2023-10-15
Manovra da 20 miliardi in cdm. Primi passi verso la svolta fiscale
Domani si discuterà di accorpamento dei primi due scaglioni Irpef, mini Ires e tassa sulle multinazionali. Continua il pressing di Bruxelles su Giancarlo Giorgetti per il via libera al Mes in cambio di un patto di Stabilità più soft.Al via l’accorpamento dei primi due scaglioni dell’Irpef, mini Ires e introduzione della global minimum tax. Questi i tre provvedimenti di cui si discuterà lunedì durante il Cdm, quando verrà presentata la legge di Bilancio da circa 20 miliardi, mentre il 20 arriverà anche il primo verdetto sul rating dell’Italia da parte di Standard & Poor’s (i prossimi: 10 novembre Fitch e il 17 novembre Moody’s). Temi fiscali che giocheranno un ruolo di primaria importanza all’interno della stessa Manovra dato che questa finanzierà l’attuazione della prima fase della riforma del fisco, sottolinea il testo della Nadef, approvata il 27 settembre. Il tema della revisione delle aliquote Irpef sarà dunque oggetto di discussione nel prossimo cdm, dove si dovrà decidere come ridurre le aliquote Irpef che dovranno passare da quattro a tre, «preservando il principio di progressività al fine di ridurre il carico fiscale sul lavoro e promuovere l’equità orizzontale», si legge dal testo della Nadef. L’ipotesi più accreditata vede l’accorpamento dei primi due scaglioni Irpef applicando un’aliquota del 23% (fino a 28.000 euro). Il secondo scaglione andrebbe dai 28.001 ai 50.000 euro con una tassazione del 35% e il terzo ed ultimo prevederebbe invece, per i redditi superiori ai 50.000 euro, un’aliquota del 43%. Misura che deve essere letta anche in chiave di affiancamento dalla proroga del taglio del cuneo fiscale, per i redditi medio bassi, per tutto il 2024. In aggiunta a ciò ci sono altri quattro punti fiscali da non dimenticare. Il primo riguarda la mini Ires con aliquota al 15% prevista per tutte quelle imprese che assumono o investono, che verrà portata al Cdm di lunedì, insieme al tema della fiscalità internazionale. Il decreto legislativo andrà infatti a definire le disposizioni necessarie per l’attuazione della global minimum tax, che prevede una tassazione del 15% per le multinazionali. A questi temi poi si aggiungono altre due novità, menzionate nella Nadef: l’applicazione di un’imposta sostitutiva proporzionale sulla tredicesima mensilità, sui premi di produttività e sulle retribuzioni corrisposte a titolo di straordinario che eccedono una determinata soglia. E il riordino dei micro-tributi attraverso interventi sull’imposta di registro, su quella di bollo e sugli altri tributi indiretti diversi dall’Iva. Per quanto riguarda invece la revisione delle 626 detrazioni e deduzioni fiscali i tempi sono prematuri. Nonostante il Mef stimi che dal taglio delle tax expenditure si ricaverebbe un miliardo, si tratta di un «lavoro lungo e laborioso. Non penso si possa fare nell’immediato. Nell’urgenza di questi provvedimenti fiscali, difficilmente si potrà fare», ha spiegato Maurizio Leo, viceministro dell’Economia. Dopo dunque i provvedimenti sull’Irpef, Ires e fiscalità internazionali, arriveranno anche quelli sullo statuto dei contribuenti, sugli adempimenti, sul concordato preventivo e la cooperative compliance. Calendario che segue le parole che il viceministro dell’Economia aveva detto durante il 45° congresso nazionale dell'Associazione nazionale direttori amministrativi e finanziari: «Le norme che non richiedono copertura e che semplificano il rapporto fisco-contribuente possono entrare in vigore già dal 1° gennaio 2024». La legge di Bilancio e le prime norme sulla riforma fiscale non sono però gli unici aspetti su cui il governo Meloni si deve concentrare. Gli affari europei danno non pochi grattacapi. Più infatti si avvicina la data del prossimo Eurogruppo, (16 ottobre) dove parteciperà il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e il prossimo Consiglio europeo (27 e 28 ottobre) più ritornano a farsi insistenti le pressioni sul Mes e la sua relativa ratifica da parte dell’Italia. Questo anche in ottica di merce di scambio in relazione al dibattito che si sta portando avanti in Ue sulle nuove regole del patto di Stabilità. Misura quest’ultima che rappresenta la vera e importante partita che il governo deve giocare e cercare di chiudere a suo vantaggio. Da una parte ci sono infatti i paesi falchi, capeggiati dalla Germania, che chiedono parametri rigidi e validi per tutti i paesi dell’Ue, nell’ottica della riduzione del deficit e del rientro del debito. Dall’altra, Italia, Francia e altri stati membri dell’Ue che invece vorrebbero ribaltare questa logica dell’austerità, chiedendo una maggiore flessibilità nella definizione delle spese che devono essere soggette ai limiti del Patto di stabilità. Per l’Italia l’obiettivo è riuscire a non far considerare, ai fini del rapporto deficit/Pil, tutti gli investimenti relativi al Pnrr, alla transizione green e alle spese militari per supportare l’Ucraina. Riuscire a far escludere dalla rigidità fiscale europea questi voci, sarebbe molto importante per l’Italia, in un’ottica di crescita e investimenti futuri. Al contrario, far rientrare nei vincoli di bilancio le spese legate al Pnrr e alla transizione verde frenerebbe lo sviluppo economico del Paese per i prossimi anni, tenendo conto che gli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza vedono la loro data di scadenza nel 2026.
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