2024-02-01
Volée di Jannik contro i tromboni: «A Montecarlo ci vivo davvero»
Il campione altoatesino risponde a chi lo aveva accusato di fare il furbetto con il fisco.Un passante lungolinea al moralismo. Dopo la stop volley al Festival di Sanremo («Non so ballare, non so cantare, grazie ma devo allenarmi») arriva un altro colpo dei suoi, con il quale Jannik Sinner mette a tacere i professionisti dell’orticaria social già sbilanciati con il dito ammonitore nei confronti del campione, che non sarebbe tale perché ha la residenza a Montecarlo. Lui, invece di passare oltre come fece Matteo Berrettini con Report, si è fermato a spiegare: «Ci abito da quattro anni. Quando mi allenavo a Bordighera con il mio ex coach che ha la residenza a Monaco (Riccardo Piatti, ndr), gli ho detto che l’avrei presa anch’io. E così ho fatto».La sua base è nel principato. E quando non fa il globetrotter con la racchetta, lì torna. Non fa finta come Valentino Rossi o Luciano Pavarotti. Nel breve periodo in cui non è su un aereo o in campo, ci vive davvero. «La cosa più bella di Monaco è che ci sono tanti giocatori con cui puoi allenarti, le strutture sono perfette, i campi sono buoni. Onestamente lì mi sento a casa. Sto bene, ho una vita normale, posso andare al supermercato con zero problemi». È un altro aspetto di quel senso di libertà insegnatogli dalla famiglia, che lui ha sottolineato dopo il trionfo di Melbourne: «Grazie ai miei genitori, mi hanno sempre lasciato libero di scegliere». Anche di vivere dove ritiene più utile. Il regime fiscale che agevola chi può permetterselo - per ottenere la residenza serve un deposito bancario vincolato di un milione di euro - è un incentivo non da poco. Ma non c’è solo il lato economico. A Montecarlo ha a disposizione alcune delle strutture migliori del mondo, 300 giorni di bel tempo per la preparazione e una ventina dei 30 più forti tennisti del pianeta con i quali allenarsi. Oltre a Nole Djokovic (ci sta da 15 anni), ci sono gli italianissimi Berrettini e Lorenzo Musetti, Stefanos Tsitsipas, Holger Rune, Felix Auger-Aliassime, Alex De Minaur, Cameron Norrie. Ha detto Grigor Dimitrov in una recente intervista: «Ogni mattina vieni in campo e ci sono alcuni dei migliori tennisti del pianeta ad allenarsi. È importante e ti spinge a fare meglio». Sinner ha il diritto di cercare la comfort zone dove gli pare, a meno che non si ritenga che per battere Danijl Medvedev o Carlos Alcaraz sia sufficiente allenarsi contro la porta di un garage come Snoopy. Alla polemica hanno partecipato anche l’editorialista Aldo Cazzullo e l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, che hanno invitato il campione «a riportare la residenza fiscale in Italia» per essere considerato più italiano. Un esercizio dialettico che sconfina nel populismo, anche perché in Italia Sinner si ferma un mese scarso all’anno: le due settimane degli Internazionali a Roma, quella delle finali Atp di Torino e le feste di Natale con mamma e papà. Non usufruisce di servizi dello Stato, non estrae risorse dall’Italia e se vince al Foro Italico paga alla fonte le tasse sui premi (42%). È molto probabile che la sua beneficenza sia più trasparente di quella di Chiara Ferragni. Il nostro è un Paese meraviglioso. Abbiamo un fenomeno mondiale di 22 anni grazie al quale far riesplodere il movimento del tennis, indurre a giocarlo migliaia di bambini, realizzare strutture all’altezza, contare su un testimonial planetario del Made in Italy. E qual è il problema? Le tasse e la gastrite per la residenza a Montecarlo. Gesuitismo in purezza. E pure doppia morale, perché nessuno è mai stato così fiscale con Alberto Tomba, con i piloti della Ferrari (chi osa toccare il rosso muore), con la Fiat decollata ad Amsterdam, con la Ferrero diventata lussemburghese. Lasciate in pace Sinner, i doppi falli sono altrove.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)