabile ed ecco che anche qui giunge il testo capitale dedicato ai bambini che si preparano a cambiare sesso (perché di questo, in fondo, si tratta). La premessa del volume è affidata a Norman Spack, ovvero il direttore e cofondatore della Gender management service clinic di Boston, un pioniere a livello di trattamento medicato dei bambini transgender. Spack è stato uno dei primi a utilizzare e diffondere i farmaci per il blocco della pubertà sul genere della triptorelina, di recente liberalizzata anche in Italia. Ora il dottore gira il mondo per tenere conferenze (partecipa, per esempio, alle celebri Ted Talks). Egli spiega, tra le altre cose, che nella sua clinica «la rimozione dei seni ai fini della virilizzazione viene effettuata in un'età tra i quattordici e i sedici anni, mentre l'intervento per la femminilizzazione dei genitali viene rimandato fino ai diciassette o diciotto anni». Un vero moderato, il nostro Spack. I bambini «gender creative», tuttavia, non sono soltanto quelli che vogliono passare da maschio a femmina o viceversa. I generi, sostiene Diane Ehrensaft, sono molti di più di quanti immaginiamo. Il bimbo gender creative, dice questa psicologa che insegna all'Università della California e lavora in una clinica prestigiosa, è «un bambino che intreccia e unisce natura, educazione e cultura in un'infinità di modi per determinare quel genere che è “me". Quel “me" può essere un maschio, una femmina o un miscuglio di generi, e può riflettere o meno il sesso che risulta dal certificato di nascita del bambino in questione». La dottoressa insiste moltissimo sulla validità scientifica delle sue tesi, ma la sua biografia spiega che «fa orgogliosamente parte dell'organizzazione Parents, families and friends of lesbians and gays», insomma è un'attivista. E quando attivismo e scienza si fondono, raramente ne esce qualcosa di buono. Il punto è proprio questo. Libri come quello della Ehrensaft non sono pericolosi perché sostengono che bisogna trattare bene bambini e ragazzi che mostrano un approccio al genere sessuale diverso da quello che ci si aspetta. La questione è leggermente più sottile, ma estremamente seria. La spiega perfettamente il dottor Spack: «La dottoressa Ehrensaft e altri come lei promuovono l'approccio dell'affermazione di genere: uno sforzo per aiutare il bambino ad affermare il suo genere autentico invece di influenzarlo per indurlo ad accettarne uno che corrisponda al sesso assegnato alla nascita». Verrebbe da rispondere che non è la società a indurre nel bambino un genere particolare: è il suo corpo, che alla nascita presenta genitali maschili oppure femminili. Ma la Ehrensaft insiste: «L'approccio emergente di “affermazione del genere" è diventato il modello internazionale in ascesa per prendersi cura della salute di genere di bambini e giovani, uno sforzo di cui sono orgogliosa di fare parte». È vero, questo è il modello che si sta affermando, ma sul fatto che sia positivo permetteteci di non concordare. Tale modello prevede che le «variazioni di genere» siano considerate «espressioni sane delle infinite possibilità del genere umano». Secondo la dottoressa, «se c'è una patologia di genere, non la troveremo nel bambino ma nella cultura (patologia altrimenti nota come transfobia)». Chiaro: se non accettate le «infinite variazioni del gender» siete dei malati. Il manuale di cui parliamo non dice ai genitori di limitarsi ad accettare, ma di fatto li spinge a incentivare ogni variazione di genere dei figli. Fingendo di concedere libertà assoluta, in realtà indirizza i piccoli verso una strada già tracciata dall'ideologia. Li spinge dritti nell'«arcipelago gender» e magari pure verso il precoce cambiamento di sesso. Chiunque osi criticare, è un malato di mente transfobico. La chiamano scienza, ma sembra dittatura.
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