Il flusso delle cifre (visionate in esclusiva dalla «Verità») spesso passa per Ong vicine agli jihadisti. Denaro usato persino per addestrare bimbi a uccidere ebrei. Si teme che 100 milioni di prestiti non siano più restituiti.
Il flusso delle cifre (visionate in esclusiva dalla «Verità») spesso passa per Ong vicine agli jihadisti. Denaro usato persino per addestrare bimbi a uccidere ebrei. Si teme che 100 milioni di prestiti non siano più restituiti.Un fiume di soldi grande come il Giordano. Quasi mezzo miliardo di euro. È il totale del denaro che dalla metà degli anni Ottanta è partito dall’Italia verso i territori palestinesi sotto forma di crediti, aiuti e finanziamenti. Il corso di questo grande fiume rischia però di creare due problemi. Il primo è che le somme raccolte per aiutare i civili palestinesi, senza gli adeguati controlli lungo la loro strada verso Gaza attraverso i passaggi dei vari intermediari locali, possono finire nelle mani dei terroristi. Il secondo problema è che ci sono anche un centinaio di milioni di euro dati in prestito che rischiamo di non recuperare. Non a caso nei ministeri interessati qualcuno in questi giorni ha alzato il telefono per fare il conto di quanto è stato dato e quanto potrebbe non tornare indietro.Partiamo dai numeri, che La Verità ha potuto visionare in esclusiva, e poi seguiamo il denaro. Come i milioni erogati dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, che fa capo al ministero degli Esteri e che è incaricata di svolgere le attività connesse alle iniziative di cooperazione internazionale. Ovvero di decidere a quali organizzazioni devono andare i soldi dell’Italia. I progetti finanziati attraverso l’Aics, a partire dal 2001, sono stati 218, per un totale impegnato di 227.176.690 euro e totale erogato di 188.166.303 euro. Su 218, ne risultano chiusi 129, ne sono in corso 55, in fase di finalizzazione 33 e uno è stato cancellato. Si tratta di progetti affidati a organismi della società civile nazionali (66), amministrazione centrali come la stessa Aics (65), organizzazioni multilaterali come quella Mondiale della sanità e l’Unesco (47), enti pubblici del Paese destinatario (18), enti territoriali come i Comuni (12), altri enti come le università (7) e a privati, ovvero ad aziende italiane (3). Il rischio, però, è che l’Aics - ignorando connessioni sospette, e facendo affidamento sull’autocertificazione dei destinatari - fornisca sovvenzioni a Ong italiane che poi trasferiscono parte dei fondi ai loro partner delle Ong palestinesi che poi li destinano a un altro tipo di attività assai meno solidale. Ai soldi partiti dall’Aics, vanno poi aggiunti anche i crediti a favore dei Territori autonomi palestinesi nell’ambito del Fondo rotativo per la cooperazione allo sviluppo gestito da Cdp. Al 30 settembre 2023, risultano in essere 6 crediti di aiuto utilizzati per finanziare progetti di cooperazione bilaterale per un importo originario complessivo di circa 103,6 milioni di cui 13,7 milioni ancora da erogare. In base a una corrispondenza interna visionata dalla Verità, a oggi risulta pendente una sola richiesta di esborso per 74.000 euro a favore di una società palestinese di costruzioni (la Arab Brothers Group) su cui sono in corso valutazioni relative alla documentazione antiriciclaggio. Non risulta, inoltre, presente lo stato finanziario di un progetto a credito di 16,2 milioni per la rete di distribuzione elettrica in Cisgiordania approvato nel luglio del 1999.Intanto, lo scorso 18 ottobre la trasmissione Fuori dal coro di Rete 4 ha sollevato il problema dei fondi che vengono raccolti per aiutare la Palestina ma che rischiano di finire indirettamente nelle mani dei terroristi. Per farlo, ha bussato anche alla porta dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo ed è partita dalle informazioni raccolte da Ngo Monitor. Quest’ultima si occupa di analizzare l’attività delle Organizzazioni non governative in Israele e nei Territori palestinesi svelando anche le connessioni tra alcune Ong e soggetti come il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp), considerato un’organizzazione terroristica dagli Usa, dalla Ue e dal Canada. Il 26 ottobre del 2022, Ngo Monitor ha acceso i riflettori proprio sull’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo che - si legge nel rapporto pubblicato sul sito - tra il 2015 e il 2021 ha erogato circa 23 milioni a 20 progetti in Israele, Cisgiordania e Gaza. Il capitolo più lungo del rapporto di Ngo è quello dedicato ai finanziamenti diretti a Ong politicizzate. Eccone alcuni. Nel 2022, l’Aics ha concesso 97.500 dollari al Ma’an Development Center tramite l’Ong italiana WeWorld. Ebbene, nel maggio 2018, il dipendente del Ma’an Development Center, Ahmad Abdallah Aladini, è stato ucciso durante scontri al confine con Gaza. Aladini era un «compagno» del Fronte popolare per la liberazione della Palestina e sulla sua pagina Facebook aveva pubblicato immagini di violenza e propaganda. Nel periodo 2018-2021, l’Aics ha concesso 1,8 milioni di euro ad Al-Haq e alla Onlus Cooperazione per lo sviluppo dei Paesi emergenti (Cospe), in partnership con l’Associazione comunità papa Giovanni XXIII: il 22 ottobre 2021 il ministero della Difesa israeliano ha dichiarato Al-Haq «organizzazione terroristica» e il suo direttore, Shawan Jabarin, è stato collegato al Fronte popolare. L’Associazione comunità papa Giovanni XXIII in Italia sostiene anche la campagna Bds (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni per i diritti del popolo palestinese). Nel 2018-2020, riporta ancora Ngo Monitor, l’Aics ha concesso 841.701 euro all’Ong italiana Associazione di cooperazione e solidarietà (Acs) per progetti con l’Unione dei comitati di lavoro agricolo (Uawc): l’Unione è identificata da Fatah come un «affiliato» ufficiale e come il «braccio agricolo» del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Il 22 ottobre 2021, il ministero della Difesa israeliano ha dichiarato l’Uawc «organizzazione terroristica» perché fa parte di «una rete» che opera «per conto del Fronte Popolare» (e di recente il governo olandese ha stoppato i finanziamenti per l’Unione). Nel 2021-2022, l’Italia ha concesso 17.000 dollari a EducAid Onlus in collaborazione con Islamic relief Palestine (Irpal), Save the children e Vento di Terra: il 19 giugno 2014, il ministro della Difesa israeliano ha dichiarato illegale Islamic relief worldwide, sulla base del suo presunto ruolo nell’incanalare denaro ad Hamas, e le ha vietato di operare in Israele e in Cisgiordania. Dal 2006, l’Irpal collabora inoltre con la Al-Falah society charitable, gestita da Ramadan Tanboura, che secondo Haaretz è una «nota figura di Hamas». E ancora: il 18 maggio 2018, Save the children e il Centro palestinese per la democrazia e la risoluzione dei conflitti hanno sponsorizzato un workshop presso l’asilo Dar al Huda sulla formazione degli insegnanti. Il 26 maggio 2018, lo stesso asilo di Gaza ha però tenuto una cerimonia di consegna dei diplomi che comprendeva una simulazione di uccisione e rapimento di israeliani da parte di bambini vestiti da combattenti. Con tanto di attrezzature sofisticate come droni, telecamere, tute militari, armature, mimetiche da cecchino e le fasce della jihad islamica palestinese indossate dai bambini. Il rapporto Ngo prosegue poi con i finanziamenti indiretti, anche attraverso le strutture delle Nazioni Unite. Un fiume di denaro. Che si sa da dove parte, ma non sempre dove finisce. E, nel caso dei prestiti, se torna indietro.
Non solo i water d’oro: dettagli choc nell’inchiesta che scuote i vertici del Paese. I media locali: la gente è senza luce e quelli se la spassano. La Corte dei Conti Ue già nel 2021 parlava di corruzione insanabile.
Con lo scandalo nel settore energetico è iniziato il momento più buio per il presidente Zelensky. I vertici di Kiev tentano di prendere le distanze dai protagonisti dell’inchiesta sulla corruzione. Ma con scarsi risultati. Il popolo è ben consapevole che chi conduceva una vita agiata faceva parte della cerchia ristretta del leader.
Toghe (Ansa)
Invece di preoccuparsi delle separazioni delle carriere, l’Associazione magistrati farebbe bene a porsi il problema dei tanti, troppi, errori giudiziari che affliggono la macchina della giustizia.
Non penso a quel pastore sardo che ha trascorso più di 30 anni dietro le sbarre prima di essere dichiarato innocente. Né alludo al giallo di Garlasco, dove a 18 anni di distanza dall’omicidio e a dieci di carcerazione del presunto colpevole, la parola fine sull’assassinio di Chiara Poggi non è ancora stata pronunciata. No, se invito l’Anm a mettere da parte la battaglia sul referendum e a pensare di più a come le decisioni di un magistrato incidono sulla vita delle persone che non hanno colpe è perché mi ha molto impressionato la vicenda di quel bambino di nove anni che la magistratura ha consegnato alla sua assassina.
Non penso a quel pastore sardo che ha trascorso più di 30 anni dietro le sbarre prima di essere dichiarato innocente. Né alludo al giallo di Garlasco, dove a 18 anni di distanza dall’omicidio e a dieci di carcerazione del presunto colpevole, la parola fine sull’assassinio di Chiara Poggi non è ancora stata pronunciata. No, se invito l’Anm a mettere da parte la battaglia sul referendum e a pensare di più a come le decisioni di un magistrato incidono sulla vita delle persone che non hanno colpe è perché mi ha molto impressionato la vicenda di quel bambino di nove anni che la magistratura ha consegnato alla sua assassina.
Il primo ministro nipponico Sanae Takaichi (Ansa)
Le recenti tensioni tra Tokyo e Pechino per la questione Taiwan ci riguardano. Se vuole avere un’influenza globale, l’Italia consideri il Sol Levante come vicino.
Poiché gli interessi geoeconomici dell’Italia - export ed internazionalizzazione delle nostre imprese - sono globali mi sembra ovvio che l’attenzione e l’azione geopolitica di Roma debbano esserlo altrettanto. Cioè tutto il mondo è un’area viciniore dell’Italia e non solo quella geograficamente contigua (si faccia riferimento per l’argomentazione al mio Italia Globale, Rubbettino, 2023). Con questo in mente, che per altro è criterio antico della politica estera italiana ora intensificato dal governo corrente, va annotata la crescente divergenza tra Giappone e Cina con linguaggi inusualmente minacciosi e bellicisti da parte della seconda. Una parte della stampa italiana ha commentato questo episodio come un evento esotico lontano da noi. Qui cerco di argomentare perché, invece, è un fatto vicino, che ci coinvolge imponendo una riflessione strategica.
Donald Trump (Ansa)
Il presidente Usa prende pubblicamente le distanze dalla deputata anti sistema Marjorie Taylor Greene. Per ora si tratta di frizioni sotto controllo, ma in vista delle primarie del 2028 la lotta si annuncia feroce.
Terremoto nel mondo Maga. Venerdì, Donald Trump ha platealmente revocato il proprio endorsement a colei che, un tempo, era uno dei suoi più ferrei alleati: la deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene. «Ritiro il mio sostegno e il mio endorsement alla “deputata” Marjorie Taylor Greene, del Grande Stato della Georgia», ha dichiarato il presidente americano su Truth. «Tutto ciò che vedo fare alla stravagante Marjorie è lamentarsi, lamentarsi, lamentarsi!», ha proseguito, sostenendo che la Greene si sarebbe offesa per non riuscire più a parlare al telefono con lui. «Non posso rispondere ogni giorno alla chiamata di una pazza che si lamenta», ha continuato il presidente, che ha anche accusato la deputata di essersi spostata su posizioni di «estrema sinistra».





