2023-06-04
Il re di Davos detta la linea ai verdi: «Ci salveremo grazie all’estinzione»
Klaus Schwab (Getty Images)
Secondo Klaus Schwab, il fondatore del Forum economico, la lotta al cambiamento climatico beneficerà del crollo della popolazione. Anche i dispositivi tecnologici inquinano, però bisogna produrne di più.Gli attivisti ecologisti che da mesi imperversano sulle televisioni e i giornali italiani hanno oggi una grande opportunità: possono finalmente scoprire per chi stiano davvero lavorando, a favore di quali idee e quali progetti. Per riuscirci non debbono fare granché: basterebbe che perdessero alcuni minuti del loro preziosissimo tempo (tra i pochissimi che secondo loro restano prima dell’apocalisse) e sfogliare un libro pubblicato dall’editore Franco Angeli dal titolo Il capitalismo degli stakeholder. Non c’è bisogno di leggerlo interamente, anche perché è davvero noioso oltre che piuttosto irritante. Basta sfogliare le pagine che compongono il capitolo 7, «Le persone e il pianeta». Perché proprio questo libro? Beh, perché a firmarlo è un signore di nome Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum. Costui è una sorta di personificazione del cosiddetto mainstream, e i suoi mefitici scritti hanno una (una sola) qualità: riassumono alla perfezione i contenuti dell’ideologia dominante, indicano la rotta, svelano la forma che il futuro deve assumere secondo i piani delle élite politico-economico-finanziarie che si riuniscono ogni anno a Davos. Il volume in questione è stato scritto nel 2021 e da allora si discute dei suoi contenuti con una certa continuità. Tuttavia soltanto adesso è stato tradotto in italiano, e vale appunto la pena di approfondirne alcuni passaggi decisamente illuminanti. Prima di esaminarli nel dettaglio dobbiamo chiarire che cosa sia questo capitalismo degli stakeholder. Dovrebbe essere, in soldoni, una sorta di «capitalismo etico», un neoliberismo «illuminato» che tiene conto dei problemi sociali e non esita a sostenere alcune «buone cause». In pratica è la versione di Schwab del cosiddetto Woke Capitalism, che consiste pressappoco nella possibilità per i grandi poteri economici di darsi una riverniciata etica salvo poi continuare a coltivare i propri interessi esattamente come prima. Niente di particolarmente stupefacente, dunque. Il problema sta nel fatto che questo tipo di capitalismo impone anche alle popolazioni di mobilitarsi, le spinge più o meno gentilmente ad agire in un certo modo il quale, puntualmente, viene presentato come «più giusto». L’uomo-consumatore, dunque, diviene ancora meno libero rispetto a prima, perché viene meno persino la tanto decantata libertà di scelta, da sempre caposaldo della retorica liberista. Una delle cause su cui Schwab si concentra maggiormente – ovvio – è quella della «salvezza del pianeta». Egli inizia il discorso con un bell’elogio di Greta Thunberg. «L'autunno del 2018 fu il periodo in cui appresi dell’iniziativa di Greta e decisi immediatamente di invitarla al nostro incontro annuale a Davos. Il suo impegno aveva portato la questione a un livello diverso da quello della normale istanza politica e del solito appello accademico. Avevo capito che si trattava di qualcosa di importante e che la sua voce non era la sola. Per cinquant'anni, il progresso economico del mondo era avvenuto a scapito della vivibilità del pianeta a lungo termine», scrive l’arguto Klaus. Se nel 2018 è scattato il colpo di fulmine con Greta, l’attenzione verso i temi «ecologici» è ben più antica: «Il Club di Roma, all’inizio degli anni Settanta, aveva già avvertito politici e cittadini dei rischi che l'ambiente stava correndo». Già, l’idea di difendere la Terra da una piaga chiamata uomo circola da parecchio, ma è giunto il momento di spingerla con maggiore energia.Quel che secondo Schwab bisogna fare per evitare il disastro è, manco a dirlo, ridurre le emissioni. Ci riusciremo? Dipende, a suo dire, da alcuni «megatrend» e dal modo in cui l’umanità si comporterà rispetto ad essi. Il primo trend riguarda l’urbanizzazione: sempre più persone vivono nelle città, e ciò produce più inquinamento. Ma c’è un lato positivo: se tutti vivono in aree urbane, basterà «l’azione coordinata di un piccolo numero di sindaci» per contrastare il cambiamento climatico. Che devono fare questi sindaci? Facile: passare a taxi e mezzi pubblici elettrici e, soprattutto, «ridimensionare in modo considerevole il trasporto privato». Favoloso: per salvare il pianeta basterà che i nostri sindaci ci rendano la vita difficile, come del resto già avviene. Il secondo trend riguarda la popolazione, che ancora cresce a livello globale: più esseri umani, più inquinamento. «Ma, anche in questo caso, abbiamo un risvolto positivo», gongola Schwab. «Mentre si prevede che la popolazione globale continuerà a crescere fino al 2050, il suo tasso di variazione sta decelerando giorno dopo giorno. [...] Questo preventivato crollo della popolazione mondiale presenta le sue insidie, ma la lotta al cambiamento climatico può certamente beneficiarne». Evviva, ci estingueremo! E finalmente smetteremo di inquinare. Il terzo trend da tenere d’occhio secondo il reuccio di Davos è il progresso tecnologico. È vero che la rivoluzione digitale inquina tantissimo, dice Klaus, ma alla fine saranno le tecnologie a salvarci consentendoci di inquinare di meno. Già: gli esseri umani danneggiano la Terra, dunque è meglio che non se ne producano più. I dispositivi tecnologici inquinano anche di più, ma bisogna produrli ugualmente perché ci condurranno all’Eden. L’ultimo megatrend, ci informa Schwab, dipende da noi, cioè dal modo in cui ci relazioneremo ai trend precedenti: se sceglieremo di impegnarci per ridurre gli altri trend, allora avremo qualche possibilità di evitare la catastrofe. In buona sostanza ci viene richiesto di incamminarci volontariamente lungo la strada tracciata dal guru di Davos: niente auto di proprietà, case green, meno figli e più in generale meno consumi. Se ci pensate, sono sostanzialmente le stesse istanze che gli attivisti verdi portano avanti con rabbiosa determinazione. Forse i bellicosi fanciulli non se ne sono accorti, ma sospettiamo che il vecchio Klaus lo sappia benissimo, e che si diverta un mondo: non vede l’ora che arrivi «l’ultima generazione».
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)