2023-05-15
L'Italia è ricca di materie prime: c'è anche il litio alle porte di Roma
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Litio allo stato solido (iStock)
Gianclaudio Torlizzi, consigliere del ministro della Difesa ed esperto di commodities: «Serve un piano nazionale minerario. Le normative che regolano l’attività mineraria sono ferme al 1927».Lazio, Piemonte, Toscana ma non solo. L’Italia nel sottosuolo nasconderebbe grandi quantità di materie prime tra cui anche le ormai divenute preziosissime terre rare, fondamentali per la transizione energetica. Le Alpi sono ricche di barite, berillio, tungsteno e nichel, così come la Sardegna e la Toscana. Questa regione è anche ricca di rame che si trova in abbondanza anche in Liguria. A Gorno, vicino Bergamo, c’era una grandissima e ricchissima miniera di zinco, ormai esaurita; si scavava infatti sin dai tempi dell’impero romano. Il litio in particolare è il componente più utilizzato per transizione e nuove tecnologie. Fondamentale per i magneti delle pale eoliche e per le batterie ricaricabili delle auto elettriche, dei computer e degli smartphone. Questi materiali per il momento vengono forniti principalmente da altri Paesi. Sul sito del ministero delle Imprese e del Made in Italy, la Cina fornisce all’Unione Europea circa il 98% delle terre rare, la Turchia il 98% del borato, il Sudafrica il 71% del platino e una percentuale ancora più alta per i materiali del gruppo del platino: iridio, rodio, rutenio. Il litio è fornito al 78% dal Cile. A questi dati vanno aggiunte le stime di Bloomberg. Secondo l’agenzia di stampa di New York, al fine di raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050, saranno necessari una quantità di metallo per un controvalore di 10 mila miliardi di dollari e una quantità di 242 milioni di tonnellate dalle attuali 52 milioni di tonnellate. Sempre Bloomberg stima che le dimensioni della rete elettrica globale dovranno quasi raddoppiare fino a raggiungere i 152 milioni di chilometri entro il 2050, richiedendo enormi quantità di acciaio, rame e alluminio.Con una quota di mercato superiore al 60%, la Repubblica Democratica del Congo (RDC) domina la produzione di cobalto e l'Indonesia si posiziona per diventare un lontano secondo. Tuttavia, le società cinesi ora possiedono 15 delle 17 miniere di cobalto nella RDC e controllano il 97% delle forniture indonesiane. Per questo Gianclaudio Torlizzi, membro del Comitato Scientifico del Policy Observatory dell'università Luiss Guido Carli e Consigliere del Ministro della Difesa, propone che venga ideato un Piano Nazionale Minerario al fine di garantire un livello soddisfacente di approvvigionamento all’industria italiana, il cui fabbisogno di metalli registrerà un’importante crescita dai valori registrati negli ultimi anni. Secondo Torlizzi: «Il Piano Nazionale Minerario dovrebbe ruotare sui seguenti elementi costitutivi: Aumento della produzione nazionale di metalli raffinati. Il primo passo da compiere in tal senso è una mappatura geologica del Paese. L’individuazione dei giacimenti da sfruttare dovrà andare di pari passo con l’aggiornamento delle normative che regolano l’attività mineraria ferme al Regio Decreto N° 1443 del 1927, successivamente modificato in modo da includere, tra gli anni Ottanta e Novanta, le Regioni che, con la sola eccezione del petrolifero ancora sotto la giurisdizione dello Stato centrale. Lo Stato dovrà riconoscere l’importanza dell’attività mineraria, nella tutela dell’interesse nazionale, intervenendo (ed intervenire) attivamente nella strategia di approvvigionamento. Ciò significa - ha aggiunto - che il concetto di sicurezza nazionale sul fronte dell’approvvigionamento di materia prima dovrà essere considerato superiore a quello della convenienza economica. E anche nei casi in cui si individuassero giacimenti di materia prima poco utilizzata dall’economia nazionale, la ratio dovrebbe essere quella di utilizzare tale disponibilità come merce di scambio al fine di ottenere da altri Paesi le materie prime di nostro stretto interesse».Il 14 settembre passato il presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, ha presentato il Critical raw materials act, che prevede la ricerca e l’estrazione delle materie rare. In quell’occasione disse: «Presto il litio e le terre rare diventeranno più importanti del petrolio e del gas. La nostra domanda di terre rare aumenterà di cinque volte entro il 2030. Per evitare di diventare nuovamente dipendenti, l’Unione punta a identificare progetti strategici lungo tutta la filiera, dall’estrazione alla raffinazione, dalla lavorazione al riciclo». L’Italia però dovrebbe muoversi parallelamente per non rischiare di rimanere indietro rispetto ai suoi competitor. Lo scorso luglio, uno studio pubblicato sulla rivista Minerals da quattro ricercatori del CNR, il Consiglio nazionale delle ricerche, ha evidenziato come la fascia vulcanica pretirrenica che va dalla Toscana al Lazio, fino alla Campania, sarebbe ricca di litio. Nell’area a nord di Roma ci sarebbero le più alte concentrazioni, fino a 480 milligrammi di metallo per litro. Le rocce del sottosuolo sono ricche di questo elemento della tavola periodica, viene sciolto grazie alle alte temperature che l’acqua raggiunge a quelle profondità. In questo modo si può portare il litio in superficie senza inquinare come in altri tipi di estrazione. Non ci sarebbero emissioni aggiuntive di anidride carbonica nell’atmosfera poiché si utilizzano i vapori del sottosuolo, la raffinazione è alimentata con l’energia geotermica e non si spreca molta acqua perché quella che risale in superficie, una volta filtrata, viene reimmessa nei pozzi. Quindi non è lo stesso metodo che viene usato in Australia, dove il litio si estrae dalle rocce; o in Sudamerica dove si ricava dai laghi salati. In entrambi i casi le miniere hanno impatti negativi sulla vita dei cittadini.Nella valle del Baccano, in un’area di circa 11 chilometri quadrati l’azienda mineraria australiana Vulcan Energy (insieme ad Enel Gren Power) ha ottenuto un permesso di ricerca. Vulcan ha l’obiettivo di diventare il leader nell’estrazione del litio geotermico, attualmente detiene cinque concessioni per la ricerca del litio nell’alta valle del Reno, in Germania, e ha firmato un contratto di cinque anni con Stellantis per la fornitura di 99mila tonnellate di idrossido di litio per le batterie elettriche a partire dal 2026.Sempre a Nord di Roma, questa volta a Campagnano un’altra ditta australiana la Altamin ha annunciato di aver ottenuto il permesso di cercare il litio su un’area di 12 chilometri quadrati. La concessione confina con quella di Vulcan e comprende un solo pozzo. Il primo novembre scorso, Altamin ha reso noto di aver ottenuto un secondo permesso per le estrazioni, in un’area di circa 20 chilometri quadrati a Galeria, tra Cesano e Roma, che comprende tre pozzi. Per queste esplorazioni si esclude la Valutazione d’impatto ambientale (un’autorizzazione preventiva del ministero dell’Ambiente, che esamina i possibili effetti di un’opera sull’ambiente) perché la direzione regionale dell’ambiente ha stabilito che per questo tipo di ricerca non sarebbe necessaria poiché si sfrutterebbero pozzi già esistenti e non ci sarebbero nuove trivellazioni. Come già riportata da Verità e Affari, finora, Ispra, assieme alle Regioni, ha catalogato 3016 siti su un periodo compreso tra il 1870 ed il 2020. I minerali metalliferi sono nelle Alpi, in Toscana, Calabria e Sardegna. Le miniere di zolfo sono invece in Sicilia, Marche e Romagna. La lignite, infine, viene nelle piane alluvionali dell’Italia centrale. Le miniere in produzione sono 75 ma nessuna per minerali metalliferi. Si tratta di cave per marna da cemento (17), salgemma (7) e minerali ad uso industriale (44). Insomma l’Italia ha un grandissimo passato minerario, ma adesso non gli rimane solo che un grandissimo potenziale. Ci sono anni di investimenti che vanno recuperati e bisogna farlo in fretta.