2025-05-31
Italiani stanchi del caos migratorio. La Caritas resta all’agenda Casarini
Nel riquadro monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Cemi e della Fondazione Migrantes (Ansa)
La Cei preme per la cittadinanza facile, malgrado le preoccupazioni del Paese reale.Il nuovo stile - che poi è fortunatamente antico - di Leone XIV e la sua abitudine a parlare di cose dello spirito invece che di cose del mondo ha sicuramente rinfrancato molti. Ma purtroppo non sembra ancora aver provocato cambiamenti rilevanti nella mentalità dei vertici della Conferenza episcopale italiana, i quali continuano serenamente a fare politica restando ben saldi entro i confini dell’ideologia immigrazionista professata negli ultimi anni.Un paio di giorni fa il Consiglio permanente straordinario della Cei ha preso posizione ufficialmente sul referendum, precisamente sul quesito che mira a dimezzare (da dieci a cinque anni) i tempi per l’ottenimento della cittadinanza. «Quello che serve urgentemente al Paese è senza dubbio una riforma complessiva della legge 91/1992 sulla cittadinanza», dicono i vescovi. «Il prossimo referendum dell’8 e 9 giugno – che mira solo a ridurre da 10 a 5 anni i tempi per poter presentare la richiesta – appare in ogni caso un’occasione per cominciare ad adottare una visione larga che eviti mortificazioni della dignità delle persone e per integrare nella pienezza dei loro diritti coloro che condividono i medesimi doveri e valori».I prelati citano monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Cemi e della Fondazione Migrantes, il quale sostiene che «votare il referendum sulla cittadinanza significa esercitare il diritto a modificare una legge che non aiuta a costruire l’Italia di domani, perché non si può lasciare fuori dalla città – oggi con un’attesa fino anche a 14 anni, per motivi burocratici, mentre negli altri Paesi europei l’attesa media è di sette anni – chi lavora, studia, si sposa, ha un figlio in Italia».Ieri anche la Caritas, come prevedibile, si è allineata, dichiarando in un comunicato che «l’ottenimento della cittadinanza in tempi congrui da parte di donne e uomini che contribuiscono con il loro lavoro al benessere dell’intera collettività, corrisponde al riconoscimento della dignità delle persone che, nell’ottica del bene comune, ovvero del bene di tutti e di ciascuno, sono da accogliere, proteggere, promuovere e integrare». Bellissime parole, che purtroppo suonano un filo stonate sulle labbra di chi dal business della immigrazione irregolare ha (anche) tratto profitto negli ultimi anni. Senza i flussi di stranieri in ingresso e senza i soldi pubblici per l’accoglienza, la Caritas avrebbe probabilmente dovuto ridimensionare alcune delle sue strutture. Insomma, di certo il connubio tra ideologia e interesse non giova alla serenità del dibattito sull’immigrazione.Il fatto è che questa impostazione marca una distanza rilevante tra la popolazione e i vescovi, i quali senz’altro debbono guidare il gregge ma dovrebbero anche considerarne gli orientamenti, le emozioni e i problemi. E a giudicare da quello che emerge dalle rilevazioni statistiche, gli italiani non sono poi così entusiasti della presenza massiccia di immigrati. Lo dimostra, tra gli altri, il sondaggio realizzato da Antonio Noto e illustrato ieri dal Tempo. Una indagine particolare perché svolta con un interessante accorgimento: «Abbiamo usato un metodo neutro, sottoponendo i temi che sono contenuti nel decreto Sicurezza senza esplicitare che è stato varato dal governo. In questo modo abbiamo avuto un giudizio non condizionato dall’appartenenza politica, ma esclusivamente sul tema».Ebbene, ciò che emerge è che gli italiani non disdegnano il dl Sicurezza approvato alla Camera e non sono nemmeno così restii a utilizzare il pugno duro quando serve. Riguardo al decreto in generale, «ovviamente tra chi vota Fdi, Lega e Forza Italia sono alte le percentuali di chi è favorevole. Anche se non si può evitare di notare come tra i sostenitori degli azzurri le percentuali di chi apprezza i contenuti del provvedimento siano minori. Se tra le file di Fdi si va dal 90% al 98% di favorevoli e in quelle dei leghisti la forbice si attesta fra l’88 e il 97%, tra gli elettori di Forza Italia la percentuale si abbassa fra il 70 e l’85%». E fin qui tutto prevedibile. Si scopre però che tra gli elettori del Pd l’87% è favorevole all’incremento delle pene per chi truffa gli anziani, mentre il 58% apprezza i provvedimenti in tema di daspo urbano e blocco stradale. Inoltre, «il 69% di chi vota Pd e il 60% di chi sceglie il M5s apprezza l’arresto in flagranza per lesioni gravi a pubblici ufficiali durante le manifestazioni, percentuali che schizzano alle stelle quando invece vengono intervistati elettori di Fdi (97%), Lega (95%) e FI (85%)».A quanto pare anche a sinistra il tema della sicurezza è sentito. Ma i dati forse più sorprendenti sono appunto quelli riguardanti l’immigrazione. L’88% degli intervistati (e l’85% di quelli che votano Pd) ha gradito e non poco il fatto che siano stati espulsi i tre tunisini presenti in Italia con permesso per studio e individuati come molestatori di una giovane donna durante il concertone del primo maggio. Chiaro: le molestie sono un tipo di condotta criminosa particolarmente sgradita anche a sinistra, ma l’elevato consenso all’espulsione dimostra anche che se alcune questioni venissero presentate per quello che sono, cioè al netto dell’ideologia e delle ipocrisie, con tutta probabilità scopriremo che le idee degli italiani su rimpatri e espulsioni sono molto più rigide di quel che si vuole fare credere. Dalla rilevazione di Noto emerge pure un incredibile 24% di elettori Pd favorevoli al modello Albania di gestione degli stranieri. In pratica un quarto dei sostenitori del primo partito di sinistra pare gradire il trasferimento dei migranti, che in generale è apprezzato dal 47% degli intervistati (i contrari sono il 40%).Quel che si può dedurre da tutto ciò è che il buonsenso tende a prevalere. Di fronte a reati odiosi, anche chi si professa di sinistra tende ad appoggiare l’uso delle maniere forti. E perfino di fronte a misure problematiche come il piano Albania (che non convince tutti nemmeno a destra) c’è chi assume posizioni di notevole severità pure se progressista. Chissà che risultati si otterrebbero oggi se in questi anni non avessimo assistito al martellamento costante della propaganda immigrazionista a cui hanno abbondantemente aderito anche organizzazioni come la Caritas. Spingono per la cittadinanza facile, l’accoglienza totale e le frontiere aperte, e a farne le spese sono i comuni cittadini. Fra i quali, nonostante il lavaggio del cervello, sembra rintracciarsi ancora qualche barlume di lucidità.
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