2023-05-28
Kenyoti al Mef, non si fidano di Cmc
La cooperativa edile di Ravenna deve costruire tre dighe in Africa, ma la commissione del Tesoro di Nairobi verrà in Italia per avere chiarimenti sui problemi del gruppo.La notizia che la Cmc di Ravenna potrebbe presto tornare in Kenya per la costruzione delle dighe Arror, Kimwarer e Itare è stata raccontata in Italia come un successo della visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel paese africano, a metà marzo. La vicenda risale al 2015, quando l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi annunciò la finalizzazione dell’operazione di finanziamento di una commessa da 306 milioni di euro. In questi anni l’operazione ha ricevuto però numerosi stop, per un’inchiesta iniziata in Kenya per presunti casi di corruzione e anche per la crisi economica della stessa Cmc. Ora tutto sembra essere stato risolto. Eppure, a Nairobi, dove le indagini sulla storica cooperativa sono state accantonate, chi segue il dossier continua a farsi diverse domande sulla reale situazione dell’azienda italiana. Del resto, a quanto apprende La Verità, Cmc avrebbe presentato al tesoro kenyota i libri contabili fermi al 2020 e soprattutto non avrebbe ancora rivelato l’identità del nuovo socio che dovrebbe risollevare le sorti della società. La Cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna, costituita nel 1901, è la terza società di infrastrutture del Paese, con cantieri in Italia e nel mondo. Conta 3.800 dipendenti con un indotto di 15.000 piccole e medie imprese. Dal report finanziario del 2020, risulta che il debito finanziario ammonta a 78 milioni di euro. Ma questo non include il debito verso i creditori, che viene riportato poche pagine dopo. È immenso, pari a oltre 2 miliardi e mezzo di euro. Da anni la società ravennate ha iniziato un’operazione di risanamento, anche tramite il concordato, ma a quanto pare il piano di rientro continua a ritardare. Per di più, intorno al cavaliere bianco che dovrebbe salvare la cooperativa rossa, continua a circolare il massimo riserbo. Eppure, prima della fine dello scorso anno erano circolate svariate ipotesi e altrettante trattative in corso. Tra queste, una delle più concrete, sembrava quella con Webuild, anche perché era stata confermata dalla stessa Cmc. L’ex Salini Impregilo, contattata dalla Verità, non commenta. Né da Cmc è stato possibile avere un commento. Di sicuro c’è che oltre a Webuild, si era parlato anche di Aspi-Pavimental, Fincantieri e anche il Gruppo Pizzarotti. Dopo la nascita del governo Meloni, però, del dossier non si è più fatto cenno. Dopo la visita di Mattarella in Kenya è tornato di attualità. E secondo le ultime informazioni, il progetto di salvataggio di Cmc passerebbe dalla nascita di una newco con il sostegno della società pubblica Invitalia e anche dell’impresa Renova Red, sede legale a Roma e operativa a Cesena con manager che avevano lavorato in Trevi e nella stessa Cmc. Nell’ultimo tavolo al ministero di settembre, quando c’era ancora il governo Draghi, l’esecutivo aveva chiesto maggiori informazioni sui possibili nuovi soci, ma anche all’epoca non erano emerse certezze. Di sicuro in Kenya aspettano risposte. Tanto che nelle prossime settimane la commissione del Tesoro kenyota, nominata per fare luce sulla vicenda, dovrebbe fare visita in Italia per parlare dell’appalto sulle tre dighe, cercando di capire la posizione delle banche (tra queste c’è anche Intesa San Paolo) e di Sace, che dovrebbe garantire l’operazione. Le inchieste su Cmc avevano occupato negli scorsi anni le pagine dei quotidiani kenyoti. E caso vuole che nel mese scorso Noordin Haji, che aveva indagato a lungo sull'appalto affidato a Cmc, sia stato nominato dal presidente William Ruto come prossimo direttore generale del National Intelligence Service, i servizi segreti.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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