2020-03-01
L’«aiuto» dei burocrati europei: cancellate le missioni al Nord Italia
Vietato perfino fare scalo in Veneto e Lombardia: è l'ultimo sgarbo. E all'orizzonte si intravedono già la multa per il prestito ponte ad Alitalia e l'approvazione del Mes.Nelle stesse ore in cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella spiegava che, a suo avviso, «l'Ue rimane il più forte antidoto al ritorno dei muri, dei risentimenti nazionalisti, dei fanatismi che non di rado esibiscono la loro carica distruttiva», da quel luogo di bontà, valori, solidarietà e sentimenti elevati arrivava all'Italia un ennesimo brutale schiaffo, l'ultimo di una lunga serie. Due istituzioni europee, il Comitato europeo delle regioni (Cdr) e il Comitato economico e sociale (Cese), forse dimenticando che ora il virus galoppa in mezza Europa, hanno equiparato l'Italia a Cina, Hong Kong, Macao, Singapore e Corea del Sud, e hanno deciso di «cancellare fino a nuove disposizioni tutte le missioni non essenziali» verso Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto. Peggio ancora: il personale di quelle istituzioni è stato avvisato da una specifica mail che il Nord Italia va evitato non solo come destinazione finale, ma pure come scalo, e che dunque occorre rinunciare anche alle missioni che prevedano l'esigenza di un passaggio in quelle quattro regioni italiane. Seguono le disposizioni per chi invece fosse già transitato in quello che l'Ue considera evidentemente un lazzaretto: prima di tornare al lavoro, c'è l'obbligo di consultare il medico, ricostruire la trasferta e prendere le decisioni del caso. Bontà loro, a Bruxelles sarà imposta la quarantena solo a chi presenti sintomi e febbre alta. Ci mette del suo anche la Commissione Ue: rinvio di tutte le missioni nella zona gialla, e - va detto, più comprensibilmente, almeno quest'ultimo punto - invito a restare a casa e lavorare da remoto per chi nelle ultime due settimane sia stato nelle zone rosse.Quanto al Parlamento europeo, aveva già adottato da qualche giorno una surreale quarantena per gli europarlamentari del Nord Italia (la formula dei questori, ipocritamente, cita chi abbia viaggiato negli ultimi 14 giorni in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte: ma è evidente che si tratta di una circostanza improbabile per uno svedese), che sono stati invitati formalmente a lavorare da casa per due settimane e a restare in «autoisolamento». L'aspetto paradossale della vicenda è doppio: il provvedimento riguarda non solo le zone rosse, ma tutto il Nord Italia, e per ora nulla di simile è stato previsto per gli eurodeputati degli altri Paesi dove pure - adesso - il virus sta ampiamente circolando. Nel frattempo, non si hanno notizie di concessioni di bilancio da parte di Bruxelles verso l'Italia. Come tutti sanno, l'emergenza coronavirus è per antonomasia una «circostanza eccezionale» (se non ora, quando?) che potrebbe consentire una deroga alle regole esistenti, e quindi dovrebbe farci autorizzare a fare più deficit. Ma per ora tra Roma e Bruxelles c'è gran silenzio. E intanto, è già partito il vociare di chi dice (il primo è stato Mario Monti) che sarebbe sbagliato chiedere flessibilità per fare spesa corrente («Agli italiani di domani lasceremmo maggiore debito», ha detto il senatore alla Stampa): come se l'emergenza fosse un pretesto o un'invenzione. In compenso, con un tempismo notevole rispetto all'emergenza coronavirus, che sta ulteriormente mettendo in ginocchio i trasporti, l'altra sera la Commissione Ue ha comunicato di aver fatto partire «un'indagine approfondita» con lo scopo di capire se il prestito di 400 milioni di euro che l'Italia ha garantito ad Alitalia costituisca o meno «aiuto di Stato», e se sia dunque ammissibile o no rispetto alle norme europee. Ora partirà il valzer delle osservazioni e delle controdeduzioni da parte di Alitalia e del governo, ma la macchina è comunque partita. E attenzione: l'ultima botta, la più devastante, rischia di arrivare con la firma della riforma del Mes. La Verità lo ha spiegato in ogni passaggio di questa vicenda, ma è il caso di risottolineare un punto essenziale, che si è puntualmente verificato: una crisi può essere innescata da mille fattori, anche dai più imprevedibili. Ma il riverbero sui Paesi a debito alto è comunque devastante, perché chi ha più debito sarà considerato più vulnerabile.Pur non essendoci automatismo, infatti, la riforma del Mes rende più probabile (o, se vogliamo, meno «eccezionale»), la dolorosa prospettiva di ristrutturazione del debito. La rende un attrezzo che è nel novero dei tools utilizzabili, con maggiore facilità del passato. Il solo fatto che questa eventualità sia prevista, e il solo fatto che gli investitori sappiano - adesso - che in caso di crisi ci saranno Paesi che potranno accedere al soccorso senza condizionalità, e altri (come l'Italia) che invece potrebbero essere sottoposti a pesanti penalizzazioni, fino alla ristrutturazione, cambia radicalmente le aspettative degli investitori. E naturaliter li indurrà, davanti all'Italia, a chiedere rendimenti più alti per comprare i nostri titoli. Se anche non ci saranno «infarti», il rischio di progressivo «soffocamento» si fa più forte. E non c'è alcuna ragione per cui un Paese ad alto debito debba infilare la testa in questa ghigliottina. I vertici istituzionali a ogni livello, il capo del governo, gli attori della maggioranza, i decisori politici, faranno bene a pensarci due volte. Si tratta di una scelta che rischia di essere molto presto oggetto di rimorsi. Già prima del coronavirus eravamo dinanzi a una prospettiva di arretramento dell'economia europea: ora è arrivato uno choc a causa di un evento del tutto imprevedibile. Non c'è alcuna ragione per cui l'Italia debba affrontare questa stagione rendendosi ancora più vulnerabile.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)