Fino al 27 marzo 2022, la «Città Eterna» rende omaggio a Gustav Klimt e agli artisti della sua cerchia con una grande mostra-evento a Palazzo Braschi: più di 200 le opere esposte, con un inedito focus sui rapporti che l'artista viennese intrattenne con il nostro Paese e una straordinaria «multimedia experience», vero miracolo di tecnologia, in grado di ricostruire digitalmente tele andate distrutte.
Fino al 27 marzo 2022, la «Città Eterna» rende omaggio a Gustav Klimt e agli artisti della sua cerchia con una grande mostra-evento a Palazzo Braschi: più di 200 le opere esposte, con un inedito focus sui rapporti che l'artista viennese intrattenne con il nostro Paese e una straordinaria «multimedia experience», vero miracolo di tecnologia, in grado di ricostruire digitalmente tele andate distrutte. Chi di noi, almeno una volta, non si è imbattuto negli ori di Klimt? In una cartolina, in un libro di storia dell’arte, in una stampa o in una gigantografia del famosissimo, quasi inflazionato, riproposto, rielaborato (com’è il destino di molti capolavori …) Bacio o della sontuosa Giuditta? Tutti. Impossibile sfuggire alla malia di Gustav Klimt e agli «abbaglianti bagliori» cromatici dei suoi dipinti e delle sue stoffe. Oro puro su tela. Mosaici policromatici dalle mille sfumature. Questo Maestro, l’artista di punta della Secessione viennese, colui che ruppe gli schemi e le regole dell’arte accademica e conservatrice e che più di ogni altro fece di Vienna il fulcro delle avanguardie artistiche di fine ‘800 ed inizi '900, è tornato finalmente in Italia, nella Capitale: mancava dal 1911, quando, dopo aver partecipato con una sala personale alla Biennale di Venezia, proprio a Roma fu premiato all’Esposizione Internazionale d’Arte, evento che celebrava (insieme all’esposizione di Torino, dedicata alla tecnica e al progresso) il cinquantenario dell’Unità d’Italia. La mostra a Palazzo Braschi Divisa in 14 sezioni, con prestiti provenienti dai due più importanti musei al mondo a custodire l’eredità artistica klimtiana (il Belvedere Museum e la Klimt Foundation di Vienna) e da prestigiose collezioni pubbliche e private, la mostra a Palazzo Braschi ripercorre tutte le tappe dell’intera parabola artistica di Gustav Klimt, proponendo al pubblico opere iconiche (come la famosissima Giuditta I (1901), Signora in bianco (1917-18), Amiche I (Le Sorelle) (1907) e Amalie Zuckerkandl ), un’inedita serie di cartoline autografe, testimonianza dei viaggi in Italia dell’artista austriaco e, a fare da contorno, anche dipinti e sculture di altri artisti, italiani e stranieri: fra questi, doveroso citare Galileo Chini, Giovanni Prini, Enrico Lionne, Camillo Innocenti, Arturo Noci, Ercole Drei, Vittorio Zecchin e Felice Casorati che, accogliendo la portata innovativa del linguaggio klimtiano molto più dei pittori viennesi del loro tempo, daranno vita, pur con sensibilità e modalità diverse, alle esposizioni di Ca’ Pesaro e della Secessione romana, movimento artistico originale e innovativo, lontano dallo staticismo dell’arte accademica ma anche dalla «velocità futurista» Il Ritratto di Signora Fra i tanti capolavori in mostra, un discorso a parte merita la tela Ritratto di Signora (databile fra il 1916 e il 1917), scomparsa misteriosamente dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza nel 1997 e altrettanto misteriosamente recuperata nel 2019, nel corso di alcuni lavori di giardinaggio lungo il muro esterno del museo piacentino. Il quadro appartiene all’ultima fase di attività di Gustav Klimt ed è merito di una studentessa di un liceo piacentino - Claudia Maga - la scoperta, nel 1996, della particolarissima genesi dell’opera: Klimt la dipinse infatti sopra un precedente ritratto (già ritenuto perduto) di giovane donna , identica nel volto e nella posa, ma con vesti ed acconciature diverse. Klimt e Google Arts. Miracoli della tecnologia… A Palazzo Braschi, grazie alla collaborazione tra Google Arts & Culture Lab Team (la nuova piattaforma di Google dedicata all’approfondimento delle arti ) e il Belvedere di Vienna, sono tornati in vita tre celebri dipinti, i cosiddetti Quadri delle Facoltà (La Medicina, La Giurisprudenza e La Filosofia), allegorie realizzate da Klimt tra il 1899 e il 1907 per il soffitto dell’Aula Magna dell’Università di Vienna e rifiutate da quest’ultima perché ritenute scandalose. Andate quasi totalmente perdute nel 1945 a causa di un incendio, attraverso ciò che è rimasto di queste opere ( alcune immagini fotografiche in bianco e nero e articoli di giornale) Google Arts & Culture – grazie al Machine Learning (sottoinsieme dell'Intelligenza Artificiale) e con la consulenza del dottor Franz Smola, curatore della mostra e tra i maggiori esperti di Klimt al mondo- è stato in grado di ricostruire digitalmente i pannelli a colori, regalando ai visitatori un’esperienza «immersiva» davvero unica, valore aggiunto ad una mostra già di per sè eccezionale.
Darmanin (Giustizia): «Abbiamo fallito». Rachida Dati (Cultura) parla di pista straniera. Le Pen all’attacco: «Paese ferito nell’anima».
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Lo si trova nei semi oleosi e nelle noci, così come in salmone, tonno e acciughe. Però oggi molti tendono ad assumerne quantità eccessive.
Paolo Violini (Youtube)
Il nuovo direttore del laboratorio. Restauro dipinti e materiali lignei del Vaticano: «Opereremo sul “Giudizio universale” e sulla Loggia del Sanzio nel cortile di San Damaso. Quest’ultimo intervento durerà cinque anni».
Ansa
Il dossier del nucleare iraniano sta tornando al centro dell’attenzione. Sabato, Teheran ha dichiarato decadute tutte le restrizioni previste dall’accordo sull’energia atomica, che era stato firmato nel 2015.






